venerdì 18 giugno 2021

SIA LODE: LODE A FRANCO BATTIATO #Battiato










Dopo la grande perdita e il boom mediatico, riprendiamo  il fenomeno Battiato che continua a trovare sempre nuovi adepti anche grazie a  Radio nazionali e locali. Ce ne parla un ascoltatore di musica nato nel 1997, quindi generazionalmente non influenzato dalle suggestioni post-sessantottine.


SIA LODE: LODE A FRANCO BATTIATO 



Quando parliamo di arte si parla di cultura. La musica però, come forma di espressione artistica e culturale, merita un discorso a parte. A seguito del divario storico tra musica classica (cosiddetta musica "colta") e musica pop (nel senso lato di musica popolare), abbiamo assistito alla evoluzione di quest'ultima prevalentemente come prodotto di consumo. Naturalmente generi musicali prima definiti diversamente e criticati  sono divenuti dei "classici" oggigiorno e si insegnarono nei Conservatori con pari dignità (si pensi al jazz).  Comunque nel moltiplicarsi di musica "commerciale" non a caso "qualcuno" aveva giustamente notato già nei primissimi anni Ottanta che eravamo "sommersi soprattutto da immondizie musicali". Franco Battiato nello scenario convulso di fine Novecento rappresenta senza tema di smentite una rara e sublime eccezione a questo paradigma che lega la musica pop alla concezione di musica "leggera". La musica di Battiato non è mai "leggera", anzi, è proprio la sua intensità e la sua profondità, a fare della sua intera produzione artistica un'opera dal valore inestimabile per la nostra cultura e non solo. 



Appellato come il "Maestro" e considerato unanimemente da critica e pubblico come il "cantautore colto" per eccellenza e il "filosofo" della musica, la sua arte raggiunge le più alte vette proprio nelle due forme di espressione da lui padroneggiate, la musica e le parole. 


Franco Battiato è innanzitutto un musicista, un artista che conosce tecnicamente la musica. Inizia la sua produzione dedicandosi alla musica sperimentale e all'elettronica, è stato uno dei primi artisti ad introdurre l'utilizzo del sintetizzatore, riscuotendo con i lavori iniziali della sua carriera contrasti ma anche importanti riscontri anche a livello internazionale. Successivamente rompe con la musica d'avanguardia e dà inizio alla seconda fase della sua produzione, che lo rende definitivamente noto al grande pubblico, con un successo degno di una vera e propria star: come dimenticare tra l'altro i mitici balletti? Balletti che oltre ad essere indubbiamente accattivanti in realtà ci trasportano nei paesaggi e nei luoghi cardine della cultura orientale. Battiato si impone quindi definitivamente nella cultura di massa come fenomeno pop. Con l'album La voce del padrone è il primo artista italiano a vendere un milione di copie e la gente ascolta e canticchia frasi con accostamenti del tipo "lo shivaismo tantrico di stile dionisiaco" senza avere la più pallida idea di cosa stia effettivamente dicendo. Battiato dà vita così ad un personalissimo pop d'autore in un amalgama di musica classica a sonorità più tipicamente pop senza mai dimenticare nette incursioni di musica elettronica, insomma, un connubio di generi e di reminiscenze, che danno vita ad armonie mai sentite prima che caratterizzeranno inconfondibilmente lo stilema dell’autore: in radio si rende subito perfettamente riconoscibile anche alle orecchie di un pubblico giovane ma pronto a cogliere fondamenti di arte. Non mancano nel suo percorso artistico collaborazioni con musicisti ed artisti di respiro internazionale, così come reinterpretazioni di grandi classici della musica italiana riarrangiati magistralmente in "stile Battiato". La musica del Maestro è una musica diversa, l’Autore si rivela presto un "poeta in musica" e questo perché dietro l'artista, emerge l’uomo erudito ma non saccente: in ogni singola citazione ed in ogni verso di tutti i suoi testi, affiora anche il curioso viaggiatore (soprattutto di luoghi orientali). Alla vivace intelligenza si unisce la sensibilità talora venata di ironia e autoironia. Proprio per questo però, Battiato non è un artista facile. In tanti ora "saltano sul carro Battiato" perché fa molto “intellettuali”. Franco Battiato si è sempre schierato contro il potere e mai dalla sua parte, mostrandosi libertario, pacifista, il cittadino che avversa la mercificazione onnipresente dell’altro, l’iperconsumismo tipico della cultura dominante occidentale che favorisce materialismo e denaro. Ecco che ci esorta a concentrarci sulla "linea verticale", l’ inneres auge che "ci spinge verso lo spirito" piuttosto che sulla "linea orizzontale" che invece "ci spinge verso la materia" e che, come lui stesso ha affermato, "spesso gioca brutti scherzi". Ha cantato l'oppressione del potere affermando quanto sia "misera la vita negli abusi di potere" anticipando di fatto quello che poi nella nostra "povera patria" avrebbe preso il nome di tanti scandali giudiziari. Non si è fatto scrupoli a biasimare e a scagliare le sue invettive contro i governanti da lui definiti "gente infame che non sa cos'è il pudore" oltre che "perfetti e inutili buffoni", si è perfino (ironicamente) spinto a ringraziare la classe dirigente italiana per il fatto di avergli concesso così tanti spunti (negativi) per i suoi testi. 

