martedì 29 marzo 2011

TEATRO - L'operazione

di Michele Miglionico

Per una strada coincidenza, pochi giorni dopo la messa in scena di Questa sera si recita a soggetto, il Teatro Curci ha previsto in cartellone un testo recente e moderno che, in qualche modo, si incunea nella tradizione novecentesca del meta-teatro. Se Pirandello aveva esplorato il conflitto tra regista e cast, Rosario Lisma - attore attivo da anni - esordisce nella scrittura e nella regia con una convincente commedia che, tra le altre, punta al rapporto tra mondo del teatro e critica teatrale, chiamandoci in causa.

Come si può prevedere, Lisma ritaglia per sé il ruolo del regista e del drammaturgo nella finzione, il ruolo dell'autore di un dramma sul tema delle Brigate Rosse, un tema furbo, pronto a creare dibattito per il modo in cui sono dipinti i terroristi. Nella stessa piccola compagnia serpeggia la perplessità per il messaggio che trasmetterà. Il punto è però un altro: per quanto impegno possano mettere nello spettacolo, lo sforzo varrà la candela? Saranno notati? Avranno successo? Il gruppo si fissa sull'idea che se non avranno una recensione del potente critico Marzo Mezzasala (nomen omen), tutto sarà vano. Ci si domanda se è giusto lo strapotere dei giornalisti per il futuro dello spettacolo... ma non si pensi a una pesante disquisizione per addetti ai lavori: il ritmo è agile, i dialoghi sono frizzanti; si ride. Il merito va anche alla caratterizzazione dei quattro protagonisti, dall'attore disperato che per mandare avanti la famiglia accetta un tour di cinque battute (Andrea Nicolini) al collega che si piega alle logiche televisive dei vituperati programmi pomeridiani (Andrea Narsi) cercando goffamente di giustificare a sé e agli altri le proprie aspirazioni.

Una bella pagina dello spettacolo è il momento di crisi tra i puri interpreti e lo scrittore: i primi vogliono dare un taglio diverso e ognuno propone la sua visione dell'opera, scimmiottando (demolendo) alcune tendenze del teatro contemporaneo in senso anti-naturalistico. Tra tutte, spicca il formidabile monologo in siciliano di Ugo Giacomazzi. Il risultato del siparietto è l'auto-esaltazione del genere naturalistico di cui L'operazione fa parte, nei limiti del palcoscenico; un genere, in effetti, troppo trascurato per voglia di sperimentare. Invece spettacoli di questo tipo sono una linfa per la sopravvivenza di quest'arte, se non fosse che il pubblico snobba i nuovi talenti in favore delle vecchie glorie.

mercoledì 23 marzo 2011

TEATRO - Stasera si recita a soggetto

di Michele Miglionico

Per fortuna c'è Pirandello, "un nome, una garanzia" che il teatro si riempia. Eppure non si può dire che all'ormai decennale Compagnia Gank piaccia vincere facile - non quanto con la recente co-produzione del Romeo e Giulietta con Riccardo Scamarcio. Perché Questa sera si recita a soggetto, come gli altri due capitoli della trilogia meta-teatrale del bardo siciliano, non è così semplice da trasporre. Richiede sapienza ed equilibrio.

Alberto Giusta si prende il ruolo del regista nella realtà e nella finzione, una scelta inevitabile nel gioco.
C'è crisi e ormai i rimaneggiamenti per esigenze sceniche non si negano a nessuno; così il finto pubblico parlante, previsto sulla carta dal drammaturgo, viene tagliato fuori, facendo perdere qualche tocco di quelle precoci avvisaglie di living theatre, limitate a un univoco rivolgersi alla platea o a qualche fugace movimento sotto il palco. In fondo quello che si consuma è lo scontro tra il regista, di stampo novecentesco, depositario della verità, e il cast di attori, trascinati in teoria in un'improvvisazione da Commedia dell'Arte, in realtà legati a una scaletta da cui non si può - o potrebbe - prescindere.

La piéce è un ottovolante che sballotta da un genere all'altro, e quando si cala il sipario ti senti stordito come dopo un giro di giostra. E questo vale anche se si conoscono le regole del gioco: una volta che si viene trascinati nel meccanismo, si inizia a confondere davvero il confine tra attore reale, attore-personaggio e personaggio.

