domenica 15 ottobre 2017

LIBRI, LIBRI. Che rapporto tra il pittore De Nittis e l'isola di Pasqua? Solo i LIBRI collegano il mondo ed al mondo




Giuseppe De Nittis
Parigi. Camminando d'estate nei pressi della Sorbona, al 52, Rue des Ecoles, incontro tra le altre (quanti libri cartacei per il Quartiere Latino!) la Librairie Galerie De La Sorbonne, ove è possibile la compravendita di libri ("occasions & soldes d'editeurs"). 




Come non entrare? 
Come non acquistare qualcosa? 
Mi ritrovo all'uscita con due volumi che trovo oltremodo interessanti: il catalogo della mostra tenutasi al Petit Palais dal 21 ottobre al 16 gennaio 2011 dedicata al grande pittore impressionista Giuseppe De Nittis ("La modernità élégante"), nato a Barletta. E' bello veder apprezzata l'opera del grande artista pugliese.


Altro libro, altra storia. 















 
Testa di moai dalla spedizione di
Alfred Metraux all'Isola di Pasqua (1935)
Dispongo di una esauriente bibliografia sulla cultura Rapa Nui (isola di Pasqua); ebbi modo di visitare e studiare l'isola nei primi anni del Duemila.  Cercavo una opera di Alfred Metraux, un libro che mi manca e che raccoglie tutto il materiale scientifico della spedizione belga del 1934-1935: Ethnology of Easter Island (1940). Non c'era. 
Accidenti me lo sono perso su di una bancarella di usato a Barcellona, anni fa  e mi mordo ancora le mani (costava un "botto", direbbero i giovani, e vi rinunciai). 


Ho trovato un altro libro o, meglio, un libro ha trovato me: 

la edizione francese della Amilcare Pizzi Editore (1996) Voyage vers l'Ile mysterieuse de la Polynesie a l'Ile de Paques, 20 avril-15 septembre 1996. E mi si é riaccesa tutta la memoria dei giorni trascorsi sull'isola che aveva caratterizzato la tensione esploratrice ed antropologica della mia adolescenza. Nell'archivio 2008 di INCULTURA (www.incultura.com) vi è ancora disponibile quanto raccolsi di miei scritti su di un pdf:  Cultura Rapa Nui. 
Al Museo di Quai Branly che ho visitato di recente è stato trasferita la testa di moai detta di Loti,  che avevo visto la prima volta presso il Musee de l'Homme, al Trocadero. Al Branly si può ammirare nell'area dell'Oceania qualche manufatto ligneo pasquense.




Trasformare ogni escursione, passeggiata per incontrare. E' l'augurio che (mi) faccio sempre. (a.m.)

RITORNO a CETARA: quando assaporare diviene cultura


CETARA: STORIA, CULTURA, PESCA, NAUTICA e GENTE ACCOGLIENTE


Ci piace parlare di gente accogliente perché non è così dappertutto. A 5 km da Vietri sul mare, proseguendo per la statale 163, che costeggia tutta la fascia costiera fino a Positano, s'incontra Cetara, paese di pescatori; il suo nome, infatti, deriverebbe dal latino cetaria “tonnara” o da cetari "venditori di pesci grossi". Cetara, fascinoso e raccolto borgo marinaro in costiera Amalfitana, è a pochi km da Salerno e conta sopra i duemila abitanti. Nel 1534 i turchi, forti di 22 galee e capeggiati da Sinan pascià  (Sinanüddin Yusuf Pasha), ammiraglio ottomano, schiavizzarono gran parte della popolazione: almeno trecento persone. Chi si opponeva all'imbarco fu sgozzato. Ed è appunto per difendersi da simili attacchi che venne costruita la Torre vicereale. Dunque Cetara condivide storicamente un massacro di matrice religiosa come la pugliese Otranto (ed i suoi martiri).

Cetara non è famosa solo per la colatura di alici: pare discenda indirettamente dal garum, l’antica (e puzzolente) salsa di pesce usata dai romani per insaporire i loro piatti. È il liquido che si ricava attraverso un procedimento laborioso di pressione delle alici in barili. A fine anno si procede alla raccolta della colatura che è prima filtrata con appositi cappucci di tela, poi imbottigliata e lasciata a riposare sui davanzali, coperta da mazzetti di origano. Molti contenitori di alici sono sotto il piano stradale del porticciolo, ci ha detto il cordiale Antonio, al ristorante "Punto e Pasta". Ma è l'atmosfera della costiera ad avvolgere quanti scoprono il borgo.