Battiato è sempre stato capace di indignarsi e di soffrire davanti alla superficialità, all'opportunismo e non di meno dinanzi alla mancanza di umanità e di solidarietà. 


Tutto questo emerge esplicitamente nelle canzoni dell’Autore che voleva anche agire (non si è fatto mancare un'esperienza in politica finita piuttosto male). Memorabile la sua aria affranta quando gli chiesero cosa avesse imparato dalla sua breve permanenza nei palazzi del potere: "che...non si può far niente". Battiato è stato un libertario costruttivo, non un disfattista. Una persona talmente lontana dalle logiche dei politicanti e dei demagoghi che contaminano i media che si è potuto permettere anche di toccare con mano il "potere" senza rimanerci imbrigliato; lui ha sempre guardato al cielo, ha sempre volato troppo in alto per poter guardare allo "stivale che affonda nel fango dei maiali". Questo però non gli ha impedito di provare ad impegnarsi, a fare qualcosa per quanto possibile, a non arrendersi, come invitava in un suo famoso brano prendendo in prestito lo slogan che tempo indietro esortava all'arruolamento militare, snaturandone completamente il fine... "up patriots to arms!". Non è possibile poi dimenticare la sua dissacrante ironia e la sua elegante critica sociale ed antiborghese contro l'apparire e la vacuità imperante di chi "si mette degli occhiali da sole per avere più carisma e sintomatico mistero". 

Avere o Essere? come il saggio dello psicoanalista Erich Fromm sul dilemma amletico rivisitato. 


 Battiato scelse di esibirsi nel suggestivo e leggendario concerto di Baghdad nel 1992, portando la sua musica di pace e di solidarietà in Iraq e soprattutto sfidando i postumi della prima guerra del Golfo terminata pochi mesi prima. L'Iraq fu colpita da durissime sanzioni economiche ed alla popolazione mancavano beni di prima necessità e cure mediche. Durante il concerto furono reinterpretate dal cantautore alcuni testi della cultura tradizionale irachena in un mistico incontro tra due culture apparentemente lontanissime tra loro che egli cerca di fare in modo che possano arricchirsi reciprocamente. Ecco, in questo possiamo individuare un altro pilastro fondamentale dell'intera opera musicale dell'artista siciliano: lo sforzo costante e perpetuo di avvicinare, contaminare e fondere tra loro culture lontanissime, occidente e oriente. Battiato ci insegna che solo la conoscenza di altri "mondi lontanissimi" e la cultura, aumentano in maniera esponenziale la bellezza che c'è nel mondo, e noi non dobbiamo far altro che scoprire questa bellezza e godere di tanta ricchezza. Si, perché la diversità, secondo Battiato, altro non è che ricchezza. Il concerto di Baghdad fu trasmesso in televisione per raccogliere fondi per l'infanzia irachena e lo stesso Battiato dichiarò di non aver avuto scopi politici: "Lo scopo della mia visita in Iraq era umanitario, perché non trovo giusto che un popolo debba soffrire per colpe non sue". Oltre al Battiato più politico ed impegnato, abbiamo poi il Battiato esoterico e filosofico. A guardarlo bene, di questo straordinario artista, si può dire veramente che durante la sua permanenza terrena abbia raggiunto il tanto famoso "centro di gravità permanente" che è riuscito a farci cantare e ballare tutti almeno una volta nella vita. 

