Quali sono le fondamenta
dell’Europa odierna?
Nei giorni del “Brexit”…(non ne conosciamo ancora l'esito)
È la “romanità” che ci unisce o la cristianità? O forse entrambi
i cofattori culturali sono embricati al punto di essere indistinguibili?
Perché siamo così poco uniti noi Europei? E noi Italiani?
Noi che siamo stati tra i Paesi Fondatori della Comunità e poi Unione europea,
noi che abbiamo contribuito a delineare il progetto della moderna Europa
durante gli anni bui dell’ultima guerra mondiale grazie al “Manifesto di
Ventotene[1]?”
Nel dibattito - sorto all’epoca della definitiva
archiviazione dell’idea di una Costituzione per l’Europa, era l’anno 2009 – si
è sentito parlare con una certa insistenza del tema delle “radici cristiane
dell’Europa”.
Come europei, diretti interessati, tale argomento merita
sicuramente di essere affrontato in maniera più corretta e senza derive
ideologiche o politiche ma basandosi unicamente su dati storici, letterari ed
antropologici, individuando così gli elementi che concretamente traspaiono.
Il Medioevo, periodo spesso bistrattato della nostra Storia,
si pone come snodo fondamentale dell’evoluzione europea e come passaggio
obbligato, per una serie di eventi e personaggi, di quella che è l’Europa
moderna. Se pensiamo ad esempio alla letteratura, all’arte ma anche alla
geopolitica odierna non possiamo non vedere quelli che sono stati gli influssi
di eventi verificatisi in periodo medievale. Battaglie e guerre[2] sono
forse l’aspetto iconografico che viene ricollegato più di frequente come
caratteristico del periodo medievale ma non certo secondariamente esso può
essere legato anche e maggiormente ad opere letterarie e giuridiche,
innovazioni bancarie, finanziarie, commerciali nonché tecniche, piccole e
grandi, nei campi più disparati del vivere quotidiano, e per molto altro
ancora.[3]
Al costante inseguimento dei fasti del passato periodo Classico
ma anche proiettato all’innovazione ed alla sperimentazione, spesso dettata
dalla scarsità delle risorse ed alla difficoltà delle condizioni ambientali e
sociali, il Medioevo appare come un periodo storico incredibilmente vitale e
dinamico. Questa sua vitalità ed apertura spesso, in tempi moderni, è stata
però non riconosciuta o addirittura negata preferendo vedere, ove non vi era,
una chiusura, anche ideologica, che rischia di far percepire come aspetto
principe del periodo medievale un isolazionismo ed un autoreferenzialismo non
propri di questo periodo.
La necessità che ogni epoca storica abbia un’entità
catalizzatrice e (inevitabilmente) accentratrice ha visto prevalere nel Medioevo,
con la debolezza e la frammentazione dei poteri politici che sono venuti ad
esistenza dal declino dell’Impero, il potere religioso legato al papato,
massimo esponente del Cristianesimo in Europa. Infatti se a livello macro-politico,
giuridico e filosofico l’eredità classica è quella comune all’Europa moderna,
dal punto di vista religioso ed etico il carattere comune e continuativo si
deve far risalire necessariamente al Cristianesimo.
Inevitabile, anche secondo alcuni illustri medievisti e
sociologi, riconoscere al Cristianesimo una funzione di “salvataggio” culturale
e sociale dell’Europa dalla disgregazione romana. A livello culturale,
artistico ed etico gli influssi derivati da questo salvataggio sono ancora oggi
percepibili.
Si deve il merito al mondo cristiano, disgiuntamente anche
se in contemporanea a parte di quello arabo, anche del salvataggio della
cultura classica[4], sebbene
con interpolazioni e censure di matrice ideologica che non vanno dimenticate[5]. Mentre
le città e i borghi si spopolavano e venivano saccheggiati, nel chiuso dei
monasteri, prima, e delle università, poi con la rinascita delle città, si
garantiva la sopravvivenza della cultura e delle conoscenze classiche da cui si
cercava di attingere a piene mani con un’avidità limitata solo dalla difficoltà
di reperire i testi antichi.
Venendo alla contemporaneità, in una società come la nostra dove
la ricerca di facili ed illusorie certezze porta a semplificare tutto
riducendolo ad una serie di coppie concettuali nette e spesso
decontestualizzate (si-no, giusto-sbagliato, ecc.) viene forse troppo facile
rispondere alla domanda se l’Europa di oggi sia o debba essere “Cristiana“,
come se la risposta a questa domanda potesse automaticamente risolvere le
miriadi di problematiche legate alla modernità. Problematiche come
l’integrazione culturale e sociale, la crisi di valori, la crisi finanziaria, la
forte pressione dei flussi migratori che minano costantemente e quotidianamente
l’equilibrio già precario della nostra società. La risposta appare complessa e
non di facile lettura in quanto il riconoscimento di un fondamento culturale
cristiano dell’Europa appare da una parte innegabile ma dall’altro inidoneo a
dare risposta alle su citate problematiche. Una ostentazione di una identità cristiana
senza una reale e profonda conoscenza di ciò che essa implica rischia solamente
di far aumentare l’instabilità e l’incertezza e non certo di dare risposte o
soluzioni.
