martedì 25 ottobre 2016

LA SINPIA LANCIA APPELLO: A rischio neuropsichiatrico infanzia e adolescenza

In occasione della Settimana della Salute Mentale

Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza:

un appello per risollevarla

L’iniziativa lanciata dalla SINPIA chiede che si ponga rimedio allo stato di profonda sofferenza in cui versano i servizi di salute mentale per l’infanzia e l’adolescenza.
Grande preoccupazione anche per la mancata capacità di gestione della presa in carico delle persone sofferenti nella fase di transizione da adolescenza a età adulta


Milano, 11 Ottobre 2016 “Chiediamo agli amministratori e alla società civile di riconsiderare le attuali politiche sanitarie, e di fornire un sostegno più deciso verso le attività indispensabili per affrontare i disturbi neuropsichici dell’infanzia e dell’adolescenza: questo l’appello lanciato dalla Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA) e dalla sua presidente Antonella Costantino, a margine del XXVII Congresso Annuale della SINPIA appena concluso e in occasione della Settimana della Salute Mentale. “Se infatti gli investimenti nei servizi di psichiatria dell’adulto sono pochi e vanno certamente implementati, quelli nei servizi di NPIA sono pochissimi, e soprattutto molto disomogenei tra le diverse Regioni italiane. Ricordiamoci che queste attività contribuiscono in misura significativa alla riduzione a lungo termine della spesa sanitaria, in quanto necessarie a prevenire sia la cronicizzazione di gran parte dei disturbi neuropsichici dell’età evolutiva, sia l’evoluzione verso quadri psicopatologici gravi in età adulta. L’appello può essere sottoscritto da chiunque, il testo è sul nostro sito www.sinpia.eu”.
Infanzia e adolescenza sono momenti cruciali per la salute mentale delle persone: basti pensare che attualmente oltre il 50% dei disturbi psichiatrici dell’adulto ha un esordio in età evolutiva. Inoltre, molte sono le patologie neuropsichiche che possono compromettere i delicati processi tipici di questa fase di vita e determinare disabilità: un trattamento precoce e tempestivo può cambiare la storia naturale della malattia o prevenire numerose sequele, evitando così un pesante decorso di cronicizzazione.
Nel 2015, otto minori su cento hanno avuto almeno un contatto con le strutture territoriali di NPIA, con un aumento annuo di richieste pari a circa 7-8%: un trend costante, che negli ultimi 5 anni ha portato ad un aumento dell’utenza del 40-45%. In particolare si è registrato un aumento massiccio dei disturbi psichiatrici in adolescenza (in costante aumento: + 21 % degli accessi in pronto soccorso, + 28% dei ricoveri in un anno) ed un generale importante aumento del disagio sociale. A fronte di questa situazione preoccupante, lo stanziamento di risorse da parte delle Regioni è trasversalmente insufficiente.