 E' stato a modo suo anche un mistico. 


Attraverso le pratiche di meditazione orientale da lui studiate ed approfondite durante tutta la sua vita è riuscito a "tendere all'aldilà". Il musicista tra l'altro ha conosciuto personalmente il filosofo, mistico e musicista armeno G. I. Gurdjieff e gran parte della sua produzione è influenzata dall'opera di quest’ultimo. Ha avuto in assoluto i rapporti più intensi con un grande filosofo italiano del Novecento, Manlio Sgalambro (coautore di molti dei suoi testi), con il quale nonostante la lunghissima collaborazione ha sempre continuato a darsi del "Lei". Franco Battiato ci conduce alle porte del metafisico e ci riconcilia con il senso dell'esistenza, con l'infinito, con l'atemporalità, con la nostra essenza. In una sorta di "panteismo spirituale”, credeva nella reincarnazione, questo lo possiamo affermare con certezza, ma non ha mai dato l'idea di essere rinchiuso in qualche dogma, in qualche sorta di decalogo, in qualche ideologia religiosa. Per lui il senso stesso del tutto era la costante ricerca, in primis dentro se stessi. Battiato, prima di iniziare a meditare, si dice pronunciasse queste parole: "Per ogni essere senziente". Questo penso che la dica lunga sul suo mondo interiore calato nella Natura. Non si può dimenticare quel canto sublime dedicato al volo degli uccelli che racchiudono codici di geometria esistenziale e i segnali di vita chiaramente percepibili nei cortili e nelle case all'imbrunire le cui luci fanno ricordare le meccaniche celesti, così come intensissime e profonde canzoni d'amore, una su tutte La cura. Un amore inteso, in questo caso, nella sua concezione più alta ed aulica. 

Un amore che il Maestro riconosce nel prendersi cura dell'Altro unilateralmente ed incondizionatamente, nel bisogno di darsi all'Altro senza necessariamente ricevere qualcosa in cambio. 


Credo che sia ben evidente il file rouge che lega tutto il percorso umano e artistico dell’A.: la conoscenza intesa come continua ed incessante ricerca. La conoscenza, a cui si accede solo attraverso la ricerca umana e spirituale dentro noi stessi, respirando libertà. ”Si può sperare che il mondo torni a quote più normali che possa contemplare il cielo e i fiori che non si parli più di dittature" Speriamo veramente che un giorno possa essere così. Non sappiamo quanto tempo ancora ci vorrà, noi, intanto, con Lui cantiamo: "finché non saremo Liberi, torneremo ancora, ancora... e ancora". 

 Emanuele Fabiano




giovedì 17 giugno 2021

#dante #centenariodantesco IN RICORDO DI ROBERT HOLLANDER: IL DANTISTA CHE HA "DIGITALIZZATO" LA DIVINA COMMEDIA

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IN RICORDO DI ROBERT HOLLANDER: IL DANTISTA CHE HA "DIGITALIZZATO" LA DIVINA COMMEDIA 

Nell'anno del Centenario dantesco si spegne l'illustre dantista statunitense, che compì una rivoluzione digitalizzando i commenti alla Commedia.


di Claudio Leone

1. Robert Hollander e Roberto Benigni a Firenze per la presentazione del commento di Hollander della Commedia (2011).


Robert Hollander, professore emerito di Letteratura Italiana a Princeton e dantista di fama internazionale, si è spento, il 15 giugno, all’età di 87 anni[1], nell'anno del Centenario Dantesco.

 Il suo nome potrà dire poco ai più, ma vale la pena conoscere, almeno un po’, uno dei giganti dello studio di Dante in America e nel mondo. Non stupisca il fatto che Dante sia studiato anche oltre i confini italiani: gli Stati Uniti, infatti, hanno una lunga e proficua tradizione di studi danteschi, basti pensare che la Dante Society of America, di cui Hollander è stato presidente[2], è stata fondata nel 1881[3], qualche anno prima della Società Dantesca Italiana (1888)[4].

