venerdì 7 novembre 2014

The judge - recensione




Quello dei Palmer è un dramma famigliare che che rimbalza oltre parole e gesti fermi tra le pieghe del tempo, che si traducono non solo nel male di chi li ingoia, ma divorano anche chi ne riempie il vuoto caricandolo di rancore e odio. David Dobkin mette a nudo sul palcoscenico di un'aula di tribunale, le diverse identità di un padre ed un figlio, i cui profili vengono definiti attraverso il loro conflitto che prende corpo nel corso della pellicola facendo ricorso ad un caso giudiziario che vede coinvolti Joseph PalmerThe Judge (interpretato da un ancora brillante Robert Duvall), accusato di omicidio, ed il figlio Hank (Robert Doweny jr), il miglior avvocato difensore degli indifendibili di Chicago, che si reca nella piccola cittadina natale dell'Indiana dopo aver ricevuto la notizia della morte di sua madre e dove è costretto a fermarsi per difendere l'odiato padre. Al di là di situazioni improbabili ed alquanto grottesche, e montaggio scenico mediocremente abbozzato, la narrazione si snoda in maniera fluida giocando sulle relazioni di una famiglia fin troppo americana, che attraverso lo sguardo di Hank si presenta come un quadro di Picasso, fatta di pezzi diversi ma uniti fino a toccarsi, dove la prospettiva è stata cancellata dall'ingombrante mano di un uomo, socialmente irreprensibile, che i tre figli chiamano Il Giudice. È il giudizio e l'accusa che pesa sulla vita di ogni figlio; su Hank costretto a lasciare la cittadina dove è cresciuto per sottrarsi allo sguardo di suo padre e riscattarsi, su Glen (Vincent D'Onofrio), il maggiore dei tre, grande promessa del basket non mantenuta a causa di un incidente provocato da Hank e che avrà conseguenze estreme sui rapporti, e sul minore, Dale (Jeremy Strong), affetto da ritardo mentale, nascosto sempre dietro una cinepresa. La permanenza di Hank nella cittadina dell'Indiana gli permette di soffiare su strati di polvere che coprono sentimenti ancora vivi, di far pace con le sue radici, e di ritrovare intatto l'amore di Samantha (Vera Farmiga). È una pellicola dove non  mancano momenti di forte intensità emotiva su cui Dobkin indugia poco evitando di scadere nel melodramma, smorzati dalla giusta ironia di Hank a cui Robert Doweny jr presta il volto in maniera eccellente duellando per bravura con un inossidabile Robert Duvall. 

Antonietta D'Ambrosio


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