domenica 15 agosto 2010

LIBRI - Gesù Figlio dell'Uomo

di Michele Miglionico


Grazie alle note biobibliografiche finali, si scopre che la famiglia di Gibran era cattolica maronita. Ma né questo né l'autobiografica poesia finale mi chiariscono del tutto le idee: come l'autore considera Gesù? "Figlio dell'uomo" è il criptico titolo che il Cristo più si attribuisce nei quattro Vangeli, e la scelta per la raccolta di monologhi poteva essere interpretata come una dichiarazione d'intenti, un approccio umano alla leggenda. Invece il Gesù che riportano i settantasette testimoni dell'opera, seguaci o avversari che siano, è il Figlio di Dio, uomo e divinità, che incute soggezione per la sua prestanza fisica e il suo carisma superumano. Le contaminazioni new age non mancano, lo dimostrano i richiami ad altri culti o il rapporto tra Gesù e la Terra; non manca neanche il revisionismo contemporaneo che bolla San Paolo come colui che ha rubato l'immagine del Cristo e ne ha abusato per creare una religione che, fondamentalmente, ha tradito il suo ispiratore. Dove collocare l'opera nello spettro tra ortodossia ed eresia, dunque? 
Meglio sospendere le elucubrazioni su approccio filosofico e contenuti, per godere solo dello stile suggestivo e mistico dell'autore, tanto nelle poesie propriamente dette, quanto nella prosa poetica dei vari monologhi. Gibran riesce a inventare e re-inventare le parole del Verbo con credibilità, e spesso con maggiore efficacia dell'originale. Di questo talento non gli si può non dare atto. 
Consigliata una lettura da comodino, occasionale e casuale.

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