Mangiare a Cetara non è un problema (se si è prenotato è meglio, soprattutto in una giornata di sole che richiama molti visitatori).  Ci sono una ventina di posti ove mangiare un mediterraneo tutto locale Vogliamo soffermarci sulla competenza e simpatia di un ristorante piccolissimo ma di eccellenza: Punto e Pasta. Si può passare per caso e non notare quella che è fondamentalmente una osteria senza grandi pretese. Noi siamo rimasti colpiti dalla semplicità umana e dai sapori dei piatti offerti. A noi piace parlare di chi è competente e umile allo stesso tempo (tra tanti chef-divi che hanno bisogno di ritrovare la "semplicità" solo rientrando a casa in messaggi pubblicitari). (a.m.)

Il cuoco Sig. Antonio De Crescenzo sorride anche lui pur nella frenetica attività.

Ravioli di ricotta di bufala con pomodori datterini gialli: la presenza non aggressiva di  colatura di alici si amalgama meravigliosamente. Ottimi anche gli scialatielli con mandorle, alici e finocchietto e tanto altro.

Pochi coperti e tanta gentilezza al "Punto e Pasta", al 14 di Corso Garibaldi. 

Discrezione e simpatia dello staff


lunedì 9 ottobre 2017

PAESTUM: un archeo-parco di straordinaria bellezza




Vi proponiamo oggi una escursione di grande respiro culturale: Capaccio-Paestum, città di oltre ventimila abitanti a sud di Salerno: il parco archeologico ingloba la città romana sorta sulla colonia greca di Poseidonia, nei pressi della foce del Sele. La lunga linea di costa, con spiagge sabbiose larghe anche decine di metri, è arricchita da macchia mediterranea  ricca di pinete; segue una vasta pianura, intensamente coltivata. 

La zona archeologica di Paestum, che è uno dei principali siti archeologici del mondo, con annesso un  museo nazionale, è riconosciuta dall'UNESCO come patrimonio dell'umanità. Vi si possono ammirare - già arrivando in auto -  tre templi greci fra i meglio conservati del mondo. Via Magna Grecia, strada comunale, divide in due l'antica città. L'abbiamo visitata in un giorno di bel tempo il che ha favorito una affluenza di pubblico tale da mettere in crisi qualunque sforzo organizzativo ma, ad onor del vero, anche nell'intasamento assurdo del rientro serale  verso Salerno, non abbiamo - ahinoi - visto pattuglie di polizia urbana che incanalassero i flussi di traffico (la presenza di qualche divisa non avrebbe guastato, insomma). 


IL TEMPIO DI ATENA (“DI CERERE”)


Sappiamo a quale divinità fosse dedicato: Atena, la dea dell’artigianato e della guerra.
Dal punto più alto della città, a nord degli spazi pubblici, il tempio della dea  dominava l’area. Già la prima generazione di coloni greci aveva costruito qui un piccolo edificio per la dea (“oikos”). Solo verso il 500 a.C. fu realizzato poi l'attuale tempio che si è conservato fino alla cornice del tetto. La parte interna (“cella”), che è elevata rispetto al colonnato era accessibile attraverso un’ampia anticamera (“pronaos”) decorata con colonne ioniche.



IL TEMPIO “DI NETTUNO”

Non è sicura la attribuzione a Poseidone-Nettuno. È il più grande tempio di Paestum e quello meglio conservato. Realizzato verso la metà del V sec. a.C., rappresenta la declinazione classica dell’architettura templare greca. Nello stesso periodo a Olimpia, in Grecia, si costruiva il grande tempio di Zeus, che però è conservato meno bene di questo.
Il tempio è costruito con enormi massi collegati tra di loro tramite semplici tasselli e senza malta: questa tecnica costruttiva ha consentito all’edificio di resistere a terremoti e altre calamità naturali.
Se oggi mancano, come nel caso degli altri templi, i muri del corpo interno (“cella”), ciò è dovuto al riutilizzo dei blocchi da parte degli abitanti del luogo nel medioevo e in età moderna.


