lunedì 14 novembre 2022

PERCHE' NAUTICA, PERCHE' CENTROSUD

 



Il nuovo day cruiser della IDEA MARINE di Mesagne (BR), la Idea 70.2 WA, una barca perfetta e accessibile. Il modello è stato visitato da molte persone per la linea, la buona abitabilità e le caratteristiche manovriere. Con una motorizzazione Suzuki di 250 HP e con accessori costa intorno ai 60mila euro.



Salerno Boat Show, una manifestazione in ascesa.


Abbiamo visitato per voi il Salone Nautico di Salerno, che si è tenuto nei giorni 5-6 e 12-13 Novembre 2022. 

25.000 presenze si sono registrate, malgrado il tempo non ideale. 


Una occasione per parlare di nautica, anche di quella nautica più alla portata degli amanti del mare, sia motoristi che velisti. Spesso vediamo The Boat Show,  il programma tv, oppure consultiamo riviste cartacee di nautica che insistono nel rappresentare una fuorviante nautica di lusso per oligarchi russi o petrolieri; rappresentano oggetti stupendi, talora opere d'arte ma per i più si tratta di sogni. Solo sogni. Noi non possiamo limitarci ai sogni, pur rispettando la cantieristica dedicata (ne siamo orgogliosi). Noi dobbiamo offrire natanti e imbarcazioni il cui costo e mantenimento possa essere alla portata di tanti. L'Italia ha bisogno - con oltre ottomila chilometri  di coste -  di attrarre i più giovani alla vela (magari già dalle scuole secondarie di primo e secondo grado), di formare diportisti appassionati quanto preparati che non debbano svenarsi economicamente per coltivare le proprie inclinazioni. Le implicazioni educative ed economiche sono rilevanti.  

Il mercato nautico italiano è in crescita: oltre
575.000 barche; circa il 53% di lunghezza fino a 10m e il 47% di lunghezza superiore a 10m. Facciamo più "nautica" rendendola più accessibile. 

Nel Sud Italia si muove il 40% del mercato nautico italiano: la Campania è la seconda regione in Italia per numero di barche immatricolate. 


Tra i saloni nautici del Sud ricordiamo:

  •  l'appuntamento invernale di Napoli NauticSud: prossimo 11-19 Febbraio 2023
  • SNIM Brindisi
  • Salerno Boat Show

di cui il 53,1% di lunghezza fino a 10m e il 46,9% di lunghezza superiore a 10mIl Salerno Boat Show accoglie gli appassionati del mare in uno degli scenari più attraenti delle coste italiane, a poche miglia dalla costiera amalfitana e dall’isola di Capri, nel porto turistico Marina d’ArechiSalerno Port Village

Soffermiamoci sui natanti e piccole imbarcazioni. 

Notevole interesse ha suscitato la presenza dei natanti Idea Marine. Il cantiere nautico IDEA MARINE è legato a Mesagne (BR) e alla passione della  famiglia Carvignese per la nautica da diporto. La tradizione che si unisce ad una continua innovazione rende il Design, lo Stile e la Qualità punti di forza del marchio. La personalizzazione e la cura dei dettagli delle imbarcazioni IDEA MARINE mirano a soddisfare le diverse esigenze dei diportisti e posizionano le imbarcazioni IDEA MARINE al top della nautica Made in Italy. Il 70.2 WA, degna evoluzione del 58 WA - di cui anni fa abbiamo parlato (v. sezione  Navigare) è un Day Cruiser dal design sportivo: tra le caratteristiche un prendisole a prua con schienale, cabina e un pozzetto di grandi dimensioni arricchito da due sedute laterali a scomparsa. I vari allestimenti disponibili  consentono di customizzare la barca. La cabina ad altezza uomo permette di avere una zona relax, e vanta  un letto a 2 posti con cuscineria di elevata finitura. Comodissimo il bagno separato completo di lavello.

Caratteristiche tecniche:

  • Lunghezza 7,00m
  • Larghezza 2,50m
  • Peso 1500kg
  • Potenza max 300hp
  • Potenza min 150hp
  • Portata 10 persone
  • Cabina 2 posti letto
  • Accessorio di serie  serbatoio carburante 200lt
  • Accessorio di serie  serbatoio acqua dolce 100lt

Altra presenza significativa la navigazione ibrida o completamente elettrica, in linea con i tempi. 
Nasce dal mare di Ancona, ma ha aperto una sede anche a Milano ed è attiva in tutta Italia, la nuova azienda della nautica elettrica che si propone al mercato come system integrator. La nuova arrivata nel mondo della nautica elettrica si chiama Elettrica Wave.