“Solo un utente su due che ne avrebbero necessità riesce a trovare risposte, spesso parziali, dai servizi di NPIA. Una situazione paradossale, in cui mentre le richieste aumentano le risorse diminuiscono, non c’è alcun documento che definisca degli standard organizzativi nei Servizi, e si è anzi attuata una generale riduzione del numero di operatori”, commenta Franco Nardocci, coordinatore della Sezione Scientifica di epidemiologia e organizzazione dei servizi della SINPIA. “Una condizione aggravata dal fatto che al compimento del 18esimo anno utenti e famiglie si trovano soli. Per molti disturbi neuropsichici non sono previsti servizi per l’adulto (ad esempio nell’autismo, nella disabilità intellettiva, nella dislessia) e anche quando sono previsti, come nel caso dei servizi di psichiatria dell’adulto per gli adolescenti con disturbi psichici gravi, mancano procedure standardizzate e la transizione riesce ad avvenire solo per pochi utenti, con il rischio di un vero e proprio abbandono dell’ex-minore sofferente e della sua famiglia” continua Nardocci.
A fronte di un’aumentata sensibilità ai criteri di equo accesso alle cure, di governo di spesa e di risorse e dell’appropriatezza negli interventi sanitari, vige un’ormai storica assenza d’investimenti sui servizi per la salute mentale dell’infanzia e dell’adolescenza, un settore che insieme all’abuso di sostanze rappresenta il 13% del global burden of disease (cioè del peso assistenziale delle malattie dell’intera popolazione), percentuale che supera addirittura quella delle malattie cardiovascolari.
Le politiche di spending review che permeano tutti gli atti normativi e l’attuale riassetto istituzionale operato da molte regioni hanno inoltre aumentato le disuguaglianze intra- e inter- regionali, già segnalate ripetutamente dalla SINPIA, portando ad una preoccupante disomogeneità nell’offerta assistenziale.
Affrontare le malattie croniche e multiproblematiche dell’età evolutiva richiede un modello assistenziale integrato tra ospedale e territorio, nell’ambito di una rete specialistica dedicata, che eroghi interventi complessi ed in continua trasformazione alla luce dei rapidi cambiamenti nelle neuroscienze e della medicina basata sulle evidenze. Eppure, nell’attuale situazione la totalità delle strutture per l’infanzia combatte contro una saturazione delle risorse che riduce progressivamente spazi ed energie disponibili per ciascun minore e per la sua famiglia.
Anche per quanto riguarda il ricovero ospedaliero, solo 1 utente su 3 trova accoglienza in reparto dedicato di NPIA: a differenza di ciò che è avvenuto per altre discipline, per gli utenti con disturbi neuropsichici in età evolutiva si è determinato negli anni un significativo sottodimensionamento del numero di letti di ricovero ordinario, sia a livello nazionale che regionale.
E’ passato erroneamente il concetto che si possa fare a meno dei posti di ricovero ospedaliero per le patologie neuropsichiche, o che si possano sempre utilizzare letti di specialità diverse dalla NPIA”, afferma Giovanni Cioni, vicepresidente SINPIA. “Esistono invece moltissime situazioni neurologiche e psichiatriche nelle quali il ricovero ordinario, generalmente breve, è indispensabile per i fini diagnostici e/o terapeutici e richiede competenze specialistiche che possono essere gestite solo nell’ambito di reparti NPIA. In tali situazioni un ritardo nelle diagnosi e un’inappropriata presa in carico determinano un significativo peggioramento della condizione in atto e nella prognosi a medio e a lungo termine, con un maggiori rischi di cronicizzazione e di maggiori costi sociali ed economici sia nel breve che nel lungo periodo. E ciononostante, la recente normativa ha determinato un ulteriore dimezzamento dei posti letto” conclude Giovanni Cioni.

