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Onnipotenza e limiti: Ulisse omerico, dantesco, dannunziano, joyciano |
Intervista al dott. Orlando Granati, presidente dell'Istituto Analisi Transazionale
Nella circostanza della Giornata IAT di Verona, cui abbiamo dedicato due articoli, la redazione ha intervistato il dr. Orlando Granati, presidente dell'IAT (Istituto Analisi Transazionale): medico, psichiatra, Analista Transazionale Didatta e Supervisore in contratto in campo Clinico EATA – ITAA, è anche docente presso l’Istituto Italiano di Studio e Ricerca Psicodiagnostica – Scuola Romana Rorschach.
Buongiorno Dottor Granati, si sono svolte qui a Verona le famose Giornate dell' IAT dal titolo “Onnipotenza e limite”. Cosa ha motivato l’IAT a scegliere questo tema e perché in questo momento storico?
Le giornate sono il nostro appuntamento annuale e cerchiamo sempre un titolo che abbia attinenza con i temi interessanti per i vari campi di applicazione dell'analisi transazionale. “Onnipotenza e limite” perché ci sembra che, da un lato, il tema della potenza e della difficoltà a gestire il limite sia una delle tematiche della nostra contemporaneità,con tutte le conseguenze sia nel campo della clinica che in campo sociale e ,dall'altro, perché il limite è un concetto che rimanda a vari aspetti, come limite, appunto, dell'onnipotenza, come limite del confine, limite come punto di passaggio.
Onnipotenza e limite sembrano due facce della stessa medaglia e questo rapporto sembra perfino più evidente nella nostra contemporaneità, come si legge nella locandina dell'evento. Come si può fronteggiare la consapevolezza del limite a fronte dell'invito tecnologico all'onnipotenza? Dobbiamo tornare alla consapevolezza di essere umani o dobbiamo muoverci verso il transumanesimo?
Questo è proprio il tema, direi,che dovremmo affrontare. Sicuramente la tecnologia stimola quella onnipotenza che è presente in ognuno di noi e l’onnipotenza diventa un motore importante se viene visto come concetto ideale e quindi non raggiungibile.
In questo senso, è ciò che permette di trascendere il proprio limite e di spostarlo. Il problema è quando l'onnipotenza viene vista non più come un ideale, ma come qualcosa di raggiungibile e questo è uno dei rischi che la tecnologia pone. Sono fasi storiche che ricorrono, non è la prima volta che la società si trova a essere stimolata nella sua onnipotenza per via dello sviluppo tecnologico. Sicuramente le nuove tecnologie e soprattutto nel campo delle relazioni della virtualità l’hanno cambiata tantissimo e quindi ci sembrava importante fermarci su questo.
Nel presentare questo evento si è fatto riferimento a Prometeo, l'astuto Titano che rubò il fuoco agli dei, come a un simbolo di volontà di potenza dell’uomo. Questo significa che la nostra volontà di potenza deve anche passare dal gesto ribelle? Non c'è volontà di potenza con l'accettazione dell'autorità?
Qui offro il mio punto di vista personale. Credo che il confronto dinamico con l'autorità sia ciò che permette la progressione. Io amo molto differenziare la ribellione dalla disobbedienza, perché la ribellione è un andare contro; la disobbedienza è andare in una direzione nonostante a volte gli ostacoli. Ciò che ha fatto Prometeo non è tanto andare contro gli dèi, ma andare verso l'umano.
Il Congresso ha previsto, nella prima giornata, una passeggiata tra i luoghi danteschi di Verona. Da analista transazionale, cosa può insegnarci ancora Dante?
Credo che Dante possa insegnarci come uomini prima di tutto. Come analisti transazionali, Dante è stato una persona che della relazione tra persone ha fatto una sua cifra stilistica, nella capacità di avere un'attenzione affettiva anche verso chi riteneva avversari: un'attenzione a livello etico senza perdere di vista l'aspetto umano. Dante è una persona che è andata decisamente oltre il limite, almeno nella sua poetica. Quindi la Divina Commedia ci è sembrata una buona metafora per i nostri lavori. Verona ha ospitato Dante e lo ha ospitato e nella sua fase di realizzazione delle ultime fasi e quindi ci è sembrato che potesse essere un buon tramite tra il luogo e il nostro tema.
Dante, soprattutto nell'Inferno, si mostra sempre consapevole dei limiti dell'uomo che, se oltrepassati, diventano peccati. Ripenso per esempio al canto XX dell’Inferno, in cui gli indovini vollero prevedere il futuro e quindi, per contrappasso, ebbero il collo girato al contrario per l'eternità. La consapevolezza del proprio limite ha ancora questa connotazione punitiva?
Non necessariamente. Anche qui ricorderei che Dante, non dimentichiamolo, era in un'epoca in cui il richiamo ai valori doveva essere forte, però si pone anche in maniera controcorrente perché, di nuovo, umanizza. Alcuni personaggi dell'Inferno dantesco sono grandiosi e suscitano il rispetto di Dante e forse anche degli insegnamenti molto più vicini all'uomo di quello che possono dare nel Purgatorio o nel Paradiso.
E anche questa è una mia interpretazione personale.
Se la tecnologia e quindi l'ideologia capitalista è l'ideologia che alimenta l’onnipotenza; dove, in quale ideologia, possiamo trovare il limite?
Credo che, di nuovo, il punto sia il rapporto dinamico. Io credo che l'ideologia capitalista, dove il profitto o la tecnologia viene idealizzata, sia altrettanto poco realistica quanto lo possa essere il rifiuto della tecnologia. Abbiamo assistito durante la pandemia a ciò che portava il rifiuto a priori: per il linguaggio analitico transazionale un atteggiamento ribelle verso la tecnologia. Credo che la tecnologia non sia negativa. Credo che ciò che sia negativo è credere che ci sia un qualcosa di assoluto: ecco l'onnipotenza.
Infine, siamo noi stessi, come individui, a scegliere i nostri limiti e di conseguenza il raggio d'azione della nostra potenza: fin dove dovremmo spingerci e dove dovremmo fermarci, a livello individuale?
Io credo che noi non dovremmo semplicemente fermarci, sapendo che noi andiamo in una direzione non per raggiungere qualcosa. C'è una metafora molto bella di Salgado che parla dell’utopia ideale per vivere come di un orizzonte. Lui dice: l'orizzonte non lo posso mai raggiungere, se io faccio dieci passi, lui si sposta dieci passi. Ne faccio altri dieci e lui si sposta di altri dieci. Dici: e allora a che serve l’orizzonte? A questo, a camminare.
Claudio Leone