Molta cura sul versante musicale, seguendo le tendenze attuali: per esempio, il personaggio della chanteuse canta per davvero, e con intensità, al cabaret. Del resto l'aspetto canoro è caratterizzante per alcuni dei protagonisti e la scelta è azzeccata quanto condivisibile.

Cristina Pasino è una Prima Attrice formidabile, credibilissima nel ruolo di matriarca; arriva a dimostrare tutti gli anni che il personaggio richiede, ed è una questione di atteggiamento, non di trucco - che, tra l'altro, è un pesantissimo, voluto cerone per tutti.

La messa in scena non è ineccepibile, accusa qualche caduta di tono, ma il cast è all'altezza della situazione e di un testo intramontabile.

EUROPA, RICORDATI DI ESSERE "UNITA"



Da qualche tempo il mondo della informazione italiano  è stato "sviato" dai nuovi eventi di portata globale. Così almeno siamo usciti dalle persecuzioni quotidiane dei tormentoni giallistici che allignano in ogni canale analogico, digitale terrestre e satellitare, lì dove ogni giornalista, presunti esperti, opinionisti si tramutano in agenti speciali tipo N.C.I.S. in pratica parlando di quasi nulla ed interferendo talora con il corso delle indagini vere (che grazie a dio ora possono procedere quasi dimenticate dai media). Ora il focus dei media è attratto da eventi implicitamente catastrofici: Giappone e Libia. Ma la lezione geologica dello tsunami giapponese con allegato disastro umano ed ecologico non ha fatto a tempo a rendere consapevole l'insipiente Homo di essere nulla nel nulla. Si sa la ricerca del potere sembra rendere immortali anche chi immortale non è. L'uomo e i dittatori in genere ragionano poco e male e la crisi dei regimi islamici del Mediterraneo e del Vicino Oriente ha visto aprirsi la rivolta in Libia, quella Libia che cento anni fa vedeva l'Italia appena cinquantenne alle prese con un agonico impero Ottomano nella guerra italo-turca.  Chi avrebbe mai immaginato che, ai centocinquanta anni dell'Italia, si sarebbe acceso un fronte a noi così vicino e che il cielo libico sarebbe stato solcato anche da aerei italiani come nel 1911? Certo il fine degi raid aerei della coalizione non hanno fini espansionistici ma solo di appoggio a chi è minacciato di strage, come fu nella ex-Yugoslavia. Eppure il riottoso, clownesco (come si fa ad averlo "baciato" ed ora quasi a compatirlo non so) e crudele Rais libico, non contento di essersi arricchito oltremisura e di aver "spogliato" per decenni il suo popolo (perpetuando l'idea storica del concetto patrimoniale di stato), continua a lanciare anatemi e minacce ed avoca a sé - anche ora, vicino alla sua fine politica - ruoli messianici contaminati da ambizioni panislamiche. La Libia , che negli anni di Piombo della storia italiana, si macchiò di atroci responsabilità nel fomentare, sostenere e realizzare atti terroristici nel mondo occidentale, ora è nel caos ma il suo dittatore resiste, fa proclami di vittoria  e continua a sparare sui propri concittadini che dice siano i suoi elettori naturali, si fa scudo di innocenti per arginare i raid aerei Onu-Nato. La storia degli ultimi giorni di Hitler e di molti dittatori è patetica. Ma patetica sarà anche la figura dell'Europa se si lascerà svanire la occasione di ruolo assegnatole dal consesso mondiale apparendo solida a livello tecnologicomilitare più che sul piano politico unitario. Eppure il premier britannico era stato chiaro sull'intervento legale e giusto in favore dei ribelli libici, per i quali si è intervenuto già troppo in ritardo, consentendo vantaggi strategici e territoriali alla nuova Volpe del Deserto. Basta, Europa, a farti interpretare indecisa e rissosa: confondi la democrazia che hai generato nel pensiero e nei fatti storici con residui di ideologie nazionalistiche. Ricordati, Europa, dei tuoi grandi "fondatori" come Adenauer ed Alcide De Gasperi. Il mondo ha bisogno di una posizione europea autorevole e responsabile che vada a vicariare i grandi vuoti che hanno fatto seguito alla caduta del Muro di Berlino e delle sue logiche. E' di nuovo nel Mediterraneo che si giocherà gran parte del secolo. (a.m.)