Per ulteriori informazioni:
Ufficio Stampa SINPIA
Agnese Collino (Mob. 346 098 05 23)
Sergio Vicario (Mob. 348 98 95170)
Metafora – Via Catania, 8 – 20133 Milano - Tel. 02 4548 5095/6 



lunedì 24 ottobre 2016

Hay lugares




Ci sono luoghi ove tu rimani e luoghi che rimangono in te

(Hay lugares en los que usted se queda y lugares que quedan en usted). 

giovedì 20 ottobre 2016

Giornata Pugliese IAT Istituto Analisi Transazionale: TRAUMA & RINASCITA




Giornata Pugliese IAT Istituto Analisi Transazionale


Le Giornate Regionali dell’IAT nascono da un’esigenza espressa da molti  Soci IAT e da molti trainees in AT afferenti a diversi Istituti di Formazione (come il SIEB) di poter partecipare ad eventi formativi più vicini al proprio territorio.
Pertanto questo autunno l‘IAT ha organizzato due giornate regionali: la prima il 22 ottobre in Toscana (Firenze) dal tema “Libertà e creatività nell’apprendi-mento”, condotta da Cesare Fregola; la seconda il 19 novembre in Puglia (Bari) dal tema “Trauma e Rinascita: Identità, storie e narrazioni trasformative”.
A Bari, nella elegante cornice della Villa Romanazzi Carducci, presentiamo una giornata dedicata ad un tema di ampio respiro, e drammaticamen-te attuale, per poter riflettere sui vari significa
ti di trauma e, soprattutto, sulle strategie cliniche, educative e sociali che possano facilitarne il superamento.
La giornata è rivolta non soltanto ai soci IAT ma a tutti i professionisti di aiuto (psicologi, medici, counselor, operatori sociali, insegnanti): crediamo infatti che l’esperienza del trauma sia parte integrante della nostra realtà sociale e culturale e che ogni professionista di aiuto necessiti di strumenti per facilitare la relazione con coloro che portano profonde ferite di sradicamento, violenza, abusi.
La giornata si svolgerà con alcune relazioni di professionisti dell’area clinica, sociale, giuridica non solo di formazione AT: sono ormai diversi anni che privilegiamo il confronto tra esperti di formazioni differenti per un arricchimento re-ciproco ed un approfondimento multidisciplinare.
Come ormai uso consolidato delle  giornate IAT, abbiamo riservato uno spazio culturale i cui il linguaggio artistico diventa tramite privilegiato di contatto emotivo alla tematica proposta; un altro momento tipico dei nostri incontri è lo spazio di riflessione in gruppo tra i partecipanti alla presenza dei relatori.



PROGRAMMA 19 NOVEMBRE, BARI


09.30
Arrivo e registrazione dei partecipanti
10.00 Eva Sylvie Rossi (presidente IAT )
Introduzione ai lavori della giornata
10.15 Bruno Marchi
Trauma e adolescenza. Quale rinascita?
10.45 Antonella Fornaro
Il silenzio di famiglia: il trauma del “non detto”
11.15 Pausa
11,45 Silvana Calaprice
Disagio esistenziale e bisogni educativi: aree di vulnerabilità e
aree di resilienza dei soggetti.

12 .15 Achille Miglionico
Micro-Macro trauma nella evoluzione copionale.

12.45 Gruppi guidati di discussione
13.30 Pausa Pranzo (spuntino da consumare in hotel
incluso nel costo di iscrizione)

14.30 Maria Murro
Storie di artiste. Quando l’arte cura gli strappi dell’anima
15.00 Nicola D’Introno
Dal trauma fisico al trauma psichico
15,30 Neus Lopez Calatayud
Fare contatto con la narrazione interiore del trauma praticando la
mindfulness. Libertà di vivere nel presente"

16.00 Gruppi guidati di discussione
17,00 Chiusura dei lavori in plenaria

Per info e iscrizioni
segreteria@istitutoanalisitransazionale.it


Richiesti crediti formativi per i counselor SiCo

lunedì 10 ottobre 2016

MIMMO JODICE: RETROSPETTIVA AL "MADRE" DI NAPOLI



Mimmo Jodice è uno dei grandi fotografi della storia della fotografia italiana. Vive a Napoli dove è nato nel 1934. Fotografo di avanguardia sin dagli anni Sessanta, attento alle sperimentazioni ed alle possibilità espressive possibilità espressive del linguaggio fotografico, è stato protagonista instancabile nel dibattito culturale che ha portato alla crescita e successivamente alla affermazione della fotografia italiana anche in campo internazionale.






Caratterizzano la sua arte immagini talora ciniche di un mondo di emarginati: volti sfumati o tagliati scultoreamente in luci incerte in ambienti suburbani, industriali, in occasioni religiose. Bambini, uomini e vecchi. Immagini manicomiali tristissime. Poi d'improvviso l'obiettivo rifiuta negli anni Ottanta ogni figura umana, come se il fotografo avesse avuto una crisi nella sua humanitas. Compaiono paesaggi con geometrie e ombre tutte rigorosamente in bianco e nero e la ricerca diviene collateralmente emozionogenica. Comunque il trionfo della pellicola, dell'analogico sul digitale. (am)

LA VITA POSSIBILE, film




In fuga da un marito violento, Anna e il figlio Valerio sono accolti a Torino in casa di Carla, attrice di teatro e amica di Anna di vecchia data. I due cercano di adattarsi alla nuova vita tra tante difficoltà e incomprensioni, ma l'aiuto di Carla e quello inaspettato di Mathieu, un ristoratore francese che vive nel quartiere,  faranno trovare la forza per ricominciare.

