giovedì 8 settembre 2022

#Fondation #HCB di #Parigi: Henri Cartier-Bresson, L'Expérience du #Paysage

 


La sua Leica

Henri Cartier-Bresson è considerato un pioniere del fotogiornalismo. Ribattezzato l’”occhio del secolo”, è stato uno degli esponenti più importanti della cosiddetta Fotografia umanista. Teorico dell’istante decisivo, ha anche contribuito a portare la fotografia di stampo surrealista ad un pubblico più ampio. Abbiamo visitato per voi la mostra sui Paesaggi.


La Fondation Henri Cartier-Bresson, non poteva non essere nel quartiere Le Marais, cuore di Parigi.
 Le Marais, il quartiere della elegante Place des Vosges, si sviluppa sulla riva destra della Senna, è il più trendy e assai frequentato. La Fondazione HCB la trovate nei pressi del Centro Pompidou al numero 79 di rue des Archives, ed ha più che raddoppiato gli spazi espositivi rispetto alla prima sede di Montparnasse.  Lo spazio, progettato dallo studio di architettura Novo, è ancora in fieri: a Novembre si apriranno altri 100 mq, Le Tube.

La mostra sui Paesaggi ritratti (più che fotografati) da Henri Cartier-Bresson è stata inaugurata il 1 Luglio e si protrarrà sino al 25 Settembre 2022.  


Ogni fotografia del maestro è tempo cristallizzato e origina dal “riconoscimento immediato, nella frazione di un secondo, del significato di un fatto e, contemporaneamente, della rigorosa organizzazione della forma che esprime quel fatto”, come direbbe lui stesso.




Anche in presenza di persone, l’attenzione dell’Autore è focalizzata a sintetizzare l’ambiente. Così si può parlare di Paesaggio della Natura e Paesaggio dell’Uomo. Le immagini dei paesaggi di Henri Cartier – Bresson sono raggruppate per tema: alberi, neve, nebbia, sabbia, tetti, risaie, treni, scale, ombra, pendenze e corsi d’acqua. Come se si invitasse l'osservatore ad una passeggiata visuale. Non essendo gli spazi espositivi immensi il visitatore "passeggia" tra realtà etniche e geografie diverse e può apprezzare anche alcune opere pittoriche del fotografo "nato pittore" che usava dire come il disegno fosse meditazione e la fotografia un attimo congelato. Solo nel fotografare il paesaggio HCB ritrovava entrambe le dimensioni mentali. Per questo i suoi paesaggi fanno meditare in silenzio. (achille miglionico & tina ardito)








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Henry Cartier Bresson nasce a Chanteloup nel 1908, da una ricca ed influente famiglia francese. Trascorre gran parte della sua giovinezza immerso nell’atmosfera bohemien di Parigi. Da giovane provò ad intraprendere la carriera di pittore, fu allievo del pittore Andrè Lothe .
Negli anni ‘20 fu molto vicino al movimento surrealista da cui mutuò l’interpretazione dei dettagli disseminati nella vita quotidiana. In una delle sue frasi afferma : “La fotografia può fissare l’eternità in un istante”.
Scoprì la fotografia durante un periodo di convalescenza a Parigi, e scelse una Leica 35 mm come strumento espressivo. Le foto surrealiste scattate durante i suoi viaggi in Messico ed in Europa fra il 1932 ed il 1935 lo resero famoso come art-photographer a New York.
Al suo ritorno in Francia, nel 1937, iniziò a dedicarsi al fotogiornalismo dopo un periodo di apprendistato come aiuto-regista di Jean Renoir.
Durante il secondo conflitto mondiale entra a far parte della resistenza francese. Catturato dai nazisti, evase ed arrivò in tempo per documentare la liberazione di Parigi nel 1944.
Nel 1947 è tra i fondatori della storica agenzia Magnum, nel ‘53 pubblica “Il momento decisivo”, considerato una vera e propria “Bibbia” per tutti i fotografi di reportage. Fu attivo come fotogiornalista fino alla fine deglia anni ‘70. Muore nel 2004.

