martedì 1 dicembre 2015

Dobbiamo parlare - recensione

 Ognuno in balia della ragione dell'essere, rinchiuso in una solitudine che si veste di amicizia ed amore per non rimanere nudi a contatto con la paura di se stessi. In un attico borghese nel centro di Roma, bello quanto l'immagine che ci si cuce addosso per non rivelare le crepe di ogni umana fragilità pronte ad aprirsi al primo diluvio, in una sola nottata la pioggia invade le pieghe più nascoste dell'anima e lava via i colori di una copertina patinata fatta di convenzioni e convenienze. È una doppia coppia di amici in scena che vince sullo schermo ma perde nella vita. Vanni e Linda (Sergio Rubini e Isabella Aragonese) convivono in un attico ottimista e di sinistra con tanto di terrazzo, ma il cui salotto ben volentieri strizza l'occhio al vacuo berlusconismo della benestante borghesia romana.  Sono una coppia di scrittori, lui firma e lei scrive, e la macchina da presa si ferma su di loro mentre si stanno preparando per uscire con il loro manager, quando irrompe in casa Costanza furente di rabbia per aver scoperto la tresca di suo marito Alfredo con la moglie del Bulgari dei macellai. Costanza è una dermatologa ed Alfredo è il prof dei cardiochirurghi, entrambi al secondo matrimonio ed insieme formano una coppia sostenuta da caviale e champagne, barca e filippini al seguito. Alfredo li raggiunge per parlare e Vanni e Linda cedono all'arroganza ingombrante degli amici rimanendo a casa al fine di portare pace nella coppia in preda ad una crisi di nervi, ma finiscono per aggredirsi a vicenda mettendo a nudo frustrazioni e fobie mascherate dietro la parola amore. Parte il gioco di cui ognuno si serve per scongiurare solitudine e paure in una danza di bugie, pregiudizi rivelati, verità nascoste poi smascherate, e nel tempo lungo una notte va in scena il teatro della misera inconsistenza umana. Paradossalmente la coppia Costanza/Alfredo che si regge sul reciproco interesse materiale, interpretata da Maria Pia Calzone ed un insolito Fabrizio Bentivoglio, insolente e carico di pungente ma anche esilarante e vuoto sarcasmo, ne esce con urla e accuse reciproche di una sostanza che fa comodo ad entrambi. I fiumi di parole che piovono nella notte e l'alba di una nuova verità mettono in luce il fianco nascosto di ognuno distruggendo posizioni ideologiche e sociali. La luce del mattino lascia nell'ombra Alfredo e Costanza che si ricompongono coprendosi con le maschere di sempre, ma si posiziona come una lama al centro del mondo di Vanni e Linda lasciandoli coperti solo dalla propria pelle. Sergio Rubini non rivela niente di nuovo e lo fa anche senza prendersi troppo sul serio, con una leggerezza che convince e fa bene allo spettatore lasciando che si possa anche ridere osservando l'autentico teatro dell'esistenza e concede l'ultima parola al pesce, il più muto degli animali. Nessuno si salva da solo, si sa, e parlare può solo servire a smantellare il palcoscenico della vita, qualcuno può farsi male nella scena ma può anche concedersi la libertà di scappare. (Antonietta D'Ambrosio)

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