venerdì 30 maggio 2014

Commedia italiana: “Pane e bourlesque”





Un paese del profondo sud d’Italia, totalmente allo sfacelo da quando la fabbrica di ceramiche Bontempi ha chiuso i battenti. Gli ex operai della ditta ormai cassintegrati passano le giornate giocando al fantacalcio in una vecchia sezione sindacale gestita da Frida, una rappresentante sindacale impegnata nelle giuste cause. Nel frattempo Vincenzo e sua moglie Matilde, non riescono più a sbarcare il lunario, e a dar da campare alla loro unica dipendente, la sarta Teresa. Mentre tutto sembra naufragare giunge l’insperato:
Giuliana ,a.k.a. Mimi` La Petite, figlia del defunto Cavalier Bontempi fa ritorno al paesiello dopo più di vent'anni insieme al suo gruppo di Burlesque, le Dyvettes per vendere le proprietà di famiglia. Ma Le Dyvettes ordiscono una truffa ai suoi danni, e Giuliana, ormai al verde, decide di mettere su un nuovo gruppo di Burlesque, arruolando tre compaesane: Matilde, Teresa e la sexy cameriera Viola.
Una trama semplice ma frizzante per una godibile commedia per tutta la famiglia, che fa il verso al celebre film Full Monty, e che segna il debutto di Manuela Tempesta alla regia, laureata al Dams di Roma Tre, ed ex allieva della bottega di sceneggiatura di Sergio Donati. Cast di protagoniste al femminile con Laura Chiatti, Sabrina Impacciatore, Michela Andreozzi, Giovanna Rei, Caterina Guzzanti(Giovanni Balducci) 



venerdì 23 maggio 2014

Istànbul: una città attraverso la storia e i libri. Leggere e andare.

Alcune città storiche hanno tanti nomi da imbarazzare. Salonicco o Tessalonika? Bombay o Mumbai? Le ridenominazioni si succedono come i domini e le culture che si sovrappongono storicamente e geologicamente. Se parliamo di Bisanzio la cosa si fa oltremodo complessa.

L'Imperatore bizantino si affaccia dal Palazzo sull'Ippodromo. Sulla dx Santa Sofia come doveva apparire ai suoi occhi 


Erodoto dice che la Città fu fondata dai coloni di Megara nel 659 a.C. Ci si mise anche l'imperatore Costantino il quale decise, nel 330 d.C., di cambiare narcisisticamente il nome di quei luoghi in Costantinopoli: in realtà si trattò di una ri-fondazione di quella Bisanzio ch'egli intendeva trasformare in una Seconda Roma. Ricapitolando dal 330 d.C. abbiamo: Costantinopoli (latinoConstantinopolisgreco: Κωνσταντινούπολις) o Nuova Roma (latino: Nova Roma, greco: Νέα Ῥώμη) o la Città d'Oro.  Istànbul (ma noi diciamo anche Istambul !) dal 1453 d.C., cioè dalla caduta della città per mano turca.

Alla fine dell'Ottocento  la decadente Costantinopoli era un must per i viaggiatori ed artisti europei; per i Turchi stessi, allora, la città era "Istanbul" ma anche "Kostantîniyye". E' solo dal secolo scorso, con la laicizzazione (1930) della Turchia, che ci si obbligò a parlare unicamente di "Istanbul". Uffa, che fatica, diranno i lettori (se non hanno cambiato pagina dinanzi alla mia pedanteria).