Un buon film. A volte anche il solo titolo può spingerci ad andare a cinema. In questo caso si intuiva che poteva trattarsi di ''ultima chance'' di una storia, di una vita, ecc.. Eppure, la chance che viene proposta al protagonista mi è
sembrata realistica, positiva,  di un''utopia personale'' appunto possibile. E per non parlare delle attrici e attori, tanto coinvolgenti, pregnanti. Il ragazzo trasudava voglia di vivere, con la sua dolcezza e tristezza al contempo, delicato
e conflittuale, come purtroppo recitava il suo copione di vita, non per colpa sua, ovviamente.
     Si è trattato di un film importante per il sottotetto drammatico: forse mi sono lasciato affascinare troppo, perchè, forse non lo sapete, il mio copione psicologico stride quando si incontra, se pur a cinema, con altri copioni intrisi di debolezza  e sofferenza. Un problema di identificazione che accomuna quasi ogni spettatore.  Ma qui sta il punto: ho trovato felice la storia che finisce bene! A qualcuno potrebbe sembrare uno stereotipo melenso, eppure, quando un fanciullo si riabbraccia alla propria madre, perché ferito da altri conflitti, come appunto ''vita possibile'' ritrovata,  non possiamo che plaudere: il suo copione sembra avere trovato la strada giusta, quella della liberazione dai limiti copionali.
       A tal proposito ricordo caramente quando un amico terapeuta, tenne a precisare, in uno dei tanti workshop su copioni di vita e scenici, quanto fosse importante non coinvolgere direttamente il copione dello spettatore, anche di fronte alla
realizzazione di un'opera artistica. Le trame sollevano emozioni da un punto di vista qualitativo ma non devono necessariamente allagarci di angoscia. Su questo punto controverso ho talora tenuto a precisare con amici, l' esigenza protettiva e sublimatoria che a me piace nell'incontro artistico e culturale ma ognuno la può pensare diversamente. Personalmente non amo gli ''effetti collaterali'' intrinseci. Ed è questo, un problema che spessissimo ritorna nel concetto di
opera d'arte, divisa fra comprensibilità, senso del limite e opposti.  Ancora una volta ho riscontrato la variazione delle proiezioni personali che si incrociano nelle trame, sui personaggi filmici, e la conseguente impressione che differisce
da spettatore a spettatore.  La amica al mio fianco, per esempio, ha trovato la storia insufficiente e non abbastanza approfondita. Anche sui social i commenti sul film sono disparati e talora antitetici. Di certo ho convenuto con lei sull' ambientazione ristretta  di una Torino solo di lavoratori, e che tralascia quella bellissima e storica del suo centro, ma non ho disdegnato viali autunnali e la luce fioca tipica di quella metropoli e il senso medesimo del film.  Da vedere, perché la percezione della speranza è fatta salva. E questo non fa male. Anzi.  ITALO ZAGARIA -




sabato 8 ottobre 2016

Quasi un secolo fa i primi zampilli a Trani dell’acquedotto pugliese

Sempre più spesso capita che, alla richiesta di un appuntamento allo studio professionale, ubicato in Corso Matteo Renato Imbriani a Trani, mi si chieda al telefono  l'indirizzo e lo "spelling" del cognome "Imbriani" ("Carneade, chi era costui?" di manzoniana memoria). Non lo conosce più nessuno? Questa società che soffre di Alzheimer non lo rammenta più? Non lo si insegna più?
Un tempo, dalle scuole elementari del Meridione si poteva uscire non sapendo chi fosse Giulio Cesare o Giuseppe Garibaldi (come in un edizione passata di Miss Italia) ma non si poteva non sapere chi fosse Imbriani. Ci dicevano senza mezzi termini che, se noi tutti potevamo avere acqua da un rubinetto - nella Puglia assetata -, questo lo si doveva a questo signore che tanto aveva perorato la causa dell'Acquedotto Pugliese in uno con Giovanni Bovio e Antonio Jatta. Quando mi sono ritrovato a parlarne con Mario Schiralli, il giornalista mi ha promesso un pezzo che riguarda la storia di Trani. Lo riproponiamo. Il 24 Aprile 1915, poco prima dell'ingresso italiano nel conflitto mondiale, fu inaugurata la prima fontana pubblica del nuovo acquedotto a Bari in piazza Umberto . A Trani quando successe il miracolo? (a.m.)

