venerdì 18 febbraio 2011

GRAZIE BENIGNI. Della lezione magistrale di cultura

Grazie Benigni. Grazie di cuore. Ci hai tenuti incollati al video ricordandoci che la televisione può essere di cultura e promuovere cultura. Come non succedeva da tempo. Ci hai rimandati ai banchi di scuola "virtuali" del maestro Manzi che negli anni iniziali delle programmazioni di MammaRai ha alfabetizzato tanti italiani. Dopo l'ingresso in teatro su di un cavallo bianco, il grande attore ha dosato con sapienza silenzi, mugolii e tempi comici per parlare anche di quello di cui non voleva parlare: e così ha dato lezioni di vita agli "imperatori malati" e  lezioni di storia agli ignoranti sfacciati che fanno politica.
Proprio in un convegno medico sulla riabilitazione , tenutosi oggia Bisceglie, un colto " tecnico" della regione Puglia ci narrava con amarezza che, in una riunione romana con altri "tecnici", qualcuno aveva scherzato con un aggettivo non proprio frequente all'indirizzo di un collega chiamandolo "canuto": tutti si sono fermati (tutti laureati) a chiedere cosa significasse "canuto". Ahi, piccola e grande Italia cantata e difesa da Benigni. Abbiamo tutti bisogno di te, Benigni. e delle tue commoventi e travolgenti narrazioni. Vere e proprie lezioni. Torna in tv. Per alfabetizzarci. (achille miglionico) 

mercoledì 16 febbraio 2011

ATTUALITA' - Stragi di cani - dal Canada alle nostre città

Qualche settimana fa alcuni organi di stampa hanno battuto una notizia che ha fatto accaponare la pelle ai lettori meno cinici: un centinaio di cani da slitta era stato brutalmente soppresso in Canada, ad aprile, dopo la conclusione dei Giochi Olimpici invernali. Erano stati allevati e addestrati per l'occasione e, una volta conclusa la manifestazione, non servivano più e l'organizzazione non trovava altri modi per gestirli. Una vicenda disumana venuta alla luce dopo che il lavoratore incaricato della carneficina, perpetrata personalmente con armi da fuoco e da taglio, aveva ottenuto un rimborso per lo stress post-traumatico dovuto a questo incarico.

La condanna verrebbe immediata, anche se i fatti non andrebbero giudicati sulla base di scarne informazioni, senza un'adeguata indagine. Ed è quello che sta avvenendo. La CBC canadese riferisce le autorità locali stanno investigando, sequestrando documenti che possono accreditare le responsabilità. Avevano cercato di fermarli adducendo motivazioni di privacy sui dipendenti, ma il giudice provinciale Joanne Challenger ha rigettato sulla base che "l'interesse pubblico nell'investigazione del crimine supera l'interesse pubblico nel mantenere la riservatezza" - un'argomentazione di stretta attualità anche in Italia, in altri campi.

Così come quello dell'approccio al mondo degli animali. Un'ennesima polemica aveva travolto Angiola Tremonti, sorella del Ministro dell'Economia e consigliere comunale di Cantù, che avrebbe proposto di abbattere gli ospiti del canile circondariale per abbattere i costi di gestione. L'interessata, dopo aver ricevuto minacce e ingiurie, ha smentito di aver mai proposto nulla del genere, ma intanto il polverone - vero o falso che fosse - ha riportato all'attenzione pubblica il problema della gestione del randagismo, nel delicato equilibrio tra sicurezza della comunità e diritti degli animali.

Nei limiti delle leggi vigenti, ciascuno è ancora libero di avere la propria opinione sulla dignità di esseri viventi che hanno i cani e tutto il resto del loro regno. E' però ingenuo pensare che basta un contributo economico minimo per tenere in piedi un decente canile? E' ingenuo immaginare che il centinaio di cani da slitta, perlopiù husky, avrebbe potuto trovare altrettanti padroni, gratuitamente o a pagamento, se solo la Howling Dog Tours avesse compiuto lo sforzo di mettere degli annunci? In uno scaricabarile, l'azienda - ora in fermo - ha parlato di "eutanasia" per cani troppo vecchi per essere curati o adottati.
Noi aspettiamo un responso della magistratura canadese e, se possibile, una reazione dei legislatori del Paese.

sabato 12 febbraio 2011

TEATRO - Brachetti, ciak si gira!

di Michele Miglionico

"Non crederete ai vostri occhi" è uno slogan che ha perso significato, tanto è stato abusato. Eppure è il caso di rispolverarlo, perché è quello che realmente succede quando si assiste a uno spettacolo come questo. Ci sarà pure un motivo se Arturo Brachetti è uno dei nostri artisti più noti nel mondo e se è entrato nel Guinness dei Primati per le sue capacità di trasformista.