IL TEMPIO PIU’ ANTICO, QUELLO DI HERA

Appartiene alla prima generazione dei grandi templi di pietra e fu iniziato intorno al 560 a.C. Mancano i frontoni e l’impianto non è ancora quello canonico; la sala interna è divisa da una fila di colonne centrali, come accade nelle antiche architetture in legno. Per molto tempo la sua funzione non è stata  chiara e, ancora oggi, viene chiamato “Basilica” - come pensavano gli eruditi del 1700 -  anche se è ormai provato che fosse  un edificio di culto. Reperti e iscrizioni suggeriscono che dovrebbe trattarsi del tempio di Hera, protettrice degli Achei e sposa di Zeus.

Da giugno 2016 è stato dotato di un percorso senza barriere architettoniche. 


IL MUSEO 


Il Museo è ben strutturato, difettano chiare indicazioni e si rischia di pensare che tutto l'esposto sia attinente al sito del Parco. Anche la tomba del Tuffatore proviene da altro sito archeologico: una tomba a cassa del 470 a.C. decorata all'interno sulle pareti da scene di simposio; la scena del Tuffatore appartiene alla lastra di copertura. Fu scoperta dall'archeologo Mario Napoli (1915-1976) nel 1968, in località di Tempo del Prete, a 1,4 km a sud di Poseidonia, in una piccola necropoli. I partecipanti al simposio sono raffigurati nel momento finale, quando si lasciano andare ai piaceri dei sensi, alla musica, al canto, al gioco del kottabos, che consisteva nel lanciare con abilità una goccia di vino su un'altra coppa. 
Nel mirare le lastre aperte con i capolavori si rimane rapiti, come capita dinanzi all'inesprimibile che solo l'arte sa esprimere. (tina ardito).

Il Tempio di Athena

Mongolfiere sul Parco

Strada romana e tempio di Nettuno

MUSEO. Ercole (Eracle per i greci) uccide il gigante Alcioneo (metope dal santuario di Hera Argiva, a Foce Sele, 570-560 a.C.)

Il mito di Sisifo (che da il nome ad un copione berniano): si noti la figura diabolica che tira giù il povero Sisifo e gli impedirà di arrivare alla sommità.

Dall'Iliade: il suicidio di Aiace

La famosa tomba del Tuffatore: scene del simposio

Il tuffatore: un passaggio simbolico dalla vita alla dimensione ultraterrena?

Un demone trasporta nell'Ade

Ci ha colpito la donna con anfora sul capo: come in uso sino a 50 anni fa nel Sud).

Le officine pestane erano assai attive e sofisticate: nel Museo l'Anfora del "pittore di Afrodite" e tanti manufatti pregiati;  il vaso con il Ratto di Europa firmato da Assteas ("capolavoro assoluto della ceramica italiota", 375-350 a.C., recuperato dai CC nel 2009), non è più presente ed è esposto nel Sannio, Castello di Montesarchio)

lunedì 2 ottobre 2017

NOBEL MEDICINA AI 3 "RAGAZZI" che hanno scoperto come funziona l'orologio biologico del ritmo circadiano



Il Premio Nobel per la Medicina 2017 è stato assegnato congiuntamente agli scienziati americani Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young per aver indagato e scoperto il meccanismo molecolare che controlla il ritmo circadiano, ossia il comportamento del cosiddetto “orologio biologico”, che accomuna tutti gli organismi biologici, dalle piante agli esseri umani: gli esseri viventi sulla Terra riescono a regolare i loro ritmi biologici in sintonia con l'ambiente, ad esempio con l'alternarsi di luce e buio, nota conseguenza della rotazione della Terra. 


Grazie moscerino!


