lunedì 17 giugno 2019

PERCHE' SI DONA? Un viaggio sul DONO e FARE RETE




Un viaggio sul dono a servizio dell’ uomo per FARE RETE
sommario
La riflessione storica qui presente pone l’accento sul concetto di dono, nell’ accezione arcaica e olistica. Tale concetto è stato approfondito da Malinowski,  Mauss, Levi-Strauss. Il contributo di tali autori ha fornito uno spunto interessante per la osservazione delle società cosiddette fredde  dove il dono è dentro l’economia, società contrapposte a quelle calde, dove vige una logica di profitto senza relazioni.

Malinowski alle isole Trobriand (Papua, Nuova Guinea)


Mwali, uno uno dei due 
principali oggetti nel Kula ring, fotografati da Malinowski)


L’antropologia nasce nel XVIII secolo come apparato scientifico giustificativo dell’impresa coloniale sviluppandosi nel tempo attraverso la costante tensione tra l’osservatore, generalmente l’europeo, e l’osservato, il cosiddetto "selvaggio", l'abitante delle terre colonizzate. L’economia primitiva di tipo olistico di cd "selvaggi" era davvero meno innovativa dell’uomo contemporaneo? 
Il dono inteso come  scambio utilitaristico, si avvicina al pensiero moderno?  La scoperta del principio di reciprocità, nella individuazione delle relazioni sociali che inducono e forzano il donare e il contraccambiare al dono, pone la socialità del dono all’interno della nozione di utile? 
L’antropologo polacco (naturalizzato britannico) Bronislaw Kasper Malinowski (1884-1942) dimostra come il dono nel passato non fosse gratuito e disinteressato come l’accezione contemporanea vuole fare credere: il donare è nell’interesse del donatore, cosi come il contraccambiare è nell’interesse del donatario per favorire un’economia rudimentale.  L’individuo che non dona viene posto ai margini della società, cosi come il donatario che non accetta, o che non corrisponde al dono offende e incrina i legami con la famiglia del donatore.  In sintesi, chi non partecipa alla socialità del dono  subisce l’emarginazione. Il fondamento economico del dono delle società arcaiche è però nettamente differente dalla opinione economica moderna che scinde abissalmente gli aspetti materiali-produttivi  da quelli etici-affettivi. Gli uomini primitivi avevano una visione olistica in cui il dono aveva spazio nell’ economico, mentre l’uomo moderno ha come primato il profitto e la gratuità viene posta all’attenzione p.e. della Chiesa o  di organizzazioni no profit. Infatti come nota Marco Aime<<..il dono, come viene concepito nella sua accezione contemporanea moderna, è il prodotto di un’idealizzazione portata avanti dal cristianesimo, per cui si parla di dono solo quando questo è assolutamente gratuito, unilaterale, senza aspettativa di ricambio, in poche parole, disinteressato>>. 
Il dono descritto invece da  Malinowski nelle società primitive non è quindi gratuito e disinteressato, instaura un ricircolo dei benicui tutti hanno interesse nel farne parte. Non solo, il dono  determina anche  una forma di rudimentale credito, una aspettativa di ricambio al dono, <<un potere>> del donatore nei confronti del donatario.Lo studioso segue uno schema interpretativo, olistico e sistemico, che fa di lui uno dei padri del funzionalismo antropologico.  La sua è una rivoluzione teorico-metodologica che si costruisce nella pratica della ricerca etnografica e nella sua definizione concettuale. Se infatti lo studioso polacco non è certo il primo a svolgere lunghi periodi di ricerca a contatto diretto con popolazioni “indigene” (negli Stati Uniti Morgan lo aveva fatto con gli Irochesi, Frank Cushing con gli Zuni), è indubbiamente il primo a costruire una intera nuova disciplina intorno alla, e a partire dalla, scelta consapevolmente dichiarata del metodo osservazione partecipante
Con Malinowski l’evoluzionismo viene smontato nella concreta pratica di ricerca (quei “selvaggi” dei quali gli evoluzionisti parlavano attraverso fonti indirette divengono esseri umani specifici, colti nella loro concreta vita quotidiana con i quali l’antropologo dichiara essere necessario stabilire relazioni di reciproco scambi affettivo ed emozionale interessate a cogliere i nessi tra dimensioni diverse della vita sociale: tecnologia e mito, cosmologia e navigazione, relazioni di parentela, sessualità e concezioni del sé. Nella sua ricerca alle Trobriand Malinowski si interessa in prima istanza del kula, un complesso circuito di scambi cerimoniali che coinvolge centinaia di persone che vivono in isole tra loro molto distanti. Per studiare e interpretare il kula ring (il circuito del kula) Malinowski deve mettere in campo un’interpretazione <<totale>> della società indigena visto che un fenomeno di tale portata mette in relazione tra loro le dimensioni le più varie della vita sociale nativa. Anche nell’analisi degli altri aspetti (la magia degli orti, la vita familiare e sessuale, l’organizzazione della parentela). L’originalità dello studio sul Kula, di Malinowski sta nell’ aver fatto emergere l’esistenza di una rete di rapporti tra individui , gruppi sociali, tribù, basati sul principio di reciprocità.  Parafrasando il pensiero dello studioso lo scopo delle conchiglie donate ripetutamente a più riceventi non era solo quello di essere possedute, ma di circolare, al fine di rinsaldare appartenenza, amicizia e  alleanza. Pertanto Malinowski attribuisce al Kula anche un valore di tipo economico. Spostarsi per questi selvaggi, avere contatti, stringere alleanze e  relazioni significative portava un notevole sviluppo, progresso socio-economico sia per la tribù ospitante che per l’ospite.  Questo principio viene ampiamente descritto nel  libro dello studioso  Diritto e costume nella società primitiva. La pratica del Kula fu osservata e documentata da Malinowski ed esposta nel saggio Argonauti del Pacifico Occidentale.