Usava la sua Leica come un “ album da disegno meccanico”, e si dimostro’ subito in grado di ritagliare immagini dalla vita quotidiana con una precisione ed un tempismo ineguagliabili. Dopo i primi anni, segnati dall’ influenza del Surrealismo, negli anni ’30 maturò un impegno sociale.
Il suo approccio prevedeva di allineare “ testa, occhio e cuore”, e di scattare più fotografie possibili, per sceglierne una capace di simbolizzare un evento, una persona o un luogo. 

mercoledì 7 settembre 2022

#MArTA, Museo Archeologico Nazionale di #TARANTO. Uno dei più importanti musei archeologici al mondo



Testa di Nettuno di età romana tardo-repubblicana



Dal Paleolitico alle meraviglie della Magna Grecia

Alla biglietteria del palazzo, per un puro caso ci siamo incontrati, provenienti da Trani, con amici tranesi tra cui la nostra prof redattrice, Maria Rosa Ciritella, che ci ha regalato altre riflessioni colte ed originali. Se avessimo preso deliberatamente un appuntamento non saremmo stati così puntuali. Alla sorpresa per il  fortuito e felice incontro di due nuclei familiari ha fatto seguito la scoperta e la conferma che anche un luogo già visitato può continuare a ipnotizzarti con il noto e con il nuovo. Grazie alle teche ben disposte ed alla illuminotecnica sapiente e moderna, il MArTA sorprende con le storie millenarie che racconta. (am)

Le Veneri di Parabita (18mila anni aC) rientrano nel c.d. Culto delle Veneri del Paleolitico europeo (ricordare la Venere di Willendorf, di Lespigue ecc)



Idolo in pietra con volto di civetta (Neolitico, 4000 aC) trovato ad Arnesano






Taranto al centro della cultura mediterranea


 

Lasciate che io trascorra intere giornate nei musei: sarò la persona più felice del mondo. 

Ebbene, dopo la mia ennesima visita al Museo Archeologico di Taranto, eccomi qui a scriverne. 


Oggi conosciuto con l'acronimo di MArTA, fu istituito nel 1887; è collocato presso l’ex Convento dei Frati Alcantarini, o di San Pasquale, risalente alla metà del XVIII secolo.

Dire di Taranto equivale a raccontare di millenni di Storia e di cultura. Per secoli, infatti, nella città sono stati ritrovati e raccolti, ma anche dispersi, migliaia di reperti archeologici. 


In particolare a fine Ottocento venne rinvenuta una gran quantità di oggetti di mirabile valore storico-artistico. In questo periodo la Direzione Generale alle Antichità, nella persona di Giuseppe Fiorelli, pensó bene di contrastare la dispersione dei reperti inviando a Taranto Luigi Viola, in qualità di ispettore per il Ministero della Pubblica Istruzione. 

Negli ultimi vent'anni del XIX secolo, perciò, Viola assunse il controllo sugli sterri eseguiti per la fabbricazione del Borgo Nuovo, dell’Arsenale Militare e di tante zone della città antica, conservando un'enorme mole di ritrovamenti archeologici proprio nell'edificio dell'ex Convento degli Alcantarini. Così nel 1887 venne istituito dal re il Museo Nazionale a Taranto, il primo in Puglia.


Nel Novecento vari furono gli ispettori e direttori del Museo: Giovanni Patroni, Paolo Orsi, Quintino Quagliati, Renato Bartoccini, Ciro Drago e Felice Gino Lo Porto. Ognuno di loro contribuì col proprio lavoro alla realizzazione della raccolta che ancor oggi è fruibile da tutti. Dagli anni '90 in poi la ex Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia ha provveduto ad una completa ristrutturazione dei locali dell' ex Convento. 


Nel 2007 e poi nel 2013 sono state aperte al pubblico le sezioni dedicate alla cultura funeraria ellenistica e all’età romana e medievale; nel 2014 è stato completato l’allestimento del piano superiore, dedicato alla preistoria e protostoria della Puglia, alla città e alle necropoli di Taranto di età arcaica e classica che è stato aperto al pubblico nel 2016.