Cosa successe nel 1453, quando sorse il nome attuale? 
Dies infaustus  fu quello del Sacco di Roma (nel 390 a.C. ad opera dei Galli di Brenno), ma  fu un giorno ancora più infausto per l'Occidente cristiano - distratto e  (come sempre) diviso da interessi contraddittori -  quel giorno del 1453 d.C. in cui l'Impero Romano d'Oriente cadde (dopo oltre 1000 anni) ad opera del sultano Maometto II. L'Impero Romano d'Occidente non è caduto in un giorno solo e ci hanno insegnato una data (476 d.C.) che fa da spartiacque storico ma nessun cittadino Romano di allora, se fosse stato intervistato da un giornalista, avrebbe detto che era "caduto" qualcosa: la trasformazione involutiva fu più lenta di quello che ci hanno fatto credere a scuola, fu una lenta agonìa cui Odoacre, deponendo l'ultimo imperatore, diede una ufficialità. 
Naturalmente quando la città più inespugnabile del mondo, Costantinopoli, fu espugnata tutta la storia dell'Europa è cambiata per sempre e le persone rimasero incredule e timorose, come se oggi vedessimo il numero uno del tennis mondiale perdere una partita e scomparire. In un solo giorno, quel giorno. Il sultano (di madre non musulmana) era un guerrafondaio ossessionato dall'idea di conquistare la Prima Roma (Roma, la nostra!) che i turchi chiamavano già Kizil Elma (La Mela Rossa), insomma voleva caparbiamente espugnare ed unificare la intera Europa sotto l'Islam.   Non sazio del successo di Costantinopoli (neanche lui pensava di farcela e probabilmente alla base ci fu un tradimento), Maometto II (un name script impegnativo) mosse guerra all'Europa come tanti suoi predecessori: via terra, nei Balcani, non ce la fece a raggiungere le Alpi per entrare in Italia (come un Annibale d'oriente) ed allora ci provò anche con uno sbarco in Puglia. Fu la sanguinosa guerra di Otranto (1480) che ebbe grosse ripercussioni nella regione. Credo che l'episodio "locale" del Crocefisso di Colonna a Trani, che risale al 1480, sia legato a quella pesante presenza turca lungo le coste pugliesi che furono saccheggiate in più punti (in molti dialetti pugliesi è sopravvissuto il detto "Mamma li Turchi"!).
Trani, la famosa Cattedrale romanica dal molo di S.Nicola

 Infatti ogni 3 maggio, a Trani, si ripete la "festa del  SS. Crocifisso di Colonna". Il 3 maggio del 1480 fu trafugato dai "saraceni"- appunto dalla chiesa di Santa Maria di Colonna -  un Cristo crocefisso in legno al quale fu asportato il naso: il Cristo, tra lo stupore dei "pirati", si dice che prese a sanguinare e quindi il crocifisso fu gettato in mare e finì per approdare in un punto preciso della costa. Va detto che con il termine di "saraceni", con cui si designavano inizialmente solo le popolazioni arabe, si passò a indicare i Turchi quando essi ascesero al potere statale  dell'impero maomettano. E torri saracene erano quelle di avvistamento dei pirati barbareschi e dei saraceni che scorrazzavano lungo le coste italiane razziando e seminando morte: una rete di torri bellissime che consentiva l'allarme. Dopo la sconfitta dei Turchi da parte dell'Europa cristiana nella battaglia navale di Lepanto (1571) le cose migliorarono ma non fu risolto completamente il problema della sicurezza costiera.

Stupisce la caparbietà umana nel farsi del male per presunte diversità ideologiche e religiose: solo ad Otranto che rifiutò di islamizzarsi (28 Luglio 1480) furono massacrati - con modus operandi da SK -  i "Martiri di Otranto" (migliaia e non ottocento come dice la tradizione). Fu solo la morte prematura di Maometto II,  nel 1481, ad imporre un ritiro degli invasori ed un fermo ai piani espansionistici dell'Impero Ottomano. 

In Istanbul, la ex Nuova Roma, un articolo del 2002, richiamammo l'attenzione su una delle città più fascinose del mondo. Personalmente ho avuto la fortuna di visitare "Bisanzio-Costantinopoli-Istànbul" tre volte e non mi basta. 


Santa Sofia ("Sofia" è "sapienza" e non c'entra con "Sofìa" nome femminile)



La prima volta ci sono arrivato con la fretta ed il freddo invernale, prendendo l'aereo e ricordo che il vento glaciale sul Bosforo mi costringeva a cercare ripari impossibili sulla barca: il cielo, il mare e la skyline tendente al seppia (come nelle foto antiche) del tramonto, la visita culturale, tutto mi incantò e mi sembrava di rileggere il romanzo "Topkapi" (The Light of Day di Eric Ambler) da cui fu tratto il famoso film omonimo, con un Peter Ustinov da Oscar (1964). La trama racconta il furto del diamante del Topkapi, il palazzo del sultano. Quando entrammo nel palazzo del sultano o giravo nel bazar mi sentivo infantilmente contaminato da atmosfere di spy-stories: molti film di 007 si ambientano o passano per Istanbul (ricordate il capolavoro di 007-Sean Connery: Dalla Russia con amore?).
86 carati: uno dei più grandi diamanti al mondo






La monumentalità eterogenea della città che si oppone (alla fine integrandosi) a Roma d'occidente mi indusse a riflettere e rileggere anche pagine di storia (non fa mai male la Maestra di Vita). 