La mission aziendale è chiara: convertire le barche con motore endotermico in elettriche o ibride chiavi in mano, offrendo dal motore – i partner sono Torqeedo e Bellmarine/Transfluid – alle batterie – le Victron – compresi tutti i sistemi di controllo e gestione fino all’infrastruttura di produzione energetica e ricarica. Rispetto all’auto, la barca ha spazio utile per i pannelli fotovoltaici e quando è ferma all’ancora diventa una piattaforma di produzione di rinnovabili.
Abbiamo provato il gozzo della Elettricawave. Stupefacente la sensazione di navigare in silenzio, ascoltando solo lo sciabordio delle acque: un silenzio da vela che non impedisce di navigare in bonaccia completa oppure contro vento. Verso una antropologia ecologica.
 
(achille miglionico e tina ardito)

lunedì 24 ottobre 2022

VIRNA LISI “La donna che rinunciò a Hollywood” ultimo docufilm del regista Fabrizio Corallo








VIRNA LISI “La donna che rinunciò a Hollywood”: ultimo docufilm di Fabrizio Corallo


Si è proiettato alla festa del Cinema di Roma, il 22 ottobre 2022, l’ultimo docufilm del noto regista Fabrizio Corallo. Un ritratto emozionante di una attrice molto amata e popolare sia in Italia che all’estero nella storia del cinema. Scomparsa a 78 anni nel 2014, e nata l’8 novembre 1936, Virna Lisi ci ha regalato sessanta anni di spettacolo. Iniziò giovanissima, ad appena quattordici anni, fu presto conosciuta e amata dal pubblico italiano, grazie ad un cinema popolare che avvicinava allo schermo una Italia ancora stremata dal conflitto mondiale. Una incredibile e dolce bellezza italiana che aveva poco di mediterraneo se si pensa a Sofia Loren, e quindi entrò senza fatica nella memoria individuale e collettiva, nelle case degli italiani, grazie anche al programma di pubblicità TV di  "Carosello", con uno slogan celeberrimo per dentifricio che immortalava il suo volto che si apriva in sorriso indimenticabile : “con quella bocca può dire ciò che vuole”.

Ma lei non ha puntato solo alla sua innata bellezza e ha saputo fare scelte coraggiose per diventare una brava interprete di personaggi così diversi fra di loro, si fece volutamente "imbruttire" per recitare e non soggiacere alla estetica, come quando l’hanno invecchiata e trasfigurata in “La regina Margot” di Patrice Chereau, che le valse il premio come miglior attrice a Cannes nel 1994.

Negli anni Sessanta venne chiamata a Los Angeles per interpretare una donna con capelli platinati e con atteggiamenti e trucco che ricordavano Marilyn Monroe, nel film “Come uccidere vostra moglie” al fianco dell’attore Jack Lemmon. Ma dopo poco tempo trascorso a Hollywood, rinunciò - con grave danno economico - al contratto che aveva firmato per 7 anni, testimoniando che si trattava di contratti terribili, dove, per  la preparazione del film che durava mesi, le clausole impedivano alla attrice di prendere l’aereo e tornare in Italia a trovare il marito e suo figlio allora piccolo. Il suo attaccamento alla famiglia non è mai venuto secondo al successo. E’ evidente che questo tipo di vita non le apparteneva in pieno e che costruirsi una famiglia è stato il valore più importante da difendere, anche a costo di esemplari rinunce.

Il regista Fabrizio  Corallo, ci elargisce con grazia e discrezione queste informazioni utilizzando materiale d’archivio della Tv e del cinema, e assemblando con naturale maestria, ricordi di famiglia, interviste all’attrice e testimonianze di persone che l’hanno conosciuta e frequentata da vicino, una formula che funziona e che riconosciamo come uno stile inconfondibile in tutti i  docufilm prodotti precedentemente. Corallo non si risparmia nel mostrarci aneddoti personali dell’attrice con gran tatto e rispetto, passando così i suoi valori umani.




In sala mentre si passava la proiezione del docufilm, c’era una clima di cordiale e rilassata accoglienza a questa nuova pellicola di Corallo. Alla fine della visione, mi è rimasta sulla pelle - ed io sono spagnola prima che italiana -  la sensazione di aver incontrato l’attrice personalmente, di aver saggiato non solo la enorme professionalità ma la sua essenza e consapevolezza di voler difendere i propri valori, il valore dell’amore coniugale e familiare, e del tempo passato accanto a chi sia ama, nel quotidiano, costruendo insieme una vita.