mercoledì 16 marzo 2011

17 Marzo 1861: La nascita del Regno d’Italia



La Gazzetta ufficiale – da oggi non più «del Regno» ma «del Regno d’Italia» – annuncia che è stata promulgata la legge votata dal Senato e dalla Camera dei deputati. Ecco il testo:
«Vittorio Emanuele II, re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme ecc. ecc. ecc.
Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:
Articolo unico.
Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi successori il titolo di Re d’Italia. Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli Atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come Legge dello Stato.
Dat. a Torino, addì 17 marzo 1861.
Vittorio Emanuele
C. Cavour. M. Minghetti. G.B.Cassinis. F.S. Vegezzi M. Fanti. T. Mamiani. T. Corsi. U. Peruzzi».
[G.Uff. 17/3/1861]
 
 
AUGURI ITALIA!!!

lunedì 7 marzo 2011

INTERVISTA SURREALE A GHEDDAFI (da Tripoli?)


Ho visto nel 2006 lo stato di polizia a Tripoli. Come turisti eravamo "scortati" da guide militari armate. Passo dopo passo. Ho visto i megaposter ovunque del Capo inneggianti al Capo. Peggio che in URSS ed a Cuba. La  intervista  di oggi è surreale quasi quanto quella rilasciata negli anni 70 alla Oriana Fallaci.  Il dittatore appare immutabile, attraversa i tempi e non ne sembra attraversato. Purtroppo, al di là del surreale e delle continue minacce, vi è una preoccupazione condivisibile: la destabilizzazione libica - pur non cagionata da Al Qaeda - può favorire ingressi di fondamentalismo islamico più imprevedibili di Gheddafi stesso. (a.m.)

domenica 6 marzo 2011

TEATRO - Otello

di Michele Miglionico

Sul palco, agli opposti estremi dei modi per stordire il pubblico, un regista può scegliere due approcci: gli effetti speciali o la forza intrinseca dell'essenzialità. Con una scenografia (di Dario Gessati) fatta di due mura mobili, sospinte dai personaggi stessi con non-chalance, e da un altrettanto versatile letto a rotelle che è il fulcro della nota vicenda, Arturo Cirillo ha scelto la seconda alternativa. Non si è limitato a questo: ha sì affidato la traduzione del classico di Shakespeare alla poetessa Patrizia Cavalli, che alterna versi liberi a termini aspri, ma contestualmente ha operato dei (blasfemi?) tagli per andare al cuore dell'intreccio, per farlo risaltare ed esasperare nelle due ore filate in cui lo spettatore viene trascinato.

Tutto è già stato detto su questo spettacolo che va avanti da due anni con acclamazione di critica e di pubblico.

Si può aggiungere che la recitazione dello stesso regista del mitico personaggio di Iago non lascia indifferenti - nel bene e nel male. Non ci era mai capitato di partecipare a un Otello in cui l'antagonista suscita l'ilarità del pubblico. Non per incapacità, ci mancherebbe; solo che questa versione, sopra le righe, sottolinea di proposito un pirandelliano "avvertimento del contrario" tra le parole da amico e le intenzioni da cospiratore, in bilico tra comicità e amaro umorismo.
Il moro di Venezia di Danilo Nigrelli non sfigura - anzi, rischia di rubare la scena per quanto vibra, per quanto è intenso, virile. Peseranno le precedenti esperienze dell'attore con il carattere? Probabile. La sua maschera di trucco marrone, che gli copre metà volto, man mano è lavata via da una gestualità nervosa e inquieta, e proprio quando si consuma il delitto finale, Otello è bianco.
E il resto del cast non può che lottare per non essere fagocitato dai due mattatori.

Gianluca Falaschi segue le direttive del regista, confezionando abiti e divise da prima metà del Novecento (è ormai impossibile assistere a uno Shakespeare ambientato nella propria epoca?) o maschere da Commedia dell'Arte. Non si può non notare la scelta, tutta attuale, di rendere il personaggio della prostituta Bianca con una trans, ben interpretata dalla multiforme comparsa Salvatore Caruso.

