venerdì 21 febbraio 2014

Uno della MAGNUM: Ferdinando Scianna ed il punctum di Barthes.


Ferdinando Scianna

Roland Barthes

Nato a Bagheria, in Sicilia il 4 Luglio 1943. Si è occupato di moda, reportage, ritratto. Il suo primo lavoro lo realizzò su feste religiose della Sicilia nel 1966. Ferdinando Scianna ha collaborato con L'Europeo, di cui fu corrispondente da Parigi ed entrò nella Agenzia Magnum dal 1987.  Da buon vecchio studente di Lettere e Filosofia, da uomo sempre circondato da scrittori (Leonardo Sciascia in primis, Manuel Vazquez Montalban), artisti di primo piano, imprenditori creativi (come Dolce e Gabbana di cui curò le campagne pubblicitarie nella seconda metà degli Ottanta), ha una visione  ampia dell'arte ed eloquenza raffinata e compiuta che non nasconde quando intervistato.
Giocando sulla etimologia della parola "fotografia" si chiede se fotografia significa "scrittura di luce", nel qual caso è la natura stessa la scrittrice che scrive e descrive; ma se si pensa alla fotografia come a "scrittura con la luce", allora è il fotografo lo scrittore. Bisogna "considerare la fotografia come una struttura del racconto e della memoria".
« È il suo fotografare, quasi una rapida, fulminea organizzazione della realtà, una catalizzazione della realtà oggettiva in realtà fotografica: quasi che tutto quello su cui il suo occhio si posa e il suo obiettivo si leva obbedisce proprio in quel momento, né prima né dopo, per istantaneo magnetismo, al suo sentimento, alla sua volontà e - in definitiva - al suo stile. »
(Leonardo Sciascia)

Magnum Photos
venne fondata, come è noto, nel 1947 da Henri Cartier-Bresson, Robert Capa, David Seymour e William Vandivert, tutti Autori convinti della portata della fotografia nel documentare il mondo al mondo.

Roland Barthes (1915-1980) è stato un saggista, critico letterario, linguista e semiologo francese, fra i maggiori esponenti della critica francese di orientamento strutturalista.
Roland Barthes - Semiotica & Foto - individua nella foto due elementi fondamentali, studium e punctum. Lo studium è la parte che investe l'interessamento generale, la parte non-curante dello spettatore, il suo semivolere; informa, invoglia, "procura piacere al soggetto". Il punctum è "quella fatalità in quale essa mi punge", queste le parole di Barthes; quel particolare della foto che mi rende tale foton diversa dalle altre. Il punctum " fa godere lo spettatore". Si potrebbe dire da un altro punto di vista che il punctum è un perturbante caotico, qualcosa di imprevisto che muta il sistema in cui si appalesa. Scianna indica una sua foto per far comprendere la concezione di Barthes: 
Marpessa, Modica, F. Scianna, 1987.
Il punctum è rappresentato nell'ovale: quelle scarpe orientate in maniera imbarazzata ed infantile:


Ecco il perturbante che quasi firma una immagine indimenticabile, altrimenti solo una buona foto senza il punctum. Lo studium  è l'aspetto razionale, e si manifesta quando il fruitore si pone delle domande sulle informazioni che la foto gli fornisce (costumi, usi, aspetti); il punctum è l'aspetto emozionale, lì dove lo spettatore viene irrazionalmente spinto da un dettaglio particolare della foto. Gli altri elementi della "Camera chiara" sono l' operator, colui che scatta la foto; lo spectator è il fruitore dell'opera;  spectrum il soggetto immortalato. Si ricorda che Barthes contrapponeva la Camera chiara (Chambre claire) alla camera oscura, il luogo delle elaborazioni delle immagini basate sulla tecnologia chimica. Il termine "camera chiara" fa riferimento ad un apparecchio antecedente alla fotografia che permetteva di disegnare attraverso un prisma, avendo un occhio sul modello e l'altro sulla carta.


