Non è bello commentare la morte di nessuno, va solo accettata.
Un grandissimo tra i grandi attori, non c'è dubbio e non è solo la emozione a far parlare.
Quanti suoi film hanno lasciato il segno nelle nostre vite...
Al SIEB sono anni che sviluppiamo workshop a partenza di film che hanno per protagonista Robin Williams. Ultimamente, per parlare di aspetti psicopatologici, abbiamo visionato con i trainees "La Leggenda del Re Pescatore", diretto da Terry Gillian del 1991. Il film è una ottima rappresentazione della genesi di un delirio allucinatorio, ne rispecchia aspetti jaspersiani. Poi si interseca la vicenda del professore con la mitica ricerca del Santo Graal in chiave moderna, come è moderna New York. La ricerca del Santo Graal stimola la onnipotenza che ci porta come in una montagna russa da sù a giù e dopo il sù vi è inevitabilmente il giù, come in una condanna ciclotimica. Così deve essere stata la vita, apparentemente equilibrata, di Robin Williams: sempre sospesa tra melanconia clownesca e iperattività mai appagante e appagata. Morire è un dramma, ma togliersi la vita (se l'attore se l'è tolta, come sembra) è un dramma autoinferto, un duplice dramma che ricade anche sui sopravvissuti al suicida.
Il caso ha fatto parlare della sofferenza depressiva. Psichiatricamente la depressione in tutte le sue forme è sottovalutata in quanto ci contamina e contagia, fanno bene a parlarne i media. Non va comunque sottovalutato l'abuso di sostanze psicoattive (alcole e droghe spesso in mix) nella slatentizzazione e peggioramento nei Disturbi dell'Umore in genere, dalla Depressione Maggiore alle forme Bipolari. Troppe volte il successo di artisti si incrocia con vere e proprie tossicodipendenze. La pressione dello spettacolo (anche sportivo) e dello "showbiz" certamente pesa ed ha sempre pesato. Ma c'è troppa "roba" in giro che altera l'hardware encefalico, fatemelo dire. A tutti i livelli. Anche dove lo spettacolo non c'è e non vi sono spettatori. (a.m.)
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