Orazio descriveva la Puglia come terra assetata: " siderum insedit vapor siticulosae Apuliae" (arriva alle stelle l'afa della Puglia sitibonda)












di Mario Schiralli

Trani. Erano scoccate le ore 11 di sabato 1° settembre 1917 quando, “con semplicità e con tanto entusiasmo e soddisfazione di tutti i cittadini, per il momento bellico, si procedè all’inaugurazione dell’entrata in esercizio delle fontanine pubbliche nei diversi quartieri dell’acqua di Caposele, come anticipato da apposito manifesto murale affisso nella stessa mattinata a firma dell’assessore Giuseppe Adami”.
E fu così che il sig. Francesco di Geso, che da 14 anni gestiva la vendita dell’acqua in città, nel chiosco dell’allora Piazza Vittorio Emanuele (l’acqua arrivava a Trani dal Serino nei vagoni cisterna della ferrovia), fu forse il primo tranese ad essere  “costretto” a trasformare il suo esercizio prelevando, da quel giorno in poi,  l’acqua dalla rete urbana, perdendo,  nel contempo, anche la concessione del chiosco che gli fu rinnovata solo per tre anni e non per nove come da lui stesso richiesto.
La  storica, ma altrettanto curiosa notizia, è estrapolata dagli scritti del  compianto avv. Vincenzo Caruso, per decenni “imperioso e oculato” amministratore  di Trani, nonché - se pur per un breve periodo - anche sindaco. Caruso era stato  per diversi anni Consigliere dell’Ente Acquedotto Pugliese, carica questa, come le tutte le altre pubbliche da lui ricoperte, coronata da unanimi riconoscimenti. Basterebbe, per tutti, ricordare la cittadinanza onoraria conferitagli dal Sindaco di Caposele per l’azione e l’opera da lui svolta tenacemente a favore dell’affermazione dei diritti civili e morali di quel comune.
La storia dei lavori per la costruzione dell’ Acquedotto Pugliese, dopo una lunga e estenuante battaglia parlamentare, tramandata dallo stentoreo «vengo dalla sitibonda Puglia, terra assetata di acqua e giustizia» di  Matteo Renato Imbriani,  risalgono  all’inizio del ‘900. All’inizio fu necessario smantellare  addirittura la Chiesa di Santa Maria della Sanità a Caposele per dare spazio agli zampilli della sorgente omonima, così da convogliare le sue acque in una galleria costruita con ammirevole precisione, e poi dedicata a Giuseppe Pavoncelli.
Percorrerla oggi, e lo può confermare chi, a vario titolo, ha vissuto questa esperienza fortunata, lascia con il fiato sospeso per la maestosità dell’opera ingegneristica.
In Puglia l’acquedotto entrò in funzione nel 1915, quando  arrivarono “le prime acque sorgentizie di Caposele. I pugliesi -  scrisse l’avv. Vincenzo Caruso -  forse erano ignari di possedere e godere del più Grande Acquedotto del mondo per lunghezza e portata”.
Sabato 24 aprile 1915 l’acqua zampillò a Bari e in altri 20 comuni della provincia, anche se mancavano ancora, ma erano a buon punto, le diramazioni primarie per la Capitanata e per il Salento, che furono ultimate nel  giro di tre anni.
“In totale le fontanine pubbliche – annota ancora Vincenzo Caruso nella sua opera – e quindi le relative reti urbane, con l’entrata in esercizio delle forniture private, a fine 1918, erano presenti in 46 comuni, dei quali 37 in provincia di Bari, 7 in quel di Lecce compreso Taranto, 1 rispettivamente a Calitri, Venosa a disposizione del  fabbisogno di 1.017.612 abitanti nel complesso”.
Un immediato ed enorme beneficio per i pugliesi che, nonostante il periodo bellico, ebbero a portata di mano un elemento primario come l’acqua sia per la loro salute fisica che economica. Le fontanine pubbliche erano affollate di secchi, barilotti, damigiane ed ogni sorta di recipienti.
Ma, sottolinea Caruso nella sua Storia dell’Acquedotto, i “maggiorenti pugliesi non apprezzarono abbastanza la svolta che provenne dalla splendida struttura acquedottistica nella Regione. Il Governo ne fu consapevole tant’è che con Decreto Luogotenenziale del 30 settembre 1918, n.1493 riservò allo Stato su ogni altro avente diritto l’uso per fini militari (la Marina da guerra di Taranto) della forza motrice ricavabile dai “salti” di Villa Castelli (LE) e Grottaglie”.
I cittadini pugliesi drasticamente insorsero contro questo ed altri provvedimenti. Tuttavia  la “guerra per l’acqua” andò avanti ancora per molti anni prima della  conclusione finale con l’istituzione dell’E.A.A.P..
L'avv. Vincenzo Caruso ( a braccia conserte)