Il titolo, Ciak! Si gira, anticipa il tema della performance, vale a dire un grande omaggio del teatro al cinema, ed è difficile concepire un altro modo migliore per farlo su un palcoscenico. Brachetti racconta il suo amore per i film sin dai tempi dell'infanzia e lo fa con nostalgia e umorismo, interagendo con il pubblico delle prime file e con i bambini in sala. Questi rappresentano solo brevi intermezzi tra i vari siparietti in cui il genio interpreta decine di personaggi, senza temere che siano maschi o femmine, umani o animali o mostri. Se restano più impressi i suoi fulminei cambi di costume - già dalle prime scene, con classici per ragazzi come Zorro, l'Uomo Ragno e Crudelia De Mon - non si devono sottovalutare l'uso che fa delle ombre cinesi, né soprattutto degli oltre venti caratteri che riesce a evocare con il solo uso di un particolare "cappello" che, nelle sue mani, si modella con una facilità e un'efficacia difficile da rendere per iscritto.

Per l'occasione viene recuperato anche il suo precedente tributo a Federico Fellini, ma è superfluo anticipare tutti i momenti previsti dalla scaletta.

La girandola di costumi è rinforzata da una scenografia altrettanto mutevole e viva, degna di un teatro stabile, da effetti speciali di raro riscontro e da un uso ineccepibile di luci e suoni. Tutto questo non sarebbe possibile senza l'apporto degli anonimi e invisibili assistenti del maestro.

Un'avvertenza per i genitori più premurosi: Arturo Brachetti si lascia "prendere la mano", per sua stessa ammissione, e potreste ritrovarvi in imbarazzo per alcune battute a sfondo sessuale o durante l'inquietante ed efferato siparietto dedicato al cinema horror.

Eppure, è quel genere di spettacolo a cui tutti dovrebbero assistere almeno una volta nella vita, alla stregua di un pellegrinaggio prescritto dalla legge.

sabato 5 febbraio 2011

TEATRO - Le allegre comari di Windsor


di Michele Miglionico
Una maestosa scultura della regina Elisabetta I in trono occupa buona parte della scena. Con grande irriverenza, è tra le gambe della cosiddetta Vergine di Ferro che avviene l'andirivieni dei personaggi tra un ambiente all'altro.
Questa commedia fu commissionata al Bardo proprio dalla sovrana omaggiata e dileggiata dallo scenografo Luigi Perego. E si sente, in questo testo, una mancanza di personale ispirazione da parte del più grande drammaturgo della storia, impegnato a metter giù una farsa da manuale - nel senso dispregiativo del termine. Questa superficiale analisi serve ad avvertirvi che il testo, di per sé, non ha la forza del classico Shakespeare.
Eppure l'adattamento del regista Fabio Grossi e di Simonetta Traversetti ci mette nel suo, infarcendolo di un linguaggio scurrile lontano dall'idea e dal ricordo che abbiamo del dialogo poetico del commediografo inglese. Una scelta dettata dalla necessità di adeguarsi ai tempi? Qualche risata in più la si guadagna, ma a che costo?
Per fortuna a catalizzare le nostre attenzioni c'è il magnifico Leo Gullotta, irriconoscibile e trasfigurato nel corpo, nella voce e nell'atteggiamento richiesti dal ruolo dell'obeso Sir John Falstaff - convincente e irresistibile, per farla breve. A seguire, le protagoniste che danno il titolo all'opera, la signora Page (Rita Abela) e la signora Forge (Valentina Gristina), comari volutamente sopra le righe, con i loro falsi melodrammi e le loro risate stridule, burattinaie di tutta la serie di scherzosi complotti ai danni di Falstaff, colpevole di aver cercato di sedurre entrambe per attingere ai loro patrimoni.
La commedia è corredata da comprimari machiettistici, come il Dottor Caius, medico francese, e Sir Evans (Paolo Lorimer), il curato gallese, costretti ad accentuare i loro tratti caratteristici - nel primo caso una parlata a metà tra il francese e l'italiano/inglese, nel secondo caso un latino ecclesiastico da manzoniano "latinorum"; così come Monna Quickly (Mirella Mazzeranghi), i cui dialoghi sono infarciti di giochi di parole dettati dalla sua ignoranza, o il gaio Slender (Fabrizio Amicucci). Tutte scelte che, all'atto pratico, minano la fluidità e la comprensibilità delle battute. Un problema riscontrabile anche negli stacchi musicali previsti e che è bene aspettarsi.
Tirando le somme, i grandi sforzi del pur buon cast, aiutato da un ottimo lavoro di scenografi e costumisti, per colpa di limiti intrinseci della piéce e della regia, portano a risultati non all'altezza delle aspettative e delle energie profuse. Il che è un vero peccato.
Visto il 04/02/2011 a Barletta (BT) Teatro: Curci

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