Grazie Fabrizio Corallo. per aver portato con maestria il focus di luce non sull' effimero, troppo facile e scontato, ma sulla dignità e unicità di una esistenza coraggiosa e libera. (Neus Lopez Calatayud)

giovedì 8 settembre 2022

#Fondation #HCB di #Parigi: Henri Cartier-Bresson, L'Expérience du #Paysage

 


La sua Leica

Henri Cartier-Bresson è considerato un pioniere del fotogiornalismo. Ribattezzato l’”occhio del secolo”, è stato uno degli esponenti più importanti della cosiddetta Fotografia umanista. Teorico dell’istante decisivo, ha anche contribuito a portare la fotografia di stampo surrealista ad un pubblico più ampio. Abbiamo visitato per voi la mostra sui Paesaggi.


La Fondation Henri Cartier-Bresson, non poteva non essere nel quartiere Le Marais, cuore di Parigi.
 Le Marais, il quartiere della elegante Place des Vosges, si sviluppa sulla riva destra della Senna, è il più trendy e assai frequentato. La Fondazione HCB la trovate nei pressi del Centro Pompidou al numero 79 di rue des Archives, ed ha più che raddoppiato gli spazi espositivi rispetto alla prima sede di Montparnasse.  Lo spazio, progettato dallo studio di architettura Novo, è ancora in fieri: a Novembre si apriranno altri 100 mq, Le Tube.

La mostra sui Paesaggi ritratti (più che fotografati) da Henri Cartier-Bresson è stata inaugurata il 1 Luglio e si protrarrà sino al 25 Settembre 2022.  


Ogni fotografia del maestro è tempo cristallizzato e origina dal “riconoscimento immediato, nella frazione di un secondo, del significato di un fatto e, contemporaneamente, della rigorosa organizzazione della forma che esprime quel fatto”, come direbbe lui stesso.




Anche in presenza di persone, l’attenzione dell’Autore è focalizzata a sintetizzare l’ambiente. Così si può parlare di Paesaggio della Natura e Paesaggio dell’Uomo. Le immagini dei paesaggi di Henri Cartier – Bresson sono raggruppate per tema: alberi, neve, nebbia, sabbia, tetti, risaie, treni, scale, ombra, pendenze e corsi d’acqua. Come se si invitasse l'osservatore ad una passeggiata visuale. Non essendo gli spazi espositivi immensi il visitatore "passeggia" tra realtà etniche e geografie diverse e può apprezzare anche alcune opere pittoriche del fotografo "nato pittore" che usava dire come il disegno fosse meditazione e la fotografia un attimo congelato. Solo nel fotografare il paesaggio HCB ritrovava entrambe le dimensioni mentali. Per questo i suoi paesaggi fanno meditare in silenzio. (achille miglionico & tina ardito)








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Henry Cartier Bresson nasce a Chanteloup nel 1908, da una ricca ed influente famiglia francese. Trascorre gran parte della sua giovinezza immerso nell’atmosfera bohemien di Parigi. Da giovane provò ad intraprendere la carriera di pittore, fu allievo del pittore Andrè Lothe .
Negli anni ‘20 fu molto vicino al movimento surrealista da cui mutuò l’interpretazione dei dettagli disseminati nella vita quotidiana. In una delle sue frasi afferma : “La fotografia può fissare l’eternità in un istante”.
Scoprì la fotografia durante un periodo di convalescenza a Parigi, e scelse una Leica 35 mm come strumento espressivo. Le foto surrealiste scattate durante i suoi viaggi in Messico ed in Europa fra il 1932 ed il 1935 lo resero famoso come art-photographer a New York.
Al suo ritorno in Francia, nel 1937, iniziò a dedicarsi al fotogiornalismo dopo un periodo di apprendistato come aiuto-regista di Jean Renoir.
Durante il secondo conflitto mondiale entra a far parte della resistenza francese. Catturato dai nazisti, evase ed arrivò in tempo per documentare la liberazione di Parigi nel 1944.
Nel 1947 è tra i fondatori della storica agenzia Magnum, nel ‘53 pubblica “Il momento decisivo”, considerato una vera e propria “Bibbia” per tutti i fotografi di reportage. Fu attivo come fotogiornalista fino alla fine deglia anni ‘70. Muore nel 2004.

