venerdì 4 marzo 2011

Ci facciamo un drink?

Ci facciamo un drink? era una volta un espediente per ampliare l'orizzonte relazionale. Oggi il drink risente di un consumo più autistico, non più rivolto a tessere e favorire relazioni bensì tendente allo "sballo" individualistico. Lo confermano le ricerche nazionali. Il Ministro della Salute, Ferruccio Fazio, ha trasmesso ai presidenti di Camera e Senato la relazione in "materia di alcol e problemi alcolcorrelati", in attuazione della legge 125/2001. Il "quadro" nazionale, come previsto dalle tendenze che sono osservabili da noi tutti nella esperienza della vita quotidiana, non è rassicurante.   Risulta che in Italia:
  • quasi 8,5 milioni di cittadini bevono oltre la soglia di rischio;
  • bevono a rischio circa 475.000 ragazzi con meno di 16 anni (pari al 18,5% dei ragazzi ed al 15,5% delle ragazze);
  • la situazione tra la popolazione più giovane è peggiorata anche per abitudini di "importazione" come il binge drinking, vera moda tra i giovani uomini tra i 18 e i 24 anni (21,6%) e nella fascia 25-44 anni (17,4%);
  • il  binge drinking è diffuso anche fra le donne fra i 18 e i 24 anni (7,9%) e - udite, udite -  fra le giovanissime di 11-15 anni, è addirittura più diffusa che fra i coetanei maschi;
  •  nell'ultimo decennio è cresciuta in Italia la quota di chi beve al di fuori dei pasti e che tale aumento è particolarmente significativo tra le donne.
Con la relazione è stato presentato anche il primo bilancio dell'operazione "Naso rosso", iniziativa promossa d'intesa con il ministero della Gioventù. Dai dati emerge che il 34,6% dei giovani arriva in discoteca già con un tasso di alcol nel sangue superiore al limite dello 0,5 concesso dalla legge per poter guidare. A fine serata, la percentuale di giovani sopra la soglia dello 0,5 è aumentata al 44%, mentre quelli a tasso zero, che all'ingresso erano il 33%, sono scesi al 16%.


Nel 2008 circa 6mila incidenti stradali - per la precisione, 5.920, il 2,12% del totale - sono stati causati dall'eccessivo consumo di alcol e da conducenti in stato di ebbrezza. Se a questi dati si dovessero aggiungere i dati degli incidenti stradali da "sonno", da colpo di sonno o da inavvertiti "treni di sonno" durante apparente stato di veglia, che colpiscono chi è deprivato di sonno o comunque si aggira in fasce notturne di maggiore vulnerabilità al sonno  (anche in assenza di alcolemia elevata), forse si comprende come mai viaggiare di notte non è più consigliabile ed è assai temuto dai genitori in attesa di rientro dei figli dalla movida notturna (anche loro insonni forzosamente). Perchè le discoteche ed i locali debbano essere aperti in orari assurdi è questo un "mistero" vero, tutto europeo. Tutto nacque dalla movida madrilena, dalla reazione di un popolo sin lì represso dalla dittatura spagnola, dopo il 1975: la movida è un regalo di Franco e del postfranchismo. Di notte si beve di più, la "fauna" umana cambia e si sente cambiata. Pian piano i locali hanno cominciato ad aprirsi sempre più tardi. Perché questa deriva di orari di attività verso le ore deputate dalla natura al riposo dei mammiferi? Si invocano posti di lavoro da difendere nelle interviste dei gestori di discoteche: perché? se si aprissero prima i locali non si riempirebbero egualmente di clienti in cerca di svago? Negli anni Ottanta si frequentavano "proficuamente" le discoteche anche di pomeriggio. Parola di universitario "bolognese" che si è anche laureato. E che cerca di dormire la notte per godersi il giorno. Consumo di alcol e di sostanze psicoattive sono aumentati quanto i disturbi del sonno. Parola di medico. (a.m.) 

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