Tirando le somme, una performance che fa uscire dal teatro sazi, a pancia piena.

venerdì 4 marzo 2011

Corso ECM di analisi transazionale al Servizio di Riabilitazione della BAT

Fortemente voluto dal direttore dr. Mario Santalucia, organizzato alla perfezione dalla dr.ssa Licia Cosmai, si è svolto a Barletta presso il Polo Logistico il Corso ecm su "La gestione dei conflitti all'interno di una organizzazione di lavoro". Il corso tenuto dal dr. Achille Miglionico e dal dr. Paolo Miglionico, noti esponenti dell'Istituto SIEB, ha introdotto ai temi  medici, psicologi, assistenti sociali, fisioterapisti, educatori ed altri operatori sanitari che prestano la loro infaticabile opera di riabilitazione dividendosi tra i comuni di  Barletta, Andria, Trani, Bisceglie, Canosa di Puglia, Margherita di Savoia, Minervino Murge, San Ferdinando di Puglia, Spinazzola e Trinitapoli. Circa centocinquanta operatori hanno partecipato alle due edizioni intensive, ognuna di due giorni, nelle date del 9-10 Febbraio e 2-3 Marzo 2011. Tra gli argomenti trattati la relazione d'aiuto, l'alleanza di lavoro, fondamenti di comunicazione berniana e batesoniana sino ai giochi transazionali ed ai conflitti. La parte più pragmatica ha riguardato l'addestramento alla percezione e risposta empatica secondo il modello di Gazda integrato con l'analisi transazionale. Viva la partecipazione e l'inteesse suscitati. Il Servizio di Riabilitazione non era nuovo ad esperienze del genere: già nel 2006 vi era stato un primo approccio alla comunicazione efficace con il dr. Miglionico Achille, ma, malgrado il successo della iniziativa, non vi era stato il previsto seguito per i rivolgimenti geopolitici della ASL. Questa volta invece ci sarà un corso più avanzato sui temi che si dovrebbe tenere nell'anno. (michele miglionico)





PER VISIONARE E SCARICARE PUBBLICAZIONI SU TEMI DI ANALISI TRANSAZIONALI:  http://www.incultura.com/

La Cassazione dice no a logiche mercantili ed alle dimissioni anticipate dagli ospedali


La Cassazione dice no a "logiche mercantili" ed alle dimissioni anticipate dagli ospedali. Con la sentenza n. 8254/11 della Quarta Sezione Penale i Giudici con l'ermellino hanno ammonito i medici  ospedalieri che sotto pressioni aziendali, dietro necessità di forzare il ricambio dei letti occupati, in ossequio a "ragionieristiche" drg e linee guida, tendono a dimettere pazienti non ancora usciti dal rischio preventivabile dalla clinica, appenna essi si mostrano "stabilizzati". Il fatto. Un paziente era stato ricoverato il 9 giugno 2004 per infarto al miocardio. Sottoposto ad angioplastica con applicazione di uno stent medicato, è stato dimesso dopo 9 giorni, il 18 giugno, dal momento che risultava «asintomatico e stabilizzato». Quella stessa notte l'uomo ebbe un arresto cardiocircolatorio e morì. Se non fosse stato dimesso, ha accertato la perizia legale, sarebbe sopravvissuto grazie alle cure che avrebbe ricevuto in reparto. In primo grado il medico che firmò le dimissioni fu condannato a 8 mesi di reclusione e a risarcire i danni morali ai familiari. In appello invece fu assolto «perché il fatto non costituisce reato» in quanto il medico aveva seguito le linee-guida in tema di dimissioni. Una tesi non condivisa dai supremi giudici della Cassazione che hanno accolto il reclamo della Procura della Corte d'Appello di Milano e dei familiari. La Cassazione ha anzi apertamente criticato le linee guida obiettando che «nulla si conosce dei loro contenuti, né dell'autorità dalle quali provengono, né del loro livello di scientificità, né delle finalità che con esse si intende perseguire, né è dato di conoscere se rappresentino un'ulteriore garanzia per il paziente o se altro non sono che uno strumento per garantire l'economicità della gestione della struttura ospedaliera». Era ora che ci fosse una sentenza che, pur colpendo ancora una volta un medico sotto pressione e già pericolosamente orientato ad una medicina difensivistica, per lo meno finisce per difendere la professione del medico che va sostenuta con la clinica e non con la contabilità.  (achille miglionico)

Ci facciamo un drink?