Usava la sua Leica come un “ album da disegno meccanico”, e si dimostro’ subito in grado di ritagliare immagini dalla vita quotidiana con una precisione ed un tempismo ineguagliabili. Dopo i primi anni, segnati dall’ influenza del Surrealismo, negli anni ’30 maturò un impegno sociale.
Il suo approccio prevedeva di allineare “ testa, occhio e cuore”, e di scattare più fotografie possibili, per sceglierne una capace di simbolizzare un evento, una persona o un luogo. 

mercoledì 7 settembre 2022

#MArTA, Museo Archeologico Nazionale di #TARANTO. Uno dei più importanti musei archeologici al mondo



Testa di Nettuno di età romana tardo-repubblicana



Dal Paleolitico alle meraviglie della Magna Grecia

Alla biglietteria del palazzo, per un puro caso ci siamo incontrati, provenienti da Trani, con amici tranesi tra cui la nostra prof redattrice, Maria Rosa Ciritella, che ci ha regalato altre riflessioni colte ed originali. Se avessimo preso deliberatamente un appuntamento non saremmo stati così puntuali. Alla sorpresa per il  fortuito e felice incontro di due nuclei familiari ha fatto seguito la scoperta e la conferma che anche un luogo già visitato può continuare a ipnotizzarti con il noto e con il nuovo. Grazie alle teche ben disposte ed alla illuminotecnica sapiente e moderna, il MArTA sorprende con le storie millenarie che racconta. (am)

Le Veneri di Parabita (18mila anni aC) rientrano nel c.d. Culto delle Veneri del Paleolitico europeo (ricordare la Venere di Willendorf, di Lespigue ecc)



Idolo in pietra con volto di civetta (Neolitico, 4000 aC) trovato ad Arnesano






Taranto al centro della cultura mediterranea


 

Lasciate che io trascorra intere giornate nei musei: sarò la persona più felice del mondo. 

Ebbene, dopo la mia ennesima visita al Museo Archeologico di Taranto, eccomi qui a scriverne. 


Oggi conosciuto con l'acronimo di MArTA, fu istituito nel 1887; è collocato presso l’ex Convento dei Frati Alcantarini, o di San Pasquale, risalente alla metà del XVIII secolo.

Dire di Taranto equivale a raccontare di millenni di Storia e di cultura. Per secoli, infatti, nella città sono stati ritrovati e raccolti, ma anche dispersi, migliaia di reperti archeologici. 


In particolare a fine Ottocento venne rinvenuta una gran quantità di oggetti di mirabile valore storico-artistico. In questo periodo la Direzione Generale alle Antichità, nella persona di Giuseppe Fiorelli, pensó bene di contrastare la dispersione dei reperti inviando a Taranto Luigi Viola, in qualità di ispettore per il Ministero della Pubblica Istruzione. 

Negli ultimi vent'anni del XIX secolo, perciò, Viola assunse il controllo sugli sterri eseguiti per la fabbricazione del Borgo Nuovo, dell’Arsenale Militare e di tante zone della città antica, conservando un'enorme mole di ritrovamenti archeologici proprio nell'edificio dell'ex Convento degli Alcantarini. Così nel 1887 venne istituito dal re il Museo Nazionale a Taranto, il primo in Puglia.


Nel Novecento vari furono gli ispettori e direttori del Museo: Giovanni Patroni, Paolo Orsi, Quintino Quagliati, Renato Bartoccini, Ciro Drago e Felice Gino Lo Porto. Ognuno di loro contribuì col proprio lavoro alla realizzazione della raccolta che ancor oggi è fruibile da tutti. Dagli anni '90 in poi la ex Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia ha provveduto ad una completa ristrutturazione dei locali dell' ex Convento. 


Nel 2007 e poi nel 2013 sono state aperte al pubblico le sezioni dedicate alla cultura funeraria ellenistica e all’età romana e medievale; nel 2014 è stato completato l’allestimento del piano superiore, dedicato alla preistoria e protostoria della Puglia, alla città e alle necropoli di Taranto di età arcaica e classica che è stato aperto al pubblico nel 2016.


Testa femminile in terracotta dipinta



Diventata una delle icone del Museo, questa terracotta, davvero attraente, starei per dire magnetica, rappresenta una testa femminile: sui morbidi capelli rossi è posato un diadema in oro. Carnagione chiarissima, labbra di colore rosso, come era in uso tra le donne di Taranto in età ellenistica. Alle orecchie erano inseriti degli orecchini, come provano i fori ai lobi delle orecchie. Faceva probabilmente parte di una statua interamente realizzata in terracotta, nella cui lavorazione i Tarantini erano esperti.