In questo senso la fotografia manifesta tutta la sua esteriorità, ma anche la sua interiorità misteriosa, impenetrabile, non rivelata. (Roland Barthes, La camera chiara, paragrafo 44). Oggigiorno si tende a parlare di camera chiara per indicare il luogo di elaborazione digitale delle immagini (postproduzione). (achille miglionico)














  • I Grandi Fotografi Magnum Photos, Ferdinando Scianna, Hachette, 2005. 
  • Augusto Ponzio, Patrizia Calefato, Susan Petrilli (a cura di), Con Roland Barthes alle sorgenti del senso, Meltemi, Roma 2006.
  • Roland Barthes, La camera chiara. Nota sulla fotografia, traduzione di R. Guidieri, Einaudi, pp. 130, 1980. 
  • Sougez & Gallardo, Diccionario de Historia de la Fotografia, Catedra, Cuadernos Arte, 2003.


giovedì 20 febbraio 2014

Trasporti aerei per fotografi e l'atteso obiettivo full-frame AF-S NIKKOR 35mm f/1.8G.



Presentato alla fiera di Las Vegas ed immesso in vendita da metà Febbraio è finalmente disponibile il nuovo Nikkor AF-S 35 mm f/1,8 G. Le ottiche a focale fissa rappresentano una buona scelta per chi cerca qualità a prezzi accessibili e una certa trasportabilità. Nei viaggi estremi o lunghi, comunque non "dedicati" (cioè non so cosa mi serva nello specifico) con cambi di aerei e mezzi da cambiare, portarsi con sé validissimi e luminosi obiettivi zoom tra 25mm e oltre 100 mmm è rassicurante ma è una soluzione troppo "pesante": uno zoom che pesa oltre 700 g. può divenire un problema di maneggevolezza e di trasporto. Il magnifico e costoso Nikkor AF-S 24-70/2,8 G ED pesa 900 g. per  intendersi. Oggigiorno con le crescenti limitazioni di peso a bordo e fuori bordo, imposte dalle aviolinee, non è facile destreggiarsi quando bisogna trasportare e vigilare attrezzature fotografiche. Per chi debba fare un reportage in Africa con cambi paesaggistici dall'urbano alla savana significa portare con sé un tele spinto (sino e oltre 500 mm) che pesa di per sé  sopra il chilogrammo e mezzo: p.e. io uso per gli animali il valido e testato Sigma SIGMA 150-500/5-6.3 APO DG OS HSM che pesa ben 1910 g.( il che non è uno scherzo in viaggio). Un tale zoom non può certo essere usato come tele non spinto, p.e. a 150 mm in quanto non è agevole da manovrare a mano libera malgrado il sistema di stabilizzazione intrinseco. Dunque bisogna portarsi anche un tele come   il Nikkor AF-S 70-300/4,5-5,6 G VR IF-ED (peso: 745 gr). Alla fine nel bagaglio da cabina uno dovrebbe portare tra corpo macchina e obiettivi oltre 5 Kg, senza calcolare un notebook (almeno un Kg). E gli accessori? Da brivido. Importante alleggerirsi, dunque. Per esempio il 150-500 mm può essere sostituito dal 70-300 con duplicatore (un'altra spesa).

E poi per la strada ed i panorami cosa fare? Ecco che secondo me bisogna avere a corredo anche una ottica fissa da 35 mm, un tuttofare luminoso e leggero da tenere sempre attaccato al corpo macchina (gli zaini ballano ferocemente tra mani e spalla, soprattutto nel fuoristrada). Prima disponevamo solo di obiettivi FX (per formato full-frame) assai costosi. Non è più così da Febbraio 2014. Nikon durante la fiera di Las Vegas ha presentato una novità per la sua gamma di ottiche, l'obiettivo AF-S NIKKOR 35mm f/1.8G. Si tratta di un'ottica FX, studiata per equipaggiare le reflex full frame (dove offre un angolo di campo di 63°), ma naturalmente può trovare utilizzo anche sulle fotocamere con sensore in formato ridotto DX APS-C, dove diventa un 'normale' 52 mm circa.
Al momento di scrittura il nuovo obiettivo, che  va ad affiancarsi alle proposte già in gamma (AF-S NIKKOR 28mm f/1.8G, AF-S NIKKOR 50mm f/1.8G e AF-S NIKKOR 85mm f/1.8G), completando la gamma di focali coperte. Il prezzo USA è di circa 600 dollari. In Italia costa sopra 500 euro, previa ordinazione (disponibile presso Ottica Fiorito di Bari). Per la prova sul campo vi faremo sapere. (achille miglionico)

