lunedì 17 maggio 2010

TEATRO - Il lago dei cigni

di Michele Miglionico

Assistere alla messa in scena de "Il lago dei cigni" sotto l'egida del Bolshojsignifica rasentare l'acme del balletto classico. Bari ha ospitato i primi ballerini della compagnia, e solo una visione moscovita delle sue étoiles potrebbe superare l'esperienza estetica di questo spettacolo.
L'opera debuttò nel dicianovvesimo secolo proprio nel leggendario teatro russo, tempio sacro del genere, e rappresenta con pochi dubbi la sua espressione più famosa. Il successo nei secoli è da imputare all'emotiva bellezza delle musiche, in cui il suo autore Tchaikovsky ha infuso buona parte del suo dramma di omosessuale in una società che a malapena ne tollerava la concezione.
Una visione della vita cupa che si riflette in grandi archetipi: la maledizione della principessa Odette, che di giorno è stata condannata a essere un cigno dallo stregone Rothbart e che solo di notte ritorna se stessa, è la stessa sorte che capita al borghese, che solo di notte può smettere l'ipocrisia della vita mondana; il principe Siegfried che deve riconoscere la vera Odette contro l'impostura della falsa Odile incarna la maturazione dell'uomo che deve imparare a distinguere il bene dal male; infine, il destino nefasto inellutabile che colpisce i protagonisti è il sintomo più eclatante della pessimistica visione dell'autore, che non a caso scelse questa fiaba tedesca come ispirazione. A dir la verità, a seconda delle versioni i due amanti protagonisti si salvano, muoiono entrambi o meno. Non vi diremo qual è questo il caso, se non suggerendovi che deludente e fugace è l'interpretazione della morte del cigno...
L'ossessione pessimistica del compositore è suggerita già dalle prime note e dal tema portante.
Il livello della messa in scena è tale da far sfigurare tutti gli altri appuntamenti in cartellone e, come accennato poc'anzi, solo dalle stelle di Mosca ci si potrebbe aspettare di meglio.
I ruoli di Odile e Odette, come nella migliore tradizione, sono interpretati dalla stessa strabiliante ballerina, che incarna altissima tecnica e altissima capacità espressiva, dovendo veicolare due personaggi dall'aspetto simile ma dal carattere antitetico, solo grazie allo stile dei suoi passi.
Notevolissimo anche il protagonista nei panni del principe Siegfried, nonostante qualche incertezza in alcuni atterraggi e in alcuni passi a due.
Lo stesso dicasi per l'ampio cast, coordinato come la scuola mediterranea difficilmente riesce a raggiungere. Una combinazione vincente risiede senz'altro nella scelta di acquistare in toto il pacchetto originale, con ballerini e musicisti russi, il che si è tradotto nel miglior affiatamento possibile.

Peccato per alcune scelte di economia: tagliata la scena della caccia e della famosa balestra con Siegfried rischia di uccidere il cigno di cui si innamorerà; i noti divertissment dei balli di corte, con le ambasciate straniere delle aspiranti principesse, non sono particolarmente curati, il che rende poco immediata l'identificazione delle varie danze con la loro nazionalità italiana, spagnola, polacca e ungara.
Tutto questo è detto per pura pignoleria.
Lo spettacolo lascia senza fiato il fruitore profano quanto l'intenditore.

venerdì 14 maggio 2010

TEATRO - Come spiegare la storia del comunismo ai malati di mente


di Michele Miglionico


La stagione del Teatro Curci di Barletta chiude portando in scena uno spettacolo diretto da un suo, ormai celebre, concittadino. E' infatti di Giampiero Borgia la messinscena dell'opera di Matei Visniec Come spiegare la storia del comunismo ai malati di mente.

Il drammaturgo rumeno ambienta la storia a Mosca, nel 1953 - l'anno in cui muore Stalin - nell'Ospedale Centrale per Malattie. Il direttore dell’ospedale psichiatrico si fa artefice di un progetto educativo innovativo, ritenendo di poter riabilitare i pazienti del suo manicomio attraverso un racconto semplificato e diretto della storia del comunismo. Tale impresa è affidata al poeta Yuri Petrovski (nome impossibile da dimenticare per lo spettatore, poiché viene menzionato decine di volte in maniera ossessiva da tutti i personaggi) che, con tale compito, inizia un viaggio tra i malati di mente.
La scena è dinamica: tra un letto e una scrivania, si muovono i pazienti dietro grate in continuo movimento, tra medici adoranti e infermiere idolatranti Stalin. I "pazzi" – suddivisi in leggeri, medi e gravi - sembrano i meno esagitati nelle loro esternazioni, quasi più equilibrati: infatti Petrovski trova da subito una sintonia e un modo di comunicare congruo con loro. Tanto che nella seconda parte dello spettacolo la dirigenza ospedaliera comincerà a sospettare di eversione lo stesso poeta da loro incaricato del piano educativo.