Finalmente è uscito un libro tra letteratura e storia.
Il libro della storica Silvia Ronchey e di Tommaso Braccini  Il romanzo di Costantinopoli, Guida letteraria alla Roma d'Oriente (Einaudi, 2010) ci guida attraverso brani antologici alla scoperta di una città con gli occhi e la penna di illustri viaggiatori antichi e moderni. Tanti secoli di descrizioni ed appunti. Libro imperdibile.
Anche Edmondo De Amicis fu grande viaggiatore e scrisse Costantinopoli (v.).

La seconda volta (come si fa a non tornare a Costantinopoli-Istànbul, appena possibile?) ho raggiunto i luoghi in auto (una snella Toyota RAW tre porte, che ai posti di blocco turchi e greci ci faceva sempre inspiegabilmente "passare" senza indugi),  in un percorso stradale che ebbe inizio a Smirne (Izmir). Arrivammo in realtà da Brindisi con un traghetto malridotto e colmo di festanti turchi e curdi che rientravano dalla Germania in patria: un paesaggio umano genuino per semplicità, educazione e senso di famiglia. Molti non avevano che i soldi per il passaggio in coperta (e c'era molto vento). Bambini gioiosi  e giocosi nel vento, mi ricordo. La nave ci sbarcò a Cesme, non senza qualche difficoltà burocratica. A dire il vero già alla partenza l'ancora della vecchia nave (di origine scandinava) si bloccò appena fuori del porto di Brindisi e non fu episodio beneaugurante lo scoppio metallico delle catene avviluppate. Da Istanbul rientrammo attraverso la Grecia, non senza gli odiosi filtri di frontiera che i due popoli vicini ed ostili mettono in atto.
La terza volta sono arrivato ad Istanbul con una nave di grande stazza, entrando dallo stretto dei Dardanelli ed il mar di Marmara: sfilammo avendo a sinistra  (a babordo) Gallipoli ove, durante la Prima Guerra Mondiale, le truppe degli alleati occidentali furono fermate dall'armata turca e tra quei soldati vi era il tenente colonnello Mustafa Kemal Ataturk che avrebbe fondato poi la Repubblica laica turca, dopo la inevitabile caduta dell'Impero Ottomano. La scomparsa dell'Impero Turco Ottomano fu  sancita dalla sconfitta della coalizione Germania-Impero Austroungarico-Impero Ottomano: a dire il vero mi sono ripetutamente chiesto come Vienna, che fu assediata dai Turchi nel 1683 e salvata in extremis anche dall'abilissimo Eugenio di Savoia, possa essersi alleata con l'antico "acerrimo" nemico. Uno dei tanti misteri della politica e della storia. Ma non divaghiamo. Ricordiamo solo che quella battaglia di Gallipoli, cui parteciparono truppe australiane e
neozelandesi mandate al massacro, è raccontata nel film  "Gli anni spezzati", 1981) di Peter Weir con Mel Gibson.

Chi fa comprendere cosa sia il muzun è il premio Nobel Orhan Pamuk nel volume "Istambul", un romanzo di vita, la vita di Orhan attraverso memorie nostalgiche, resoconti e foto in bianco e nero. "Istanbul come malinconia condivisa, Istanbul come doppio, Istanbul come immagini in bianco e nero di edifici sbriciolati e di minareti fantasma, Istanbul come labirinto di strade osservate da alte finestre e balconi, Istanbul come invenzione degli stranieri, Istanbul come luogo di primi amori e ultimi riti: alla fine tutti questi tentativi di una definizione diventano Istanbul come autoritratto, Istanbul come Pamuk".(Alberto Manguel, "The Washington Post"). Lo scritto svela "passione enciclopedica del collezionista, l'amore del figlio, il lirismo intenso del poeta". Un libro affascinante anche per le foto di famiglia e di una città che già non c'è più.
Godibile la trama e lo stile del libro L'indovina di Istanbul (2012) dello scrittore americano Michael David Lukas. La narrazione scorre fluida come una fiaba e le vicende si intersecano con una città già decadente ma sempre magica. La bambina prodigio è chiamata a corte lasciandosi alle spalle la marginalità esistenziale di chi proviene da un paese di cui nessuno ricorda il nome e si ritrova nel (bari)centro di un impero pressato da interessi e potenze internazionali.  