Cratere a volute con scena d’oltretomba




È stato ricomposto, integrando alcune lacune. Non è presente la parte inferiore del corpo con il piede e le volute, queste ultime integrate. 

Sul lato principale si notano, all’interno di un palazzo con quattro colonne ioniche, Ade e Persefone siedono su una kline.

Il signore del regno, con una tunica a maniche lunghe al di sotto del chitone, regge uno scettro sormontato da un’aquila; la sposa Persefone, vestita di chitone e himitation, tiene nella mano destra una torcia a quattro bracci. Dalla travatura del soffitto pendono una corazza anatomica, un elmo e una coppia di schinieri. Intorno al palazzo, alcuni celebri “abitanti” dell’Oltretomba e altre divinità. 


Corona aurea da Kaeliae





Corona composta da rose, proviene dalla città peuceta di Kaeliae (Ceglie del Campo – BA) ed è stata rinvenuta nel 1910. 

Portata ad esempio nella celebre mostra degli Ori di Taranto del 1985, è da attribuire a destinazione funeraria. Le corone aree indicavano i meriti, gli onori e la classe sociale del defunto, che in questo modo viene indicato come un eroe. Ve ne erano foglie di alloro, di edera, di mirto, a rose, a foglie di ulivo e foglie di quercia. Questa è databile al III sec. a.C.


Orecchini a disco con pendente





Databili tra il 375 e il 350 a.C., hanno una forma complessa e articolata: il disco, a forma di una rosetta con 4 serie concentriche di petali, è incorniciato da una struttura ad anello con decorazioni in filo ritorto ad onda e lineari; da questo pendono tre elementi. In origine erano colorati da smalti policromi dei quali rimangono piccole tracce. 


Testa di Eracle




Taranto era una città devota ad Eracle, considerato il fondatore dei Dori. 

La testa, in marmo bianco, rappresenta un atleta maturo con capelli e barba appena scompigliate. Il volto trasmette una forte carica emotiva al fruitore. Probabilmente la testa apparteneva ad una figura seduta. Viene tra la fine del IV/III secolo a. C, oppure al II a.C., anche se oggi viene considerata una copia di età giulio claudia, dunque databile tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. 


Questi sono solo pochissimi esempi dei meravigliosi reperti archeologici presenti nel MArTA: percorrere i suoi corridoi e le sue ampie sale equivale a fare un viaggio nel tempo. Invito perciò tutti i lettori a farsi letteralmente travolgere dalle testimonianze artistiche dei vari periodi della storia delle donne e degli uomini che hanno popolato le nostre terre secoli o millenni fa e che ancora oggi sono vivi e presenti nei nostri modi di vivere e di pensare. 


Rosa Maria Ciritella


Il Chiostro


Zeus di Ugento (530 aC)





Elmo bronzeo (età del Bronzo)

Collana in oro con coppia di fibule (spille) del 520-500 aC




Cratere a mascheroni apulo a figure rosse attribuito al pittore di Dario, 330 aC. E' stato recuperato
 dal Comando CC Tutela Patrimonio Culturale nel 2009 dC



foto am

Ne avevamo parlato nel 2015:

PUGLIA PUGLIAA PUGLIAAA (Caparezza dicit)

giovedì 21 luglio 2022

IL POTERE DELLA BUGIA E LA BUGIA DEL POTERE: UNA #CRISI DI GOVERNO ITALIOTA IN PIENA EMERGENZA MONDIALE






OGGI in Parlamento si è consumata una "Follia". Se non concordate, abbandonate la lettura dell'articolo, vi avviso.


Come ci hanno fatto notare in tanti, il premier Draghi è stato applaudito con ipocrisia da tutti i parlamentari, anche da quelli che hanno contribuito ad ostracizzarlo. Paradosso. Per questo riprendiamo, al di là della psichiatria, il mito della Nave dei Folli cui alludeva anche Focault.

