giovedì 23 giugno 2016

BREXIT OR NOT BREXIT: il dubbio amletico del cittadino Europeo





Quali sono le fondamenta dell’Europa odierna? 
Nei giorni del “Brexit”…(non ne conosciamo ancora l'esito)


È la “romanità” che ci unisce o la cristianità? O forse entrambi i cofattori culturali sono embricati al punto di essere indistinguibili?
Perché siamo così poco uniti noi Europei? E noi Italiani? Noi che siamo stati tra i Paesi Fondatori della Comunità e poi Unione europea, noi che abbiamo contribuito a delineare il progetto della moderna Europa durante gli anni bui dell’ultima guerra mondiale grazie al “Manifesto di Ventotene[1]?”
Nel dibattito - sorto all’epoca della definitiva archiviazione dell’idea di una Costituzione per l’Europa, era l’anno 2009 – si è sentito parlare con una certa insistenza del tema delle “radici cristiane dell’Europa”.
Come europei, diretti interessati, tale argomento merita sicuramente di essere affrontato in maniera più corretta e senza derive ideologiche o politiche ma basandosi unicamente su dati storici, letterari ed antropologici, individuando così gli elementi che concretamente traspaiono.
Il Medioevo, periodo spesso bistrattato della nostra Storia, si pone come snodo fondamentale dell’evoluzione europea e come passaggio obbligato, per una serie di eventi e personaggi, di quella che è l’Europa moderna. Se pensiamo ad esempio alla letteratura, all’arte ma anche alla geopolitica odierna non possiamo non vedere quelli che sono stati gli influssi di eventi verificatisi in periodo medievale. Battaglie e guerre[2] sono forse l’aspetto iconografico che viene ricollegato più di frequente come caratteristico del periodo medievale ma non certo secondariamente esso può essere legato anche e maggiormente ad opere letterarie e giuridiche, innovazioni bancarie, finanziarie, commerciali nonché tecniche, piccole e grandi, nei campi più disparati del vivere quotidiano, e per molto altro ancora.[3]  
Al costante inseguimento dei fasti del passato periodo Classico ma anche proiettato all’innovazione ed alla sperimentazione, spesso dettata dalla scarsità delle risorse ed alla difficoltà delle condizioni ambientali e sociali, il Medioevo appare come un periodo storico incredibilmente vitale e dinamico. Questa sua vitalità ed apertura spesso, in tempi moderni, è stata però non riconosciuta o addirittura negata preferendo vedere, ove non vi era, una chiusura, anche ideologica, che rischia di far percepire come aspetto principe del periodo medievale un isolazionismo ed un autoreferenzialismo non propri di questo periodo.
La necessità che ogni epoca storica abbia un’entità catalizzatrice e (inevitabilmente) accentratrice ha visto prevalere nel Medioevo, con la debolezza e la frammentazione dei poteri politici che sono venuti ad esistenza dal declino dell’Impero, il potere religioso legato al papato, massimo esponente del Cristianesimo in Europa. Infatti se a livello macro-politico, giuridico e filosofico l’eredità classica è quella comune all’Europa moderna, dal punto di vista religioso ed etico il carattere comune e continuativo si deve far risalire necessariamente al Cristianesimo.
Inevitabile, anche secondo alcuni illustri medievisti e sociologi, riconoscere al Cristianesimo una funzione di “salvataggio” culturale e sociale dell’Europa dalla disgregazione romana. A livello culturale, artistico ed etico gli influssi derivati da questo salvataggio sono ancora oggi percepibili.
Si deve il merito al mondo cristiano, disgiuntamente anche se in contemporanea a parte di quello arabo, anche del salvataggio della cultura classica[4], sebbene con interpolazioni e censure di matrice ideologica che non vanno dimenticate[5]. Mentre le città e i borghi si spopolavano e venivano saccheggiati, nel chiuso dei monasteri, prima, e delle università, poi con la rinascita delle città, si garantiva la sopravvivenza della cultura e delle conoscenze classiche da cui si cercava di attingere a piene mani con un’avidità limitata solo dalla difficoltà di reperire i testi antichi.
Venendo alla contemporaneità, in una società come la nostra dove la ricerca di facili ed illusorie certezze porta a semplificare tutto riducendolo ad una serie di coppie concettuali nette e spesso decontestualizzate (si-no, giusto-sbagliato, ecc.) viene forse troppo facile rispondere alla domanda se l’Europa di oggi sia o debba essere “Cristiana“, come se la risposta a questa domanda potesse automaticamente risolvere le miriadi di problematiche legate alla modernità. Problematiche come l’integrazione culturale e sociale, la crisi di valori, la crisi finanziaria, la forte pressione dei flussi migratori che minano costantemente e quotidianamente l’equilibrio già precario della nostra società. La risposta appare complessa e non di facile lettura in quanto il riconoscimento di un fondamento culturale cristiano dell’Europa appare da una parte innegabile ma dall’altro inidoneo a dare risposta alle su citate problematiche. Una ostentazione di una identità cristiana senza una reale e profonda conoscenza di ciò che essa implica rischia solamente di far aumentare l’instabilità e l’incertezza e non certo di dare risposte o soluzioni.
Ciò che viene da chiedersi è se sia giusto utilizzare in maniera immatura ed in chiave “offensiva” il retroterra culturale cristiano riducendolo ad uno stereotipo svincolato dal tempo, i nostri giorni, e legato solo allo spazio, l’Europa.
Proprio la diarchia tra laicità e Cristianesimo pare insanabile nel nostro Paese ove si vuole a tutti i costi una contaminazione religiosa in tutti i settori della società arrivando così a minare i diritti di una pluralità di cittadini senza che questo apporti un reale miglioramento nella società.                
La soluzione adottata dalla Francia moderna, cioè la cosiddetta “laicità di stato”, che mutuata dagli ideali rivoluzionari ed illuministi, indirettamente discende dall’idea proprio medievale di separazione del laico dal religioso introdotta nell’XI sec. con la riforma gregoriana, pare quella che meglio, da sempre, riesce a conciliare le radici storiche e culturali dell’Europa, valorizzando a livello storico, archeologico e culturale il retroterra cristiano ma allo stesso tempo tenendolo ben distinto da quella che è la vita politica ed il riconoscimento dei diritti individuali garantiti ai singoli. Insomma, un punto di equilibrio pare assolutamente possibile e soprattutto doveroso nel rispetto di chi pur essendo europeo non si riconosce come cristiano. Infatti spesso si dimentica che volendo imporre nella vita politica di un Paese il Cristianesimo, magari in funzione anti-islamica, si va allo stesso tempo a colpire una fascia sempre più ampia di popolazione che non si riconosce in alcuna ideologia religiosa.
Concludendo; negare le radici culturali cristiane dell’Europa finisce per dimostrarsi un falso storico, una manovra con connotazioni ideologiche tendenziose e svincolate dalla Storia e dalla realtà, ma altresì voler riconoscere un valore attivo e non solo storico al Cristianesimo in una società moderna che dovrebbe essere sorretta nelle sue leggi dalla laicità e dalla tutela dei diritti di tutti i suoi cittadini, indipendentemente da quale credo religioso abbraccino, appare altrettanto fuori dalla realtà ed estremamente pericoloso. (dr. Andrea Boccuzzi, esperto di Medioevo)