Il palazzo dell'Acquedotto pugliese a Bari in stile romanico pugliese e marmi di Trani


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CHI ERANO?
Antonio JATTA (nato a Ruvo di Puglia 1853-m.1912), figlio dell'archeologo Giovanni, fu agronomo vicino alla causa dei contadini ed uomo politico italiano. Nel 1903, dopo la morte di Giovanni Bovio (n. Trani 1837- m. 1903) fu eletto deputato nel collegio di Trani e Corato. Si dedicò pure a promuovere ricerche archeologiche (pulo di Molfetta, Dolmen di Bisceglie ecc.).
Matteo Renato IMBRIANI (n. Napoli 1843- m.1901) fu patriota risorgimentale - garibaldino nel 1860 -  ed uomo politico "scomodo". Deputato dal 1889.

Antonio JATTA


Matteo Renato IMBRIANI
Corato, statua bronzea di Imbriani (1905)



Achille Cusani, Il grande sifone del Salento, Gius. Laterza & figli, 1928;
Vincenzo Caruso, Compendiario sugli acquedotti pugliesi e lucani, Liantanio, Palo del colle, 1976;
Luigi Masella, Acquedotto Pugliese, Franco Angeli, 1995;
Michele Viterbo, La Puglia e il suo Acquedotto, Laterza, 2010;
F. Amati - G. Brescia, Nel segno dell'acqua, Laterza, 2011.