Ciò che viene da chiedersi è se sia giusto utilizzare in
maniera immatura ed in chiave “offensiva” il retroterra culturale cristiano
riducendolo ad uno stereotipo svincolato dal tempo, i nostri giorni, e legato
solo allo spazio, l’Europa.
Proprio la diarchia tra laicità e Cristianesimo pare
insanabile nel nostro Paese ove si vuole a tutti i costi una contaminazione
religiosa in tutti i settori della società arrivando così a minare i diritti di
una pluralità di cittadini senza che questo apporti un reale miglioramento
nella società.
La soluzione adottata dalla Francia moderna, cioè la
cosiddetta “laicità di stato”, che mutuata dagli ideali rivoluzionari ed
illuministi, indirettamente discende dall’idea proprio medievale di separazione
del laico dal religioso introdotta nell’XI sec. con la riforma gregoriana, pare
quella che meglio, da sempre, riesce a conciliare le radici storiche e
culturali dell’Europa, valorizzando a livello storico, archeologico e culturale
il retroterra cristiano ma allo stesso tempo tenendolo ben distinto da quella
che è la vita politica ed il riconoscimento dei diritti individuali garantiti
ai singoli. Insomma, un punto di equilibrio pare assolutamente possibile e
soprattutto doveroso nel rispetto di chi pur essendo europeo non si riconosce
come cristiano. Infatti spesso si dimentica che volendo imporre nella vita
politica di un Paese il Cristianesimo, magari in funzione anti-islamica, si va
allo stesso tempo a colpire una fascia sempre più ampia di popolazione che non
si riconosce in alcuna ideologia religiosa.
Concludendo; negare le radici culturali cristiane
dell’Europa finisce per dimostrarsi un falso storico, una manovra con
connotazioni ideologiche tendenziose e svincolate dalla Storia e dalla realtà,
ma altresì voler riconoscere un valore attivo e non solo storico al
Cristianesimo in una società moderna che dovrebbe essere sorretta nelle sue
leggi dalla laicità e dalla tutela dei diritti di tutti i suoi cittadini, indipendentemente da quale credo religioso abbraccino, appare altrettanto fuori dalla realtà ed estremamente pericoloso. (dr. Andrea Boccuzzi, esperto di Medioevo)
Jacques Le Goff (1924-2014) lo storico che ha reinterpretato il Medioevo. |
Johan Huizinga (1872-1945), morto recluso dai nazisti. Un innovatore che ha scritto "L'Autunno del Medioevo" ed il famoso "Homo Ludens" (citato da Eric Berne) |
[1] Il cosiddetto “Manifesto di Ventotene”, fu scritto tra
il 1941 ed il 1944, durante il periodo di confino sull’omonima isola del mar
Tirreno, da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Ursula Hirshmann; tale manifesto
promuoveva la nascita di una Europa unita ed in pace.
[2] Tanto per citarne due famose: la battaglia di Bouvines
combattuta tra la coalizione composta e capitanata dai francesi, dal papato e da
Federico II di Svevia contro la coalizione di Ottone IV di Brunswick, Giovanni
II d’Inghilterra e gli oppositori franco-borgognoni e fiamminghi del re di
Francia; tale battaglia fu chiamata “la battaglia delle Nazioni” per via della
cruciale importanza che ebbe nel delineare l’assetto non solo delle Nazioni
nascenti che ne presero parte ma anche dell’Europa futura e poi la “Guerra dei
cent’anni” altro importantissimo fatto d’arme che ha contribuito in modo marcatissimo
a gettare le fondamenta dell’Europa che conosciamo.
[3] Ci vorrebbero pagine e pagine per parlare di tutte le
innovazioni introdotte in periodo medievale, basti pensare che l’equivalente
dei travel check fino anche ad
invenzioni come gli occhiali o i libri sono tutti stati introdotti nel Medioevo.
[4] Le grandi Biblioteche del passato come quella di
Alessandria d’Egitto si erano polverizzate negli incendi e saccheggi. Questo
significa, per rapportarlo ai nostri tempi e far comprendere appieno la portata
di tali eventi, che il sapere universale dell’epoca è andato in gran parte
distrutto, un po’ come se si “bruciassero” i dati di un computer contenente una
banca dati universale senza possibilità di back-up. Senza il Medioevo sarebbero scomparse opere classiche
del mondo greco-romano nonché, forse, le antiche lingue in cui erano scritte:
gli amanuensi salvarono - “copiando” - la quasi totalità del pensiero classico a noi pervenuto.
Completarono l’opera di tramandare gli Arabi, che tradussero opere filosofiche
e tecnico-scientifiche. Monaci benedettini, cistercensi e studiosi arabi hanno
fatto il back-up per noi.
[5] Vi era l’uso tra le gerarchie ecclesiastiche cristiane
di recuperare i testi classici volendo loro dare una lettura conforme al
messaggio cristiano, attingendo anche all’iconografia mitologica che venne
utilizzata, in modo piuttosto arbitrario, per dare una forma anche ai “diavoli”
simbolo del male anti-cristiano tanto utilizzato come entità rivale a quella “benefica”
del Cristianesimo.
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