Robert Hollander, nato a New York nel 1933, si laureò a Princeton nel 1955 e poi conseguì il dottorato di ricerca alla Columbia nel 1962[5].  Ha insegnato per più di quarant'anni proprio a Princeton, uno degli atenei più prestigiosi al mondo e tenuto corsi e lezioni in tutto il mondo. Nel 1982, invitato a tenere un corso su Dante a Dartmouth, noto college nel New Hampshire, avviò qui un progetto rivoluzionario per l’epoca e tuttora fondamentale per gli studiosi, il Darmouth Dante Project, una banca dati che contiene i più importanti commenti danteschi dal Trecento a oggi[6].

Non si trattava (né si tratta) semplicemente di una grande biblioteca digitale fine a sé stessa, ma di un vero e proprio strumento di lavoro per i dantisti di tutto il mondo. Uno studioso di Dante sa bene, infatti, che ogni sua intuizione richiede sempre il confronto con tutta la tradizione d’interpretazione precedente per valutare, eventualmente, il grado di originalità di una sua intuizione o per sondare le direttive del commento, disseminate in settecento anni di tradizione o per rintracciare le varie fonti nel Poema.

2. Robert Hollander.


Sviluppatasi tra il 1982 e il 1988 e costantemente in aggiornamento, la banca dati oggi consta di 75 commenti in italiano, latino e inglese, con un’estensione temporale che si dipana dalle origini, con il commento di Pietro Alighieri, figlio del Sommo Poeta, fino ai commenti pubblicati nei nostri giorni (il più recente è del 2015). Lo spoglio dei testi, che un tempo richiedeva spostamenti tra biblioteche, ora è possibile da un computer e la diffusione globale del progetto realizza ciò che Hollander scriveva già negli anni Ottanta: “Il Dante Darmouth Project diventerà, oserei dire, indispensabile»[7].

La sua vita è stata interamente dedicata allo studio della letteratura italiana, con centinaia di pubblicazioni scientifiche tra monografie su Dante e Boccaccio e articoli su riviste accademiche. 


Perfino la sua vita amorosa si legava intorno alla figura del Sommo Poeta: con sua moglie Jean, poetessa conosciuta proprio a Princeton, curò la traduzione della Commedia in inglese.

3. Robert Hollander e sua moglie Jean insieme al busto di Dante.


Necessariamente legato all’Italia, è stato più volte a Firenze, nella sede della Società Dantesca Italiana, dove, accompagnato dall’amico Roberto Benigni, presentò il suo commento al capolavoro dantesco: un legame che fu ricambiato dalla città toscana con il conferimento, nel 2008, del Fiorino d’Oro.

Va via, proprio nell’anno del Centenario dantesco, uno dei massimi studiosi del Sommo Poeta, un esempio di amore per la letteratura, rigore e innovazione nella ricerca, ma non privo di ironia, dimostrata quando raccontò di aver raccolto qualche dissenso per il nascente progetto in rete dedicato a Dante:

«Devo dire che tra i vari quesiti che mi sono stati posti, la domanda più ricorrente è sempre” Cosa ne penserebbe Dante di questo progetto?” La risposta più giusta a questa domanda credo di averla già fornita la prima volta “Sarebbe piaciuto tanto anche a lui”»[8].



 

 



[1]https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2021/06/15/addio-a-robert-hollander-decano-dantisti-in-usa_6d0ef080-4b21-40b5-afc2-d8d20e0fb47f.html

[2] https://www.dantesociety.org/node/129

[3] https://www.dantesociety.org/about-society

[4] https://www.dantesca.it/

[5]https://www.princeton.edu/news/2021/05/13/robert-hollander-preeminent-scholar-dante-pioneer-digital-humanities-and-princeton

[6] https://dante.dartmouth.edu/

[7] R. HOLLANDER, Il «Dartmouth Dante Project», in Letteratura italiana e arti figurative: atti del XII Convegno dell'Associazione internazionale per gli studi di lingua e letteratura italiana (Toronto, Hamilton, Montreal, 6-10 maggio 1985), vol. I, 277-285: 280.

[8] Ivi, p. 282.

 

 

 

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