giovedì 20 gennaio 2011

IL POPOLO DEI NEET: Giovani che non lavorano e non studiano

Un giovane su cinque non studia e non lavora in Italia.  I giovani non inseriti in un percorso scolastico/formativo e neppure impegnati in un’attività lavorativa, sono poco più di due milioni, il 21,2 per cento tra i 15-29enni (anno 2009): la quota più elevata a livello europeo. Già da diversi anni a livello europeo si è posta l’attenzione sui giovani non più inseriti in un percorso scolastico/formativo, ma neppure impegnati in un’attività lavorativa: i Neet (Not in Education, Employment or Training). Per molti di loro un prolungato allontanamento dal mercato del lavoro o dal sistema formativo può comportare il rischio di una difficoltà di reinserimento.
La quota di Neet è più elevata tra le donne, 24,4 per cento rispetto al 18,2 per cento degli uomini. In leggera flessione nel biennio 2004-2006 e sostanzialmente costante nel biennio successivo, i giovani Neet tornano a crescere nel 2009 durante la fase ciclica negativa dovuta alla crisi economica mondiale.
Perché in Italia la quota di giovani Neet è di molto superiore a quella della media europea? Perché nella graduatoria Ue19 l’Italia risulta il paese in cui il fenomeno è più accentuato? L’incidenza è significativamente più alta rispetto ai maggiori paesi europei quali la Spagna (che, con il 16,9 per cento ci segue immediatamente nell’ordinamento), il Regno Unito (14,0 per cento), la Francia (12,3 per cento) e la Germania (11,6 per cento). I divari sono da ascrivere in primo luogo al minore inserimento dei giovani italiani nell’occupazione e in secondo luogo alla loro maggiore condizione di inattività (piuttosto che di disoccupazione) rispetto ai giovani degli altri paesi europei. I risultati mettono in luce la minore capacità del mercato del lavoro italiano di includere i giovani, e il rischio che, per molti, la permanenza prolungata in uno stato di inattività si trasformi in una condizione permanente. Il giovane italiano è meno pronto alla ricerca del lavoro quando questo comporti un allontanamento dai luoghi abituali di residenza e dalle comodità domestiche assicurate da mamme iperprotettive ed efficienti, da padri che assicurano congrue "paghette" settimanali, da nonni pensionati ? Dove sono finiti gli italiani coraggiosi che sfidavano anche gli oceani pur di lavorare? che partivano con valigia verso il Nord o la Francia? Il lavoro e le responsabilità preoccupano più della disoccupazione e si privilegiano "lavoretti" che non consentono mai una pur modesta autonomia. Precari per sempre. Ma si rinuncia anche agli studi gravosi. Due milioni - solo di questi parliamo non dfi quelli che lottano, studiano e "cercano" bramando il lavoro - che non fanno nulla. (a.m.)

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