Ci facciamo un drink? era una volta un espediente per ampliare l'orizzonte relazionale. Oggi il drink risente di un consumo più autistico, non più rivolto a tessere e favorire relazioni bensì tendente allo "sballo" individualistico. Lo confermano le ricerche nazionali. Il Ministro della Salute, Ferruccio Fazio, ha trasmesso ai presidenti di Camera e Senato la relazione in "materia di alcol e problemi alcolcorrelati", in attuazione della legge 125/2001. Il "quadro" nazionale, come previsto dalle tendenze che sono osservabili da noi tutti nella esperienza della vita quotidiana, non è rassicurante.   Risulta che in Italia:
  • quasi 8,5 milioni di cittadini bevono oltre la soglia di rischio;
  • bevono a rischio circa 475.000 ragazzi con meno di 16 anni (pari al 18,5% dei ragazzi ed al 15,5% delle ragazze);
  • la situazione tra la popolazione più giovane è peggiorata anche per abitudini di "importazione" come il binge drinking, vera moda tra i giovani uomini tra i 18 e i 24 anni (21,6%) e nella fascia 25-44 anni (17,4%);
  • il  binge drinking è diffuso anche fra le donne fra i 18 e i 24 anni (7,9%) e - udite, udite -  fra le giovanissime di 11-15 anni, è addirittura più diffusa che fra i coetanei maschi;
  •  nell'ultimo decennio è cresciuta in Italia la quota di chi beve al di fuori dei pasti e che tale aumento è particolarmente significativo tra le donne.
Con la relazione è stato presentato anche il primo bilancio dell'operazione "Naso rosso", iniziativa promossa d'intesa con il ministero della Gioventù. Dai dati emerge che il 34,6% dei giovani arriva in discoteca già con un tasso di alcol nel sangue superiore al limite dello 0,5 concesso dalla legge per poter guidare. A fine serata, la percentuale di giovani sopra la soglia dello 0,5 è aumentata al 44%, mentre quelli a tasso zero, che all'ingresso erano il 33%, sono scesi al 16%.


Nel 2008 circa 6mila incidenti stradali - per la precisione, 5.920, il 2,12% del totale - sono stati causati dall'eccessivo consumo di alcol e da conducenti in stato di ebbrezza. Se a questi dati si dovessero aggiungere i dati degli incidenti stradali da "sonno", da colpo di sonno o da inavvertiti "treni di sonno" durante apparente stato di veglia, che colpiscono chi è deprivato di sonno o comunque si aggira in fasce notturne di maggiore vulnerabilità al sonno  (anche in assenza di alcolemia elevata), forse si comprende come mai viaggiare di notte non è più consigliabile ed è assai temuto dai genitori in attesa di rientro dei figli dalla movida notturna (anche loro insonni forzosamente). Perchè le discoteche ed i locali debbano essere aperti in orari assurdi è questo un "mistero" vero, tutto europeo. Tutto nacque dalla movida madrilena, dalla reazione di un popolo sin lì represso dalla dittatura spagnola, dopo il 1975: la movida è un regalo di Franco e del postfranchismo. Di notte si beve di più, la "fauna" umana cambia e si sente cambiata. Pian piano i locali hanno cominciato ad aprirsi sempre più tardi. Perché questa deriva di orari di attività verso le ore deputate dalla natura al riposo dei mammiferi? Si invocano posti di lavoro da difendere nelle interviste dei gestori di discoteche: perché? se si aprissero prima i locali non si riempirebbero egualmente di clienti in cerca di svago? Negli anni Ottanta si frequentavano "proficuamente" le discoteche anche di pomeriggio. Parola di universitario "bolognese" che si è anche laureato. E che cerca di dormire la notte per godersi il giorno. Consumo di alcol e di sostanze psicoattive sono aumentati quanto i disturbi del sonno. Parola di medico. (a.m.) 

R. Magritte - Le Savoir La porta Socchiudo la porta: s'intravede la luce La via non è fuori  È nel buio più intenso  nella parte più osc...