La Gente che sta bene



Chi è la gente che sta bene? Chi ha forse i soldi, chi fa cene di affari e pubbliche relazioni? Chi partecipa alle serate di gala?
Un tema molto interessante che sta ispirando numerose sceneggiature è la crisi di questo periodo e spesso vengono realizzati film (a volte presunti) di denuncia, però data la difficoltà del tema spesso il film non soddisfa a pieno, in questa categoria rientra “La gente che sta bene”, che nasce come film di denuncia, ma poi si smarrisce mettendo troppa carne al fuoco.
 Il che è un vero peccato perché partendo anche solo dal cast gli elementi per realizzare un ottima pellicola ce ne erano, a partire dal protagonista Claudio Bisio nelle vesti stavolta di un ruolo prima di carnefice, poi di salvatore, poi di vittima, affiancato da Margherita Buy, Diego Abatantuono e Carlo Buccirosso, e nonostante il loro ottimo lavoro fatto nel film neanche loro riescono a salvare una sceneggiatura troppo piena di elementi che non vengono né approfonditi a dovere, né ai fini del racconto contribuiscono alla buona riuscita del film.
L’avvocato d’affari  Umberto Dorloni (Claudio Bisio) è un uomo spietato, nella Milano che si finge impermiabile alla crisi. E’ un tipo senza scrupoli, pronto a licenziare, a fare lo sgambetto ai partner del suo studio legale di grido, che crede fermamente in quello che fa, per lui la carriera e i soldi sono tutto, trascurando tutto il resto, moglie (Margherita Buy) e figli compresi.
 Infatti Bisio non ha molto dialogo in famiglia. Improvvisamente però il bel mondo di Umberto crolla, la crisi costringe i suoi superiori a licenziarlo, ma non dandosi per vinto Umberto riesce a inserirsi in affari con un losco quanto spietato avvocato (Diego Abatantuono) pur di rimanere in cima, ma questo incontro cambierà il modo di vivere di Umberto portandolo a vedere chiaramente il mondo in cui ha vissuto per anni e al quale era fiero di appartenere.
Il soggetto de “La gente che sta bene” è tanto accattivante quanto caotico, il film non spicca mai il volo, anzi con passare del tempo si appiattisce sempre di più dilungandosi inutilmente. Patierno il regista però fa affidamento su i suoi interpreti, un magistrale e inedito Claudio Bisio, che buca letteralmente lo schermo con i suoi primi piani e i suoi continui cambi di registro, una spumeggiante Margherita Buy, il sempre simpatico Diego Abatantuono e l’ironico Carlo Buccirosso, riponendo loro un compito troppo grande, cioè quello di reggere un film intero e seppur le loro prove d’attori sono tutte eccezionali non bastano a compensare i vari buchi della sceneggiatura.
Nel complesso il film è sicuramente sufficiente e si fa guardare ma è una grande occasione non colta appieno. La morale  del film  è che gente che sta bene non è di certo chi si fa i nodi alle cravatte, chi indossa abiti lussuosi, chi fa pubbliche relazioni per arrivare al successo ed è spietato con gli altri sino a svalutarli e licenziarli. La gente che sta bene è chi lotta e accetta la vita. La gente che sta bene è chi supera in questo momento di crisi la tristezza e si reinventa il lavoro. La gente che sta bene è chi difende la vita in quanto vita. (sabina pistillo)


Sotto una buona stella: una nuova coppia comica?