Il Kula è praticato tra gli abitanti delle isole Trobriand nel Pacifico, e la pratica consiste in un apparentemente semplice scambio di collane di conchiglie rosse in senso orario (soulava), per effettuare questi scambi gli abitanti delle isole Trobriand si imbarcavano in lunghi e pericolosi viaggi in canoa che permettevano loro di giungere in villaggi distanti molti chilometri, senza alcuna garanzia di ritorno o che il loro dono sarebbe stato ricambiato. Oltre alle collane circolavano anche braccialetti di conchiglie bianche, chiamati mwali questi ultimi circolavano in direzione opposta. (2) Gli oggetti che circolavano dovevono essere donati e contraccambiati con le stesse categorie. Le osservazioni dello studioso offrono uno spunto interessante, quei cd "selvaggi" avevano compreso che scambiando oggetti potevano ricevere informazioni importanti sulla cultura, tradizioni per apportare un contributo all’economia dei villaggi come coltivare ad esempio un orto e favorire l’agricoltura locale. 
Questa accezione arcaica e olistica sul dono risulta più innovativa di quella odierna.  Un altro studioso che ha abbracciato il pensiero economico di Malinowski è stato l’antropologo Marcel  Mauss (1872 - 1950), nipote di Emile Durkheim e suo allievo, con il suo testo Essai sur le don del 1925 ha costituito per la scienza antropologica una riflessione sul dono molto significativa.In questo saggio Mauss, rifacendosi agli studi di Franz Boas (1858-1942) sul rituale del potlàc (1) e di Bronislaw Malinowski sul kula, descrive la socialità del dono nelle società arcaiche e primitive. Da Questa ricerca Mauss ricava alcune tesi fondamentali sulla natura del dono: 1) il dono è socialità obbligatoria; 2) il dono non è quindi pratica disinteressata; 3) il dono crea, rafforza e conserva i legami sociali e comunitari; 4) il dono, <<come prestazione totale>>, unisce gli aspetti sociali ed economici, ed è perciò rudimento economico, cioè è parte di una economia primitiva indissolubilmente legata alla socialità e alla vita. Mauss individua tre caratteristiche fondamentali del dono:  <<dare, ricevere, ricambiare>> e mostra come i tre fondamenti del dono fossero essenzialmente obbligatori all’interno delle comunità primitive da lui studiate. Si deve <<dare>> per mostrare la propria potenza, la propria ricchezza; si è nell’obbligo di <<ricevere>>, cioè non si può rifiutare il dono, pena  la scomunica della comunità ed il disonore; si deve <<ricambiare>>, cioè restituire alla pari o accrescendo ciò che si è ricevuto: restituire meno  di ciò che si è ricevuto è un’offesa al donatore.  Per questo studioso fare un dono, anche materiale è comunicare qualche cosadella propria forza vitale. E per chi lo riceve è tenuto a restituire questo pezzo di vita al mondo vivente.All’interno di questa interpretazione del dono come economia rudimentale, possiamo anche dire che questo “obbligo della reciprocità”, al corrispondere sempre più di quanto si sia ricevuto, si presenti come una spinta, come una  fonte di dinamismo di questa “economia primitiva e premoderna”. Il donatario, costretto al ricambio del dono pena la scomunica sociale, si vede nella necessità di reperire, produrre e possedere una quantità crescente di oggetti, aumentando cosi la quantità di beni circolante.  Il dono rientra in quello che Mauss definisce il “sistema delle prestazioni totali”, quel sistema che coinvolgendo, oltre che tutte le classi sociali, anche tutte le forme della vita comunitaria, è sistema sociale ed economico nel contempo.
Il dono quindi occupa tutti gli aspetti della vita della comunità, sia quelli economici che quelli sociali. La dimostrazione che nelle società arcaiche non vige la separazione tipica del moderno, tra sfera economica e  sfera sociale-affettiva, è un importante lascito dell’antropologia culturale proposta da Mauss.  Coerente con la dimostrazione della ricerca dell’interesse e dell’utile come fondamento di tutte le socialità basate sul dono, nelle conclusioni del Saggio sul dono, Marcel Mauss deriva un’ interessante interpretazione dell’Homo oeconomicus. Il carattere distintivo dell’Homo oeconomicus moderno, la differenza di esso se rapportato all’uomo arcaico, non consterebbe appunto nella ricerca dell’utile e dell’interesse, che già era presente nelle società primitive (e nel dono), ma nella razionalizzazione e tecnicizzazione di questa ricerca. 
IL nostro viaggio sul dono, quindi con la sua dimensione di gratuità sconvolge la logica dell’ economia intesa come profitto e  le rigide leggi sul mercato. Per dirla con Lèvi –Strauss  l’opposizione tra cultura e natura  porta le società calde, come quelle occidentali e moderne rispetto alle società fredde  ad una perdita,  poiché hanno in sé squilibri interni- sociali i quali contribuiscono a  creare anche quelli esterni- naturali, giungendo alla manipolazione e ad una frantumazione di valori . IL vero economico, come valore aggiunto  deve presupporre la gratuità del dono. Ciò richiede una riformulazione dei sistemi economici attuali, dal primato del profitto  al primato dell’ uomo, e dunque a un’economia in cui si è a  servizio dell’ uomo tipiche delle società arcaiche dove  si ritrova uno spazio dentro l’economico. (sabina pistillo)