domenica 2 ottobre 2016

ROMA: Congresso 2016 ATTACCAMENTO e TRAUMA




Roma. con una partecipazione di oltre 1000 persone provenienti da più di 40 paesi, si è svolto a Roma, presso il teatro Brancaccio, una nuova edizione del Congresso Attaccamento e Trauma, ove hanno relazionato specialisti del settore: Allan SCHORE, Vittorio GALLESE, Stephen PORGES, Rachel YEHUDA, Diana FOSHA, Paul GILBERT, Jon KABAT ZINN, Kathy STEELE, Pat OGDEN, e Daniel SIEGEL, alcuni dei massimi esperti mondiali nell’ambito dell’Attaccamento, del Trauma, della Neurofisiologia, della Mindfulness e della Psicoterapia. L’obiettivo è stato pienamente raggiunto: comprendere con modalità pluridisciplinari i profondi e sottili legami tra esperienze di vita, predisposizione genetica, relazioni e compassione, in modo da poter creare nella pratica clinica le condizioni necessarie alla accoglienza della sofferenza dell’Altro e alla co-costruzione di un percorso di cura e trasformazione. Alcuni brevi input emerso da ogni Autore sono doverosi. Ragionando in termini di  epigenetica, Schore (2003) comunica che le esperienze precoci di attaccamento identificate dall’amore reciproco tra madre e bambino e descritte da Darwin come “una delle emozioni più forti che la mente sia in grado di elaborare”,  lasciano un’impronta indelebile sull’emisfero destro dell’individuo, influenzandone il funzionamento durante l’intero corso della vita. L’esperienza relazionale dell’insorgere di un sentimento di amore reciproco tra la madre e il bambino (2-3 mesi di vita) determina una serie di cambiamenti neuroplastici non soltanto all’interno del cervello del neonato, ma anche all’interno di quello della madre. La teoria polivagale di Stephen Porges, amplia la nostra comprensione dei comportamenti normali e atipici, della salute e dei disturbi psichiatrici. La maturazione del sistema nervoso autonomo forma la “piattaforma” neurale sulla cui base poggiano il comportamento sociale e lo sviluppo  di relazioni fiduciose.Vittorio Gallese , autore di numerose ricerche e articoli sui neuroni specchio e sulla neurofisiologia, ha mostrato come la prospettiva ampiamente condivisa che l’esperienza di una data emozione e l’espressione della stessa rappresentano due processi distinti e separati, può essere studiato in maniera opposta, cioè il comportamento connesso con un’emozione specifica fa parte dell’emozione stessa. Presentando una ricerca con i giovani vittime di traumi e trascuratezza. Rachel Yehuda ha portato dati di recenti progressi in biologia molecolare, genomica ed epigenomica per comprendere gli effetti a lungo termine dello stress, e la trasmissione intergenerazionale di un effetto dello stress particolarmente duraturo, il trauma. La maggior parte della ricerca è stata condotta su figli adulti di genitori sopravvissuti all’Olocausto:  sembrerebbe che gli effetti del trauma possono trasmettersi alla generazione successiva.

Paul Gilbert ha presentato la terapia focalizzata sulla compassione, i blocchi di paura e la resistenza alla compassione. La TFC si avvale degli interventi basati sull’esposizione e, pertanto, è centrale facilitare le persone ad accrescere le proprie capacità di vivere e tollerare le emozioni affiliative. Kathy Steele ha saputo trasmettere con chiarezza la comprensione e trattamento della vergogna cronica. Come essere e con-vivere con la vergogna (nostra e dei pazienti) con curiosità e compassione, trovando la maniera per sintonizzarci profondamente con essa, e ripararla, all’interno di uno spazio terapeutico. Non sono mancati  lavori  terapeutici filmati presentati da Diana Fosha, Pat Ogden:  mostrano un’attenzione al corpo e al “qui e ora” nella relazione terapeutica, e l’importanza per i  terapeuti di impratichirsi nella consapevolezza mindfulness. Come poi hanno mostrato dal vivo e in diretta Jon kabat-Zinn e Daniel Siegel, in un’esperienza  condivisibile,  coinvolgente e rivelatrice della potenza della consapevolezza, attraverso il respiro nel corpo. Da rimarcare anche la parte artistica, di grande effetto: l’interpretazione di due coreografie,  che seguivano l’argomento trauma e attaccamento in maniera suggestiva. Chi fosse interessato – è stato preannunciato – potrà  partecipare a una nuova edizione dell’incontro, in Settembre 2017.  (Neus Lopez Calatayud)



Si segnala che il 19 NOVEMBRE 2016 si svolgerà, a BARI,  anche con la collaborazione del SIEB, LA GIORNATA IAT 2016 sul tema TRAUMA E RINASCITA. Parteciperanno come relatori didatti dell'area pluridisciplinare (psicoterapia e counselling,  neuropsichiatria, medicina legale e psichiatria forense). Seguirà annuncio definitivo a giorni. PARTECIPATE all'evento pugliese. 

sabato 1 ottobre 2016

TOMMASO MORO ALLA CASA CAVA DI MATERA: UTOPIA DALLA A ALLA Z.