Studiando il Dna degli organismi più semplici e più studiati dai genetisti, i famosi moscerini della frutta o dell'aceto (Drosophila melanogaster), i ricercatori sono riusciti a isolare i geni che regolano questo comportamento universale, attraverso le proteine che essi codificano. La Drosofila è un insetto noto a tutti quelli che studiano biologia e genetica e ricorda tanti esami universitari: è piccolissimo da allevare in laboratorio, ha una generazione di due settimane con una produttività elevata, le larve mostrano nelle ghiandole salivari cromosomi giganti (c. politenici) che sono una "pacchia" per i genetisti; il genoma è stato decodificato prima del 2000. Insomma grazie a questo minuscolo insetto la scienza ha fatto passi avanti "giganti" (come i cromosomi). I geni coinvolti sono in ordine cronologico di scoperta:
  •  il gene PERIOD (1984): codifica la proteina PER che si accumula durante la notte e viene degradata durante il giorno con un ciclo di 24 h in sincronia con il ritmo circadiano; 
  • il gene TIMELESS ("senza tempo", 1994): codifica un'altra proteina la TIM;
  • il gene DOUBLETIME che codifica un'altra proteina coinvolta nella regolazione.
Dalla interazione di tali elementi si attiva e mantiene l'orologio biologico.


Che cosa è un ritmo circadiano? ci interessa perché dormiamo sempre meno e male.

Viene dal latino circa diem, intorno al giorno (24h), un ritmo caratterizzato da un periodo di 24h. 
In soggetti che si sono volontariamente isolati in grotte (speleonauti) e senza stimoli esterni si è sperimentato che il ritmo circadiano sonno-veglia può essere progressivamente allungato, sino ad arrivare a "giornate" di più di 36 ore. 
Fondamentale come regolatore dell'orologio interno appare quindi il ruolo della luce solare. 
Al sole-buio si svolge la nostra vita e non è possibile che il sonno sia meno importante della veglia. Nel sonno si apprende, si rottama ciò che non è utile o dannoso, si restaurano vie nervose e si incrementa la plasticità neuronale, si sogna (nella fase REM), insomma si riposa con modalità per nulla passive come potrebbe dire chiunque a chi dorme (il famoso "chi non dorme non piglia pesci"). Il sonno è straordinariamente "attivo" e promuove salute.


Alan Rechtschaffen, un grande studioso del sonno, ha scritto una frase provocatoria sul tanto bistrattato sonno: "Se il sonno non serve a una funzione assolutamente vitale, allora si tratta del più grande errore che l'evoluzione abbia mai fatto". In molti convegni specialistici il prof. Giovanni Biggio, approfondendo il ruolo della melatonina nel SNC, ha sottolineato quanto la deprivazione di sonno e la cattiva qualità dello stesso siano all'origine di molti cali prestazionali, molti incidenti mortali, molti disagi/disordini mentali di interesse neuropsichiatrico. Ognuno ha da dormire quanto programmato da filogenesi e ontogenesi (un adulto almeno sei-sette ore al giorno). Studiare bioritmi e in particolare il ciclo circadiano ci focalizza sulla importanza della tutela igienica del sonno. Le dissonnie (i disturbi del sonno) sono diventati da anni uno dei principali obiettivi di intervento terapeutico: il sonno alterato è sintomo di malessere in ascesa ma genera di per sé psicopatologia tanto che la nosografia ultima del DSM5 parla di malattia in sé. Negli ultimi dieci anni molti ricercatori invocano la eccessiva digitalizzazione della nostra vita: a 4 anni di vita il 64% dei bambini usa il tablet in USA (com.pers. di Biggio, che ha lanciato l'allarme). 


I TRE "RAGAZZI" che studiano gli orologi biologici dagli anni Ottanta


Hall, 72 anni, è nato nel 1945 a New York e si è laureato nell'università di Washington a Seattle. Dal 1971 al 1973 ha lavorato nel California Institute of Technology (Caltech) di Pasadena. Nel 1974 si è trasferito nella Brandeis University di Waltham in 1974 e nel 2002 in quella del Maine.
Rosbash, 71 anni, è nato nel 1944 a Kansas City e si è laureato nel 1970 al Massachusetts Institute of Technology (Mit). Nei tre anni successivi ha lavorato in Europa, nell'università scozzese di Edimburgo, e nel 1974 è rientrato negli Stati Uniti e da allora ha lavorato nella Brandeis University.
Young, 68 anni, è nato nel 1949 a Miami e si è laureato nell'università del Texas ad Austin nel 1975. Da allora fino al 1977 ha lavorato all'università di Stanford e dal 1978 alla Rockefeller University di New York.

(achille miglionico)

R. Magritte - Le Savoir La porta Socchiudo la porta: s'intravede la luce La via non è fuori  È nel buio più intenso  nella parte più osc...