(1). Il "potlàc",  in uso tra le tribù amerindie del Nord-ovest, era una vera e propria gara tra esponenti di varie tribù che si sostanziava nell'offrire ai rappresentanti degli altri gruppi cibi pregiati e oggetti di valore, ostentando una generosità senza limiti, allo scopo di affermare il proprio prestigio sociale e stabilire una graduatoria nella distribuzione del potere politico e sociale fra i vari lignaggi. Il potlàc, secondo Mauss, rientrava tra le "prestazioni totali di tipo agonistico" (NdR)

(2) Tra le isole partecipanti al "kula" circolavano due tipi di oggetti: collane di conchiglie rosse e braccialetti di conchiglie bianche. Le prime circolavano solo in senso orario, i secondi solo in senso contrario. Ne seguiva che gli oggtti appartenenti ad una categoria potevano essere scambiati solo con oggetti dell'altra categoria. Gli oggetti circolavano in continuazione, restando nelle mani del loro possessore solo per un periodo limitato di tempo. Gli oggetti venivano barattati nel corso di visite che gli abitanti delle isole si scambiavano periodicamente. Sia i preparativi per la partenza che le trattative e gli scambi avvenivano secondo rituali precisi. Il dono era un atto dovuto, così come dovuto era quello di accettarlo, e, in un tempo successivo prestabilito, quello di restituirlo, in una proporzione almeno eguale a quella del dono ricevuto. (NdR)



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