Testa femminile in terracotta dipinta



Diventata una delle icone del Museo, questa terracotta, davvero attraente, starei per dire magnetica, rappresenta una testa femminile: sui morbidi capelli rossi è posato un diadema in oro. Carnagione chiarissima, labbra di colore rosso, come era in uso tra le donne di Taranto in età ellenistica. Alle orecchie erano inseriti degli orecchini, come provano i fori ai lobi delle orecchie. Faceva probabilmente parte di una statua interamente realizzata in terracotta, nella cui lavorazione i Tarantini erano esperti.


Cratere a volute con scena d’oltretomba




È stato ricomposto, integrando alcune lacune. Non è presente la parte inferiore del corpo con il piede e le volute, queste ultime integrate. 

Sul lato principale si notano, all’interno di un palazzo con quattro colonne ioniche, Ade e Persefone siedono su una kline.

Il signore del regno, con una tunica a maniche lunghe al di sotto del chitone, regge uno scettro sormontato da un’aquila; la sposa Persefone, vestita di chitone e himitation, tiene nella mano destra una torcia a quattro bracci. Dalla travatura del soffitto pendono una corazza anatomica, un elmo e una coppia di schinieri. Intorno al palazzo, alcuni celebri “abitanti” dell’Oltretomba e altre divinità. 


Corona aurea da Kaeliae





Corona composta da rose, proviene dalla città peuceta di Kaeliae (Ceglie del Campo – BA) ed è stata rinvenuta nel 1910. 

Portata ad esempio nella celebre mostra degli Ori di Taranto del 1985, è da attribuire a destinazione funeraria. Le corone aree indicavano i meriti, gli onori e la classe sociale del defunto, che in questo modo viene indicato come un eroe. Ve ne erano foglie di alloro, di edera, di mirto, a rose, a foglie di ulivo e foglie di quercia. Questa è databile al III sec. a.C.


Orecchini a disco con pendente





Databili tra il 375 e il 350 a.C., hanno una forma complessa e articolata: il disco, a forma di una rosetta con 4 serie concentriche di petali, è incorniciato da una struttura ad anello con decorazioni in filo ritorto ad onda e lineari; da questo pendono tre elementi. In origine erano colorati da smalti policromi dei quali rimangono piccole tracce. 


Testa di Eracle




Taranto era una città devota ad Eracle, considerato il fondatore dei Dori. 

La testa, in marmo bianco, rappresenta un atleta maturo con capelli e barba appena scompigliate. Il volto trasmette una forte carica emotiva al fruitore. Probabilmente la testa apparteneva ad una figura seduta. Viene tra la fine del IV/III secolo a. C, oppure al II a.C., anche se oggi viene considerata una copia di età giulio claudia, dunque databile tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. 


Questi sono solo pochissimi esempi dei meravigliosi reperti archeologici presenti nel MArTA: percorrere i suoi corridoi e le sue ampie sale equivale a fare un viaggio nel tempo. Invito perciò tutti i lettori a farsi letteralmente travolgere dalle testimonianze artistiche dei vari periodi della storia delle donne e degli uomini che hanno popolato le nostre terre secoli o millenni fa e che ancora oggi sono vivi e presenti nei nostri modi di vivere e di pensare. 


Rosa Maria Ciritella


Il Chiostro


Zeus di Ugento (530 aC)





Elmo bronzeo (età del Bronzo)

Collana in oro con coppia di fibule (spille) del 520-500 aC




Cratere a mascheroni apulo a figure rosse attribuito al pittore di Dario, 330 aC. E' stato recuperato
 dal Comando CC Tutela Patrimonio Culturale nel 2009 dC



foto am

Ne avevamo parlato nel 2015:

PUGLIA PUGLIAA PUGLIAAA (Caparezza dicit)

INFORMATICA-MENTE: DAL SÈ INTRAPSICHICO AL SÈ RELAZIONALE Tra cibernetica e metapsicologia

  Antonio Damasio, neuroscienziato portoghese *Pubblichiamo, su richiesta di Colleghi e per facilitare la ricerca, questo articolo scientifi...