venerdì 31 ottobre 2014

Boyhood - recensione






La bellezza e la purezza di questa pellicola è da riconoscersi nell'assoluta semplicità data dallo scorrere del tempo, in un frammento di vita che si srotola tra sogni, gioie e dolori, fallimenti e riscatti e nella consapevolezza abbagliante che la vita è battito che segue il battito, è tempo che segna il corpo, la mente e l'anima  e tutto si traduce in pensieri, sorrisi, lacrime, parole e gesti che crescono, vivono e cambiano, come cambia il mondo in un continuo divenire.  La magia di Richard Linklater sta nel condurre lo spettatore all'arte di saper guardare e cogliere l'attimo, ma ci solleva anche dall'affanno di aspettare che l'attimo colga noi, permettendoci di far pace col tempo che comincia a scorrere allo stesso ritmo del nostro respiro. Lo fa in maniera sublime mentre mescola finzione e realtà attraverso un progetto durato 12 anni, catturando con la macchina da presa qualche giorno ogni anno, e comincia dallo sguardo di Mason (Ellar Coltrane), disteso su un prato, che vaga oltre le nuvole, consentendoci di seguire la sua crescita reale mentre il mondo che lo circonda cresce e si trasforma con lui passando attraverso mutamenti sociali e politici (da Bush ad Obama), che hanno il solo scopo di scandire il suo tempo con riferimenti storici, in un'America che emerge negli spazi sconfinati attraverso una fotografia bellissima, ed in tutte le sue contraddizioni il giorno del suo sedicesimo compleanno, quando i genitori della nuova compagna di suo padre gli regalano fieri la bibbia e gli affidano il fucile di famiglia.
E' la vita di Mason dagli otto anni fino ai venti, figlio di genitori divorziati (Patricia Arquette ed Ethan Hawke), che vive con sua sorella poco più grande di lui (Lorelei Linklater) e con sua madre che, seppur amorevole e presente con i figli, si muove alternando alla sua crescita professionale nuovi matrimoni che naufragano tra alcool e violenza, e costringe Mason e Samantha a continui trasferimenti, il primo dei quali rimane scolpito nel cuore mentre attraverso la mano di Mason cancelliamo con un pennello le tacche sul muro che hanno segnato il tempo vissuto in quella casa, e con i suoi occhi lanciamo un doloroso addio al suo compagno di giochi. Linklater, aiutato dalle note di una splendida colonna sonora che spazia dai Coldplay a Bob Dylan, da Lady Gaga ai Pink Floyd,  lascia scorrere la vita di Mason senza grandi tragedie raccontandoci dei primi amori, passando attraverso i tormenti adolescenziali ed incomprensioni generazionali, e raggiunge un'alta intensità narrativa durante i momenti vissuti con suo padre, musicista poco affermato, determinante per lo sviluppo esistenziale di Mason, e nonostante per gran parte della pellicola ci appaia eternamente ragazzo, d'improvviso e con grande audacia cinematografica, Linklater ce lo mostra maturo anche nei tratti del viso, di una maturità che la madre di Mason non ha avuto la pazienza di aspettare, ma che era solo rimasta sospesa nel tempo. 

Antonietta D'Ambrosio




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