Michell Foucault nella sua Storia della follia nell’età classica allude al mito della nave dei folli. Sosteneva che il mito poteva essere anche Storia in quanto può basarsi su fatti reali, poiché alcuni autori dell’antichità e del Medioevo accennano a delle navi con il “carico insensato”. Secondo questi racconti, ai folli non era consentito attraccare in nessun porto. Dovevano stare lontani da tutti. OGGI l'Italia è alla deriva. Una Nave di Folli, la Stultifera Navis: nell’anno 1486, agli albori del Rinascimento Sebastian Brant scrisse un lungo poema chiamato Das Narrenschiff o Stultifera navis. Questo poema parla di un viaggio per mare compiuto da oltre un centinaio di "folli" verso un luogo chiamato Narragonia e che procede fino al Paese di Cuccagna. Per noi il viaggio verso la Narragonia è appena incominciato nella fase storica più difficile dell'Umanità: 

Pandemia pluriennale, guerra ottocentesca di invasione in Europa, catastrofe ecologica con siccità, nuova crisi energetica, scadenze economiche improrogabili per evitare il fallimento di più di una nazione, ecc. Non è un bel periodo. 



In tutto questo vi è chi brinda alla caduta di Draghi, indicato da aree social neofasciste come un "Duce". 

Ecco c'è chi oggi brinda a vodka ed esulta nell'aver destabilizzato l'Italia e l'Europa in già in gravissima difficoltà. 

Lo scontro ora almeno si è fatto  più chiaro: tra "sfascisti" ed "europeisti". 


C'è più di uno che brinda al Cremlino nell' aver contribuito ad abbattere la compattezza dell'Europa. Si può anche ipotizzare che il piano del Cremlino sia stato e sia proprio destabilizzare l'Occidente (vecchio "pallino" dell'URSS), oltre che invaderlo:   c'è più di una suggestione che i personaggi ritratti in foto sottostante - che oggi si attaccano tra di loro per manciate di voti elettorali - siano riuniti da un filo comune allo Zar della PanRussia. 




Non è un caso che nella stessa giornata delle dimissioni del Governo italiano, il ministro-mastino Lavrov abbia dichiarato che alla Russia non basta il Donbass (si veda comunicato ANSA), i russi andranno oltre questo obiettivo. Dunque la guerra di invasione dell'Ucraina subdolamente condotta dalla Federazione Russa (o Impero?) andrà ancora per molto avanti - con rischi di nuclearizzazione - e magari dopo l'Ucraina l'appetito dell'Orso russo - non quello benevolo di Masha - si farà sempre più grande con mire ulteriori di conquista: non è un caso che i Paesi viciniori o confinanti siano già in ansia e chiedono appoggio all'UE e al Patto Atlantico.



Ecco perché con tutti i social a nostra disposizione abbiamo stigmatizzato che 

OGGI non è un giorno qualsiasi di Luglio: è un DIES ALLIENSIS PER L'ITALIA NEL MENTRE SI PROFILA LA "TEMPESTA PERFETTA". 


Per chi non ricordasse o non sapesse, i Romani celebravano così una loro sconfitta subita ad opera degli invasori Galli Senoni ad Allia, vicino Roma. Ma da una sconfitta si pervenne poi ad una vittoria da non dimenticare, come la sonora sconfitta: oggi (ed è LUGLIO come allora) la chiamiamo RESILIENZA la capacità di risollevarsi da una sconfitta simile con tanto di tradimento (anche allora ci fu un TRADIMENTO, sapete?).

Ora spetta a noi resistere e sconfiggere i nemici dell'Europa, con tutte le armi della democrazia e, se necessario, andando oltre. 


(achille miglionico)



PS:Il 18 luglio del 390 a.c., era indicato dai Romani nel loro calendario come Dies Alliensis (giorno dell’Allia), a memoria della data in cui ricorreva la terribile sconfitta subita presso il Fiume Allia, un piccolo affluente del Tevere, per mano dei temibili Galli Senoni.

martedì 19 luglio 2022

La sacralità del tempo #tempo #sacro #cristodelladomenica #pordenone


Una riflessione sul tempo, sulla sua regolamentazione e sacralità a partire da un piccolo affresco.


A Pordenone, nella chiesa di Santa Maria agli Angeli (conosciuta da tutti come “Chiesa di Cristo Re”), sulla parete sinistra c’è un piccolo affresco noto come “Il Cristo della Domenica”. Rappresenta Gesù Cristo, a petto nudo di fronte allo spettatore. Ci guarda col volto sorridente mentre il suo corpo è pervaso di punti rossi dai quali sprizza sangue, rappresentato con una semplicissima linea rossa. La miriade di traiettorie ematiche trova, alla sua estremità finale, un oggetto, un ferro del mestiere: coltelli, asce, martelli…

Vi è insomma rappresentata, in questa popolana sineddoche, tutto il cosmo dei mestieri. 