Jacques Le Goff (1924-2014) lo storico che ha reinterpretato il Medioevo.

Johan Huizinga (1872-1945), morto recluso dai nazisti. Un innovatore che ha scritto "L'Autunno del Medioevo" ed il famoso "Homo Ludens" (citato da Eric Berne)






[1] Il cosiddetto “Manifesto di Ventotene”, fu scritto tra il 1941 ed il 1944, durante il periodo di confino sull’omonima isola del mar Tirreno, da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Ursula Hirshmann; tale manifesto promuoveva la nascita di una Europa unita ed in pace.
[2] Tanto per citarne due famose: la battaglia di Bouvines combattuta tra la coalizione composta e capitanata dai francesi, dal papato e da Federico II di Svevia contro la coalizione di Ottone IV di Brunswick, Giovanni II d’Inghilterra e gli oppositori franco-borgognoni e fiamminghi del re di Francia; tale battaglia fu chiamata “la battaglia delle Nazioni” per via della cruciale importanza che ebbe nel delineare l’assetto non solo delle Nazioni nascenti che ne presero parte ma anche dell’Europa futura e poi la “Guerra dei cent’anni” altro importantissimo fatto d’arme che ha contribuito in modo marcatissimo a gettare le fondamenta dell’Europa che conosciamo.
[3] Ci vorrebbero pagine e pagine per parlare di tutte le innovazioni introdotte in periodo medievale, basti pensare che l’equivalente dei travel check fino anche ad invenzioni come gli occhiali o i libri sono tutti stati introdotti nel Medioevo.
[4] Le grandi Biblioteche del passato come quella di Alessandria d’Egitto si erano polverizzate negli incendi e saccheggi. Questo significa, per rapportarlo ai nostri tempi e far comprendere appieno la portata di tali eventi, che il sapere universale dell’epoca è andato in gran parte distrutto, un po’ come se si “bruciassero” i dati di un computer contenente una banca dati universale senza possibilità di back-up.  Senza il Medioevo sarebbero scomparse opere classiche del mondo greco-romano nonché, forse, le antiche lingue in cui erano scritte: gli amanuensi salvarono - “copiando” - la quasi totalità  del pensiero classico a noi pervenuto. Completarono l’opera di tramandare gli Arabi, che tradussero opere filosofiche e tecnico-scientifiche. Monaci benedettini, cistercensi e studiosi arabi hanno fatto il back-up per noi.
[5] Vi era l’uso tra le gerarchie ecclesiastiche cristiane di recuperare i testi classici volendo loro dare una lettura conforme al messaggio cristiano, attingendo anche all’iconografia mitologica che venne utilizzata, in modo piuttosto arbitrario, per dare una forma anche ai “diavoli” simbolo del male anti-cristiano tanto utilizzato come entità rivale a quella “benefica” del Cristianesimo.

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