Gli ultimi giorni è un film documentario del 1998, diretto dal regista James Molle. Steven Spielberg ne è
il produttore esecutivo in qualità di fondatore della sua Shoah Foundation. Il
documentario racconta gli orrori dei lager nazisti attraverso l’esperienza di cinque ebrei
ungheresi sopravvissuti allo sterminio, uno dei quali, Tom Lanton, è
stato l’unico sopravvissuto all’Olocausto eletto al Congresso USA. Il film è visibile e presente su YouTube, per coloro i quali volessero conoscerlo o farlo conoscere nel mese dell'anno dedicato alla Shoa. Noi riteniamo che ogni classe europea, le ultime delle Superiori, dovrebbe fare visita obbligata ad Auschwitz: ogni cittadino dovrebbe recarvisi almeno una volta nella vita. Ivi abbiamo visto piangere le persone più disparate, le più giovani: una commozione che fa crescere e sapere più di mille parole o di stantie immagini che l'occhio evita di fissare. Tra i LIBRI vi sono recensioni di libri editati di recente su Hitler, su Auschwitz. Per non dimenticare. Per sapere.
“Il decreto successivo
ci intimava di preparare una valigia di 25 Kg.,..All’inizio non capimmo… Pensa
alla tua casa: che cosa puoi portare che pesi soli 25 kg?...cosa porti?...”
(dal racconto nel film di una sopravvissuta ungherese che ricorda i momenti prima della deportazione)
GLI ULTIMI GIORNI
Abbiamo ripreso per noi tutti il film-documentario, Gli Ultimi Giorni, Oscar nel 1999, il quale racconta senza retorica e con la distanza del
tempo e della vita che ha sconfitto la morte, “gli ultimi giorni” del
nazismo. Moll e Spielberg realizzano
questo documentario per la "Survivors of the Shoah Visual History
Foundation". Questo film, che ha come
protagonisti cinque ebrei ungheresi sopravvissuti alla Shoah che ripercorrono
la storia di vicende che loro stessi hanno in qualche misura rimosso, lascia il segno.
Le musiche adattate al film
sono di Hans Zimmer e le fotografie autentiche sono di Harris Done. La priorità
del documentario é stata per il regista
l’integrità storica. Anche se nella realizzazione di cortometraggi é
prassi comune sfruttare delle immagini rappresentative al posto di quelle
autentiche ma irreperibili, il regista ha utilizzare solo immagini di
repertorio e fotografie originali.
A parlare é James Moll, regista de “Gli ultimi giorni”, “La
storia doveva essere raccontata dalla viva voce dei testimoni oculari che
descrivono gli eventi avvenuti, prima, durante e dopo la guerra”. Con Steven
Spielberg come produttore esecutivo, il film ha assunto fin dal principio una
sua fisionomia ben precisa; fu girato su una pellicola da 35mm, in cinque paesi diversi
(Ungheria, Germania, Polonia, Ucraina, Stati Uniti) e con un budget limitato.
Per tutti si é trattato di una sfida importante, di un tributo dovuto alla
storia e alla memoria. Questo film documentario sulla Shoah è stato presentato
e supervisionato da Steven Spielberg, fondatore della Survivors of the Shoah
Visual History Foundation, associazione di sopravvissuti ai campi di
concentramento che si prefigge di far conoscere, in particolare ai giovani,
quella parte della storia umana che qualcuno prova a far dimenticare o addirittura rinnegare.
Nelle varie interviste
abbiamo sentito spesso il regista americano ripetere la frase "per non
dimenticare": è anche su queste basi che abbiamo costruito il nostro
presente, su un passato che a molti ha precluso ogni futuro. L'opera, diretta da
James Moll, è basata sulla testimonianza di cinque sopravvissuti ungheresi al
campo di concentramento di Auschwitz.
I racconti di queste
persone sono supportati da immagini in bianco e nero che li rendono ancor più
toccanti e reali agli occhi dello spettatore. La voce spezzata dalla commozione
e dal dolore dei testimoni dell'olocausto, induce a interrogarsi sul motivo che
ha spinto i tedeschi, all'inizio del 1944, quando stavano già per perdere la guerra
contro gli Alleati, a dedicare così tante risorse - per loro essenziali - alla
"guerra contro gli ebrei". Dovevano sterminarli in fretta ed ogni costo, anche al prezzo della sconfitta.
Il film, dopo aver indagato sulla vita (se così la si può
chiamare) all'interno del campo di sterminio, si preoccupa di documentare il
ritorno in Europa dei sopravvissuti, il rientro nei luoghi legati a ciascuna
delle loro storie e le difficoltà del tornare a far parte del mondo dei "vivi". Vengono
toccate questioni di moralità, religione e identità : "la grande
maggioranza degli ebrei di Budapest era composta da persone del tutto integrate
nella società ungherese, profondamente legate alla patria ed enormemente
orgogliose delle proprie radici ungheresi" ci fa sapere Tom, uno dei protagonisti:
“Queste persone sono
state profondamente cambiate, per tutto il tempo della loro prigionia, si sono
sentite abbandonate da Dio, hanno provato odio, desiderato giustizia e
vendetta. I pochi che hanno potuto assistere alla liberazione, quando le
guardie persero il loro potere, esercitarono una vendetta violenta contro i
loro oppressori, era una reazione emotiva al contesto estremo in cui fu compiuta... Alcuni rifiutarono la violenza e pensarono che ricostruire le
proprie vite fosse una forma accettabile di vendetta. I sopravvissuti alla
Shoah uscirono dai campi con sensazioni di confusione, rabbia, depressione e
senso di colpa ; per molti ci sono voluti anni prima di essere reintegrati
nella società, altri non sono mai riusciti a risentirsi a casa propria. "
La Shoah deve essere insegnata come un “capitolo della lunga
storia della disumanità dell'uomo verso l'uomo". E' per questo motivo che,
i reduci dai campi di concentramento, si impegnano nel raccontare le loro
dolorose esperienze nonostante le difficoltà psicologiche che il farlo
comporta. Il passato non muore, non deve morire, va meditato e rimeditato, vi
si può riconoscere il futuro. (sabina pistillo)
“non c'è limite alla distruzione dell'uomo”
(Maurice Blanchot)
Berlino |
Berlino: Museo Ebraico |
Berlino Museo Ebraico |
Auschwitz |
contenitori dei gas |
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Oggi: a Gerusalemme, Muro del Pianto FOTO di a.m. |
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