L’immagine è di una ingenuità commovente, banale ai limiti del pianto di commozione. È un tipico esempio di immagine devozionale che ammaestra il popolo, ai tempi dell’analfabetismo di massa ma anche dell’immagine ancora sacra, non scaduta al rango di pornografia né cannibalizzata da un cervellotico logocentrismo. 

Il messaggio riportato da questa iconografia, assai diffusa nel Nord Italia e in altri stati europei (1) tra secoli  XIV e XVI, è semplice: non lavorare di domenica; se impugni un attrezzo nel giorno del Signore fai sanguinare Cristo. 

Non ci imbatteremo nelle questioni più strettamente storico-artistiche legate a questa diffusa iconografia (per questo rimandiamo alla sintetica bibliografia indicata nelle note a fine articolo) ma a delle riflessioni più laterali che si possono sviluppare intorno a questo tema. 

Questo messaggio “se fai X succede Y” ha dietro sé un mondo infinito di significato e da solo basterebbe a spiegare un’intera civiltà. 




Le mie riflessioni personali da molto tempo girano intorno al tempo, perciò mi è parso istantaneo che quella immagine così semplice contenesse in sé non solo una regolamentazione del tempo ma un modo intero di stare al mondo, corredato da un incrollabile e inscalfibile senso di significato dello stare al mondo, che, a noi uomini moderni e laici (e che abbiamo smarrito un senso profondo della vita e dello stare al mondo) non può che commuovere fino al desiderio, che è quasi invidia, verso questa fede, nel suo senso etimologico di fides ossia fiducia, nel Significato.


Torniamo al Tempo. Non un concetto di poco conto se si guarda non solo ai grandi nomi del pensiero occidentale che si sono occupati dell’argomento (Seneca, Agostino, Petrarca solo per citare alcuni nomi) ma a una frase dello psichiatra americano Eric Berne, fondatore dell’Analisi Transazionale, il quale sosteneva che «l’eterno problema umano è la strutturazione delle ore di veglia» (2).

Per Berne, dicendola in soldoni, è proprio questa “fame di struttura” che ci fa compiere tutte quelle azioni che ci lanciano nello sconforto e nel malessere. La gestione del tempo, dunque, regola la nostra vita. Ora si pensi, per un attimo e di nuovo, al nostro “Cristo della Domenica”.

Non si lavora di domenica. Che punto fermo. Che meravigliosa strutturazione del tempo in azione e inazione. 

Ma c’è di più, la mia azione, che oggi ritengo banalissima e insignificante, era in contatto diretto con la divinità, al punto tale che se impugnassi uno strumento di lavoro, potrei far sanguinare il Cristo. 

Il sacro viveva dunque, per davvero, nel quotidiano e la vita del singolo era davvero importante. 


Arrivati a questo punto verrebbe naturale sia sentire dentro di sé il rammarico del paradiso perduto sia la voglia di tornare alle origini, la fantasia a occhi aperti di cancellare la nostra civiltà tecnologica e chiedersi come mai l’uomo sia stato così sciocco da cancellare tutto ciò.

Forse perché dietro la Regola c’è sempre l'Oppressione e la Repressione (anche questa iconografia, storicamente, nasce come imposizione: "quasi un’enciclopedia del divieto" (3), che, tra l'altro, proibiva feste, balli e attività sessuali anche tra coniugi(4)) .


E qui si giunge sempre al nodo finale di chi, in una certa qual maniera si occupa di cose umane: ciascuna direzione porta con sé un estremo e ciascuna scelta porta con sé, insieme a delle conquiste, delle inevitabili perdite. E l’equilibrio e il compromesso sono più miraggi che altro. 

O è semplicemente il senso del nostro tempo che, chiuso in una razionalità cervellotica, si arresta poi al bivio delle decisioni e s’incanta poi, di tanto in tanto, di fronte alla sacra ingenuità degli antichi.

O forse ancora, siamo solo chiamati in questi tempi a decidere per noi, all’obbligo di costruirci le nostre regole e i nostri valori, in un cammino senz’altro faticoso, ma che ci permette di essere liberi. 