Parliamo ora di Rosso Istanbul (2013) di Ferzan Ozpetek. Un volume snello. Un affermato regista turco (che caso!), che vive a Roma da alcuni anni, prende in gran fretta un aereo per Istanbul, la città dov'è nato e cresciuto. L'improvviso ritorno a casa scatena una serie di ricordi che sembravano sopiti: oltre alla madre affascinante ed elegantissima, il padre, misteriosamente scomparso per dieci anni (in Italia?), e altrettanto misteriosamente ricomparso; i parenti, i fratelli, la fedele cuoca. E un amore, un amore perduto. Istanbul  sembra riprendere forma con la rievocazione della infanzia e adolescenza. Ma questa storia del regista corre parallela ad un'altra ed alla fine si  intreccia, imprevedibilmente, con un'altra. Perché sullo stesso aereo Roma-Istanbul c'è, insieme al marito e a una coppia di amici, una donna. Il loro sembrerebbe un viaggio d'affari e di piacere, ma accade un tragico quid e il loro futuro cambia direzione. Tra caffè e hammam, amori irrisolti e tradimenti svelati, melanconia e voluttà, il regista e la donna si sfiorano e, alla fine, si incontrano. Proprio come in un film di Ozpetek. Solo che stavolta è lui - forse - il protagonista.

Elif Shafak è nata a Strasburgo nel 1971 da genitori turchi e vive a Istanbul. Ben rappresenta quella grossa presenza di turchi in senso lato che sono emigrati nell'Europa centrale. Autrice tra le più amate della letteratura turca contemporanea, ha ottenuto uno straordinario successo con La bastarda di Istanbul (Rizzoli 2007): con questo libro, avendo toccato la cocente questione armena, nel suo Paese, ha rischiato di essere condannata per “offesa dell’identità turca”.

Per coloro che - come me - non disdegnano la poesia concludiamo con Nazim Hikmet (1902-1963), turco nato a Salonicco e morto a Mosca, ove la suggestione rivoluzionaria lo aveva spinto sin da giovane. Da "Poesie d'amore" (Oscar Mondadori, 2002) enucleo una lirica tanto nota quanto bella  sull' Inespresso.

Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l'ho ancora detto. 

Buon viaggio a Costantinopoli-Istanbul.(achille miglionico)

Per un fotoreportage sulla città si  può andare al sito www.achillemiglionico.com, oppure lanciare pdf  su 
http://achillemiglionico.z3portal.com/archivio/COSTANTINOPOLI_ISTANBUL_(reportage4490).pdf

lunedì 19 maggio 2014

Locke - recensione



  







Tra i colori e la malinconia della notte, su un'autostrada che divide in due la coscienza di Ivan Locke, procediamo lungo la linea che segna la sua vita, e le luci dei lampioni, le macchine ed altre vite che ci scorrono di fianco sono il senso di quanto l'esperienza possa stravolgere qualsiasi calcolo razionale rivelando che per ognuno lo spirito è una tavola nuova da incidere, e forse non a caso il nome del nostro protagonista ci riporta alla filosofia di Locke. Tutto ciò che si vede è l'autostrada, l'abitacolo di una macchina ed il volto di Ivan Locke (Tom Hardy) da tre angolazioni diverse, che procede verso Londra dopo aver ricevuto la telefonata di Bethan. Sembra quasi che lei lo aspetti come se stesse aspettando Dio o Godot, e nel modo in cui Beckett ci conduce verso l'assurda attesa di una vaga redenzione, Locke si dirige da lei, ora, perché sa di non avere scelta, e lo ripete continuamente tra le varie telefonate che si alternano, a sua moglie Katrina e ai suoi figli che l'aspettano a casa mentre guardano la partita, al suo capo Garreth e a Donald, l'unico collaboratore che stima e a cui decide di affidare la gestione della più grande colata di calcestruzzo prevista per l'alba dell'indomani. Locke è un costruttore impeccabile, conosciuto da tutti come il migliore, e sa bene quanto un errore di calcolo possa compromettere e far crollare un edificio,  e la sua storia, l'assunzione di responsabilità a cui non rinuncia mentre guarda il sedile posteriore vuoto e rinfaccia al fantasma di suo padre  di aver fatto il contrario, ci portano a comprendere come anche gli edifici morali su cui si basano le nostre certezze possano rivelarsi fragili. Locke ha ripulito il suo nome con la sua vita, si è riscattato, ed ora sempre in nome della verità è pronto a veder crollare tutto e noi, persi nello sguardo di Tom Hardy, siamo con lui, sentiamo l'urgenza di andare, di organizzare, di spiegare, e al suono di una nuova vita i lampioni della notte si gonfiano di lacrime. Steven Knight, con un colpo da maestro, ci svela quanto non sia necessario un ricco cast costellato di grandi nomi per rendere grande un film, il più applaudito al festival di Venezia 2013, e i titoli di coda accompagnano il nostro stupore, ci colgono smarriti per quanto il dramma umano di Ivan Locke possa essere di tutti, frutto dell'imprevedibilità della vita.
Antonietta D'Ambrosio