  Il nuovo film prodotto dalla Filmauro: “Sotto una buona stella”, scritto e diretto da Carlo Verdone, che è uscito nelle sale italiane il 13 febbraio. E’ una storia molto divertente che offre anche tanti spunti di riflessione. Un uomo che ha successo nel lavoro si trova a dover fare improvvisamente il “mammo” per dissesti economici e familiari. Si innesca uno scontro generazionale padre-figli che grazie poi all’incontro quasi casuale con una vicina di casa riesce a rasserenarsi.
Verdone e la Cortellesi formano una coppia esplosiva e i loro duetti reggono da soli tutto il film tra gag irresistibili che denotano tempi comici perfetti e buone dosi d’improvvisazione. Il conflitto tra padre e figli regge su un equilibrio perfetto tra dramma e umorismo laddove Lorenzo fa la figura dell’imbranato ogni volta che cerca di usare il pugno di ferro con i figli.
Il motivo conduttore del film è il crollo dei valori e la crisi economica che stiamo attraversando. Carlo Verdone, nel film Lorenzo Picchioni, è un uomo d’affari, andato via di casa con una nuova compagna. A causa dell’improvvisa morte della ex-moglie e di uno scandalo finanziario che lo riduce in rovina, Lorenzo Picchioni è costretto ad accogliere i figli Niccolò e Lia in casa sua stravolgendo la propria vita e mandando a monte la sua nuova relazione sentimentale.  Il conflitto generazionale con i due ragazzi, da sempre trascurati dal padre, ha una svolta inattesa quando nella vita di Lorenzo piomba l’estroversa condomina, vicina di casa, Paola Cortellesi nel film Luisa.  Interessante è la coppia Carlo Verdoni e Paola Cortellesi. La Cortellesi nel film è una cacciatrice di teste, che licenzia e ricolloca le persone, sforzandosi di sanare le aziende. In casa è un tutto fare, sa ballare, cantare, aggiusta lavastoviglie,sa cucinare ecc e Verdone dopo situazioni sentimentali  fallimentari, rinasce con la Cortellesi che riesce a conquistare la fiducia dei figli ventenni e lo aiuta su come educare e riformare un nucleo familiare.
Questo film apre uno spunto di riflessione anche sulle sempre più numerose famiglie allargate e sui figli contesi.
                  Il film funziona meno bene quando si concentra direttamente su Niccolò e Lia, i figli ventenni scivolando in alcune patetiche suggestioni da fiction televisiva risolte piuttosto in fretta, ma che riescono comunque a far emergere il disagio delle nuove generazioni a fronte della crisi economica che stiamo vivendo. Anche la figlioletta di Lia viene utilizzata come pretesto per i risvolti narrativi e viene sbattuta qua e là come un bambolotto ma non se ne sente davvero la necessità. Per il resto  è un film perfetto per raccontare l’amore che rappresenta la vera buona stella  che può davvero offrire una svolta nella vita. (sabina pistillo)


giovedì 6 febbraio 2014

CHE COSA SAPPIAMO SUGLI ALCOLICI?


L'alcole e la marijuana sono considerate sostanze psicoattive troppo "buone" per essere "cattive": la prima è sostenuta dallo Stato e l'altra dai privati che ne vedono unicamente proprietà terapeutiche (amplificate scorrettamente). In realtà le sostanze psicoattive - figuriamoci i mix - sono tutte potenzialmente dannose per il sistema nervoso centrale & Co. Ma CHE COSA c'è da sapere sull'ALCOL (alcole etilico)? Che cosa è una U.A. (Unità Alcolica)? "Io sono a rischio" con l'uso che ne faccio nel quotidiano? Vi reindirizziamo ad un sito scientificamente solido e non terroristico. Buona lettura e corretta bevuta...  www.contaibicchieri.it



L'OMS ha quantificato che nel 2005 ogni abitante del pianeta di età uguale e superiore a 15 anni ha consumato in media 6,13 litri di alcol puro, superando i 12,5 litri nell'emisfero settentrionale.
l’ISTAT ha rilevato un cambiamento del modello di consumo: aumenta la quota di chi beve occasionalmente (40% vs. 37%) o fuori pasto (28% vs. 25% nel 2001), in particolare i 14-17enni (dal 15,5% al 18,8%).
Nel complesso i bevitori con comportamento  a rischio sono 8,18 milioni, in diminuzione dell’1% rispetto al 2010.
Il consumo giornaliero non moderato di alcol riguarda il 13,6% degli uomini e il 3,6% delle donne in età>11 anni; il binge drinking rispettivamente il 12,2% e il 3,2%.
Le fasce di popolazione sono tre:
  • gli anziani di 65 anni e più (24,6%)
  • i giovani  di 18-24 anni (15,8%)
  • gli adolescenti di 11-17 anni (11,3%).
Mentre per gli anziani il modello di consumo è tradizionalmente riferito all’assunzione di vino a pasto, il binge drinking rappresenta la quasi totalità del rischio complessivo nei giovani, in particolare quelli che frequentano le discoteche. (ISTAT, 2012)
Per quanto riguarda invece il numero di alcol dipendenti in Italia, il Ministero della Salute lo stima attorno ad un milione.

RICORDIAMO. Da Febbraio 2013  è fatto divieto di vendita (in supermercati, negozi ecc.) e somministrazione di alcolici sotto i 18 anni. Gli esercenti hanno l'obbligo, pena gravi sanzioni sino all'arresto, di richiedere al giovane la carta di identità per accertarsi realmente dell'età del richiedente. 

R. Magritte - Le Savoir La porta Socchiudo la porta: s'intravede la luce La via non è fuori  È nel buio più intenso  nella parte più osc...