Claudio Leone


NOTE


(1) M. FERRERO, Il Cristo della Domenica: un’iconografia tra arte e religione. Un esempio vicentino, in «Progetto restauro. Trimestrale per la tutela dei Beni Culturali», 42, 2007, pp. 33-37: «Le testimonianze artistiche di tale precisa volontà espressa dalla Chiesa –note sotto il nome di

Cristo della Domenica–sono oggi poco più di una sessantina, ubicate prevalentemente nelle aree a ridosso dell'arco alpino centro-orientale: Austria,Germania, Italia settentrionale e Svizzera oltre a Repubblica Ceca e Istria, quasi si fosse trattato in maniera specifica di un ambito culturale concentrato tra le popolazioni abituate a convivere con climi difficili e minori possibilità di diluire il proprio lavoro nell’arco di un periodo di maggiore respiro. Al di fuori di siffatto contesto geografico compatto e sostanzialmente omogeneo, l’immagine del Cristo  

sofferente e trafitto dagli oggetti della quotidianità ha trovato ampio spazio in Inghiterra, particolarmente nell'area meridionale incluso il Galles».



(2) E. BERNE, A che gioco giochiamo, traduzione di V. Di Giuro, Einaudi, Milano 2013 (prima edizione 1964), p. 17.


(3)  M. FERRERO, op. cit. p. 35.


(4) G. BRECCOLA,  Il" Cristo della Domenica" nella basilica di S. Flaviano a Montefiascone, in «Rivista storica del Lazio», 2002, 16, pp. 4-44: «Questo Cristo aveva quindi, secondo l’antica tradizione pittorica popolare, finalità didattiche e catechetiche per meglio far comprendere il male compiuto lavorando nei giorni festivi. Immagini quindi con funzione di sermone didattico popolare, di predica ad alto contenuto apocalittico e terrifico: l'autorità religiosa chiedeva ai contadini e agli artigiani di tornare a santificare il settimo giorno, di lasciare per qualche ora il lavoro, di non frequentare l’osteria e neppure il letto coniugale. Diventano allora comprensibili il dolore del Cristo,trafitto dagli strumenti di lavoro e di divertimento, e il riferimento alla domenica». 





mercoledì 2 marzo 2022

 


A causa degli eventi tragici che stiamo vivendo in Europa siamo in tanti ad essere indignati e logorati dalle preoccupazioni per il futuro comune. Il dittatore dallo sguardo anempatico (non a caso l’eroico Presidente dell’Ucraina ha descritto di Putin “gli occhi senza sguardo”) continua a vagheggiare sogni ottocenteschi di egemonia dimostrando che i dittatori non sono caratteristica solo del Novecento. Io credo che la guerra offensiva in atto con sterminio di civili si spiega da sola: una folle corsa entropica che porta alla distruzione di tante vite, anche russe. Questa è la guerra di Putin non del popolo russo che protesta in piazza anche con i bambini.

E il dittatore che ha accerchiato gli ucraini praticamente è accerchiato dal mondo libero, e forse messo in discussione anche dall’interno.  Come Hitler ha adoperato la guerra-lampo ma non ha raggiunto gli obiettivi prefissi in quanto gli ucraini resistono e muoiono per le loro famiglie.  Speravamo tutti che dopo la lezione della pandemia che ci ha messo in ginocchio collezionando più morti di tante guerre combattute nel Novecento, speravamo tutti  che non ci fossero più dittatori e invasioni nel nuovo Millennio ma non è stato e non è così L’unica nota positiva degli eventi funesti occorsi è che la EU ha risposto assertivamente con massicce iniziative individuali e di gruppo  frapponendosi al colosso militare. L’EU foriera di ideali-guida di convivenza civile, ha operato con compattezza ed efficienza e si sta comportando geopoliticamente all’unisono nel rafforzare i nostri valori di libertà  e rispetto della diversità. Mi chiedono spesso i genitori come raccontare loro la guerra ai piccoli : non negando, non nascondendo la verità, va spiegato che attaccare è un fatto e difendersi/difendere è un atto legittimo. Dobbiamo spiegare che il Male esiste quanto il Bene e solo conoscendoli attraverso la Storia passata e presente siamo in grado di scegliere da che parte stare. Poi dobbiamo rassicurarli, questi figli e nipoti (non ne hanno i dittatori?), con la nostra presenza. Il futuro è loro ma qualcuno minaccia di toglierlo a tutti anche rispolverando armamenti nucleari. Come Hitler e Stalin che stritolarono la Polonia quasi non fosse abitata da esseri umani. Come tutti i dittatori che hanno ucciso direttamente ed indirettamente, che hanno operato sistematicamente etnocidi. Basta. Che cessino di parlare le armi. (am)


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