sabato 17 maggio 2014

SARA ERRANI IN FINALE agli Internazionali di ROMA




Sara Errani ha battuto nelle semifinali degli Internazionali di Roma la "tosta" Jankovic. Dopo decenni una italiana arriva a tanto. E domani? Il sogno è già oggi e qualunque cosa accada in finale è già Storia. Di una atleta con la A maiuscola che per tenacia e talento è di esempio per giovani e non giovani. E di un pubblico romano corretto e meraviglioso che l' ha simpaticamente sostenuta nei pochi momenti "down" quando la imperiosa avversaria ha provato a manifestare la propria posizione in classifica mondiale. Auguri a quanti credono nel vero Sport. (am)





sabato 3 maggio 2014

Grand Budapest hotel: un film incantatore






Incanta l'arte di mescolare l'immaginazione alla realtà attraverso la forza della narrazione, i cui confini in questa pellicola non sono mai definiti e dove balzi nel tempo sono morbidi e possibili. In un cimitero innevato dove è collocato il busto dell'autore si sprigiona il potere narrativo che prende vita dalle pagine del romanzo che una giovane donna, seduta sulla panchina accanto alla statua, tiene tra le mani. Racconto che non è mai frutto di pura fantasia perché c'è sempre qualcuno pronto a regalare la sua realtà allo scrittore. Siamo in un paese immaginario dell'Est Europeo dove il tempo scivola alla fine degli anni sessanta nel Grand Budapest Hotel e la fiaba di Wes Anderson, la cui assonanza col grande narratore Andersen non è solo nel nome, comincia attraverso il racconto nel racconto del maturo Moustafa Zero, proprietario della vecchia struttura, che mosso dalla curiosità di un giovane scrittore, con un altro salto indietro nel tempo, ci conduce nelle atmosfere colorate degli anni trenta.
Monsieur Gustave H., uomo elegante ed incline alla poesia,  è il concierge del Grand Budapest hotel, il castello incantato dal tenue rosa pastello, ed in perfetta armonia con i colori spicca per gentilezza, disciplina e audacia, tanto da conquistare non solo fiducia e stima, ma anche l'amore di bionde signore attempate. Ed una di loro, Madame D., alla sua morte, lo nomina erede di un quadro dal valore inestimabile scatenando l'ira dell'intera famiglia che lo accusa di omicidio. Il "garzoncello" Zero, immigrato di origini sconosciute scappato dalla guerra, grato e devoto a Monsieur Gustave per la fiducia e l'affetto con cui l'ha accolto al Grand hotel, sarà il compagno fedele e presenza costante negli eventi che seguiranno e lo vedranno complice, con l'aiuto della sua amata Agatha, nella fuga dal carcere tanto surreale da sembrare vera, in inseguimenti rocamboleschi, corse comiche lungo ripide discese innevate per sfuggire alla follia omicida di figlio e nipote di Madame D.  Ralph Fiennes, Bill Murray, Jude Law, Willem Dafoe, F. Murray Abraham e tanti altri, ricco ed eccellente cast, danno corpo ad una commedia che sconfina a volte nel noir, conduce poi nelle atmosfere del genere comico e malinconico di Charlie Chaplin quando va in scena una velata parodia al nazismo, torna alla fiaba quando il bene sconfigge il male. Pellicola così geometrica, squadrata e colorata da rimanere distante come un pacco ben incartato che lascia filtrare solo un forte sentimento di amicizia, fa sorridere ma non commuove neanche quando le lacrime di Zero ci riportano al suo amore per Agatha. (Antonietta D'Ambrosio )






R. Magritte - Le Savoir La porta Socchiudo la porta: s'intravede la luce La via non è fuori  È nel buio più intenso  nella parte più osc...