L'opera in scena si configura infatti come una farsa grottesca, senza nessun intento didascalico o di revisionismo storico. Quello che di affascinante c'è da sempre nel totalitarismo è il modo in cui le masse si piegano con facilità a una idea, stravolgendo le proprie vite pur di far loro una ideologia inculcata con meccanismi esterni: e le stesse regole che si applicano alle grandi masse, valgono per un gruppo ristretto di pazienti psichiatrici. Ovviamente, come spesso accade in narrazioni di queste genere, il tutto si mescola e confonde con facilità, tra ritmi sostenuti e parole scandite con ossessività. I malati e i sani perdono quella netta distinzione tra loro, un poeta del regime può diventare un sovversivo, facendo sconfinare il gioco nell'assurdo e nell'irreale (un po' come nel recente Shutter Island di Martin Scorsese). Fino a confondere, forse troppo, lo spettatore.

Un plauso dovuto al costumista. La regia di Borgia si dimostra esperta e decisa. Il barlettano, egli stesso in scena, dirige con maestria la recitazione del protagonista Angelo Tosto e dei molti comprimari – del Teatro Stabile di Catania - che lo affiancano sul palco, con anche alcuni pezzi canori degni di attori completi.

lunedì 10 maggio 2010

MUSICA - Concerto per l'Europa di Giovanni Allevi

di Michele Miglionico

Nonostante un mal di gola con annessa febbricola, il maestro Allevi si è concesso a titolo gratuito alla selezionata platea del Petruzzelli per celebrare i cinquant'anni dalla proposta di Robert Schuman di una collaborazione economica tra Francia e Germania, che pose le basi per la futura Unione Europea.
La presentazione del prof. Michele Mirabella e delle autorità non ha mancato di ricordare la critica situazione del mondo dello spettacolo, che colpisce realtà come la Fondazione Petruzzelli, i cui dipendenti, a rischio per il taglio dei fondi governativi, hanno manifestato con discrezione tramite volantini.
Il musicista si è speso per un'ora in una dozzina di pezzi propri e non, introdotti come di rito da una sua breve e sentita presentazione. Apertura con Bach, "il più grande musicista di tutti i tempi", passando per una travolgente "Morte di Isotta" di Wagner, da lui definita non a torto come la più felice traduzione musicale dell'amore sensuale, e l'auditorio risponde con entusiasmo. Ma presto si passa al repertorio proprio dell'autore, con "Back to life" dedicata alla sua rinascita spirituale; l'inno alla vita di "L'orologio degli dei", il battito pulsante; "Meditazione per sola mano destra", per una collega che rischiava di non poter più suonare dopo un incidente all'arto sinistro. Fino alla famosa "Prendimi", omaggio al pubblico offerto solo durante il bis.
A detta dell'artista, la serata è paragonabile a una seduta di psicoterapia, perché ogni suo brano è associato a un ricordo, a un'emozione, rivissuta nel momento in cui lo ri-esegue. E si sente. Non mancano i virtuosismi e gli esercizi di stile, come la falsa improvvisazione dello studiatissimo "Jazzmatic" o la convulsa lotta tra il pianista e lo strumento in "Pianokarate".
Lascia senza fiato anche la vista delle esecuzioni, spesso così veloci da sembrare una registrazione riprodotta a doppia velocità. Qualcuno all'uscita si lascia sfuggire "... viene da un altro pianeta!". Un commento da condividere: un grandissimo talento, condito da un atteggiamento caratteristico ed eccentrico come solo i geni possono permettersi. Forse, calcando la mano sul personaggio creato (e parodiato) del goffo pasticcione, che però tanta tenerezza ispira nel suo seguito.

R. Magritte - Le Savoir La porta Socchiudo la porta: s'intravede la luce La via non è fuori  È nel buio più intenso  nella parte più osc...