        MATERA, Casa Cava, Settembre 2016.
Si, l'ho visto lungo via Bruno Buozzi, poi è risalito verso il duomo incontrando il
conte Gian Carlo, suo contemporaneo.  E' ridisceso per risalire su via d'Addozio e
quindi giungere solerte alla Casa Cava -
       Era proprio lui, Tommaso Moro (Sir Thomas More), l'uomo politico e umanista inglese vissuto nel '500, cancelliere del regno, oppositore del suo re Enrico VIII  che mirava a porsi a capo della Chiesa in Inghilterra, quindi processato e condannato a morte.  Infine e soprattutto, autore di ''Utopia'' (dal greco 'ou'=non; e 'topos'=luogo; che significa ''non luogo''), opera per cui egli ha coniato nella storia l'omonimo termine, e di cui quest'anno ricorrono i cinquecento anni dalla sua pubblicazione.
 Ieri lui, Sir Thomas, è tornato fra noi vibrante, a proporsi su questa ''cosa irrealizzabile'',  l'utopia, dissacrata o posta sugli altari, disprezzata o beatificata, vilipesa o celebrata, ricordando a noi tutti che la sua isola immaginaria (Utopia), è vissuta da cittadini benevoli in comunanza di beni, con un governo di saggi, dove pure tutte le religioni sono ammesse, e...  tanto altro ancora.
Ho avuto la sensazione che il Sir riprendesse i relatori timidi o pessimisti, i titubanti o gli arrendevoli, gli esperti del ''Si, ma...'' berniano, gli almanaccatori della vita e della storia.  Con lo scorrere delle disserzioni, sembrava talvolta anche essere messo nell'angolo, da qualche sciabolatore esperto che tentava di infilzarlo.
       E' stata una lotta resistente e piacevole allo stesso tempo, la tre giorni dedicata a lui e alle sue speranze, attese e criticità.  Ovviamente non solo per la capitale della cultura 2019, ma anche per il significato ampio e globale che il termine sottende per la contemporeaneità tutta, alla ricerca instancabile di un equilibrio umano.  Ho detto a qualche amico incredulo sulle ''prove'' di un'utopia credibile e tangibile, di consultare la storia di Matera, passato e presente, croci e delizie, con le nega-
tività e le effettività, a mo' di ''riscontro'' della sua realizzabilità.
       E' l'aria che si respira in quell'antico granaio, ora auditorium utopico della capitale, che fa lievitare la nostra consapevolezza di cittadini ridestati e non più dimenticati dalla storia, emozionandoci nell'ascoltare gli oratori o guardandoci l'un l'altro stupefatti.  Osserviamo una nuova realtà della città, un mix di tanti turisti sensibili e cittadini dinamici, di osservatori, studiosi e popolazione incredula, tutti accarezzati e sollecitati dal sapere. Quel sapere che nutre la mente.
       L'incontro è stato promosso e realizzato nell'ambito della VI edizione di ''Materadio'', con
titolo 2016 ''Utopia: dalla A alla Z'', invitando nella Città dei Sassi vari osservatori. Si tratta, per chi non conosce questo appuntamento, divenuto ormai rituale ed atteso, di convegni, teatro, concerti,ecc. trasmessi in diretta su RadioTre, dalla Casa Cava e altre location limitrofe della città, con puntualità inconsueta (per eventi meridionali), dovuta appunto ai collegamenti con le trasmissioni.   Confidenza amabile hanno preso gli ascoltatori anche con gli intercalari dei cicalecci radiofonici, i notiziari, l'ora esatta, ecc.  Segnaliamo l'ilarità del conduttore-direttore di RadioTre, Marino Sinibaldi, sempre arguto e capace di rialzare l'attenzione del pubblico.  L'ansia di entrare in quella location straordinaria ma limitata nello spazio e nei posti disponibili, purtroppo, pur se mitigata da un ampio schermo esterno di rimando, rimane anch'essa un rituale di ogni anno, per ritornare ad esserci, come ad una prima di teatro e crederci. All’Utopia cui vogliamo ancora credere in questo mondo dissonante. (Italo Zagaria)



                                              
                                                                         

R. Magritte - Le Savoir La porta Socchiudo la porta: s'intravede la luce La via non è fuori  È nel buio più intenso  nella parte più osc...