Il fenomeno “Informers” del quale abbiamo parlato con preoccupazione il 31 Gennaio u.s. in INCULTURA richiama alla memoria casi recenti di cyberbullismo effettuato in social network. Adolescenti sono arrivati al suicidio dopo il linciaggio subito in un mondo così sterminato come quello della rete ove una calunnia ne può valere mille. Il numero crescente di denunce presentate agli organi di polizia, ha svegliato la coscienza circa la pericolosità del ciberpettegolezzo e della calunnia anonimi sul web. Leggiamo infatti nella pagina on line del “ El Periodico di Catalunya “ dell’ 8 febbraio 2013, che il fenomeno “Informer” oggi è quasi passato di moda (!) - lo racconta al giornalista una alunna di nome Sara del 1° di E.S.O. dell’Istituto Montserrat di Barcellona. Come Sara, molti altri studenti dicono che il numero di messaggi pubblicati in questo tipo di pagine elettroniche (alcuni con contenuto chiaramente offensivo e svalutante), sono repentinamente diminuiti, e c’è stato anche un cambiamento nelle tematiche. Negli ultimi 15 giorni dall’inizio del fenomeno si è passati da tre-quattro temi al giorno a un unico argomento ogni due giorni e di contenuto più leggero, soft. In questo periodo alcuni professori hanno subito attivato discussioni sull’argomento, sia con gli alunni che con i genitori. Ai genitori è stato chiesto dalla classe docente un aiuto nell’ impegno educativo - una vera e propria “alleanza didattica” nella trasmissione dei valori, al fine di orientare i ragazzi soprattutto minorenni nell’uso corretto e costruttivo delle reti sociali, sottolineando che se c’è un senso da trovare , è nello scambio costruttivo. Le discussioni e le proteste nelle scuole hanno così avuto l’effetto di attuare strategie di controllo da parte dei gestori degli informer, con l’utilizzo di “filtri” tali da rendere irriconoscibili luoghi e protagonisti. L’effetto immediato è stato quello di un calo vistoso di calunnie e di messaggi che tendono a umiliare alunni e professori: si è così rilanciata l’idea originale dei gestori che era quella di favorire scambi, conoscenze e approcci relazionali tra studenti di corsi universitari diversi. Si sono resi visibili maggiormente i messaggi alla “Romeo e Giulietta” fra gli adolescenti. Per esempio: “Da quando ti ho visto la prima volta mi hai rubato il cuore.... Oggi ti ho incontrato ancora, ed un brivido ha attraversato la mia schiena. .. Dimmi chi sei e concedimi un appuntamento romantico sotto le stelle”. In altre scuole, invece, come la IES Pius Font Quer de Manresa, professori e alunni hanno discusso sulla convenienza di chiudere o meno la pagina “informer”.
Sicuramente si è mosso qualcosa di nuovo ed in controtendenza: per esempio nella scuola Sadako di Barcellona, una minoranza critica di studenti adolescenti fra 15-16 anni che frequentano il quarto anno di E.S.O ha manifestato apertamente il rifiuto all’uso di informazioni anonime che possano danneggiare la stabilità emotiva di un compagno. Hanno consapevolezza dei messaggi umilianti diffusi attraverso il web, dove “persecutori” anonimi perseguitano “vittime” prive di capacità di difesa e spesso bloccate dalla paura di non essere più rispettate e accettate nella loro comunità. Questo gruppo di studenti ha tanto da raccontare e vuole comunicare con altri adolescenti, la “maggioranza silenziosa”, che non si pronuncia di fronte ai comportamenti anonimi di gossip e pettegolezzi e che quindi si rendono “complici” con il silenzio - alla pari, aggiungiamo noi, degli “spettatori” di altre violenze sociali come il “bullismo” scolastico e, da adulti, del "mobbing" lavorativo. Julia Fos, una alunna di questa scuola dice: “Prima di pubblicare un commento su un'altra persona bisogna pensare quali conseguenze ciò può scatenare in lei”. “Forse abbiamo una posizione privilegiata per influenzare i nostri compagni anche più piccoli, rispetto ai loro genitori”. Questa posizione reattiva al fenomeno “Informers” si è palesata proprio dopo un processo di riflessione promosso dai professori. In poco più di una settimana questo gruppo “Stop-Informer” ha assunto una posizione di responsabilità per sensibilizzare i loro coetanei più giovani; ha diffuso un video realizzato in proprio, che fa riflettere sui rischi che certe nuove mode di pettegolezzo, così potenti, possono comportare; hanno stigmatizzato il comportamento “immaturo e codardo” che alcuni adolescenti sviluppano nel web, dove, protetti dall’anonimato, danno libero sfogo al maltrattamento psicologico dell’Altro. Hanno anche costruito nella propria scuola un grande murales dove gli studenti del primo anno sono stimolati ad appendere le proprie riflessioni in meno di 140 caratteri, per poi essere raccolte dagli studenti degli ultimi anni e mandate su Twitter. Il progetto ha come fine ambizioso di potenziare negli adolescenti una crescita di pensiero e di stimolare a mettersi “nella pelle dell’altro”. In questa scuola la pagina “informer” è stata chiusa, senza demolire le risorse che altri sistemi del web possono offrire alla comunicazioni fra le persone di ogni età, nel rispetto reciproco.
Abbiamo voluto condividere con voi una seconda e lunga riflessione sul tema dell’articolo precedentemente pubblicato perché c’è stata una evoluzione sociale positiva, un risveglio nelle coscienze dei più giovani, che sembravano assopite in un letargo tecnologico. Questo gruppo di adolescenti controcorrente (guidati dai loro professori attraverso il confronto) ha messo “il dito nella piaga” quando ha sottolineato l’importanza di valutare conseguenze prima di scrivere un gossip malevolo ed anonimo. ”Mettersi nella pelle dell’Altro”: stanno parlando di Empatia, l’unica possibilità di fare prevenzione e gestire bene la nostra libertà. Trattare le persone come persone, ossia umanamente: non fare agli altri quello che non si vorrebbe subire o aver subito. Riconoscere qualcuno come un nostro simile implica la possibilità di comprenderlo dal di dentro, di adottare, per un momento, il suo punto de vista. Una definizione di empatia che consideriamo molto attuale nel nostro Istituto SIEB è quella del filosofo tedesco Husserl, che afferma: “ogni evento psichico suscita fuori di sé la risonanza dell’identico” (oggi le neuroscienze lo stanno confermando con le scoperte del funzionamento dei neuroni a specchio).
Ancora Husserl: “Io mi esperisco come uomo quasi in certa misura indirettamente… apprendere l’altro come uomo, questa è ermeneutica originale: solo così acquisto la coscienza originale, la percezione di un uomo come uomo. E' l’altro il primo uomo, non io”. Questa comunicazione intensa e non verbale fra due individui è naturale quando ci troviamo uno di fronte all’altro, ma può e deve essere anche visualizzata e immaginata, nell’universo virtuale, grande quanto l’universo di quello che chiamiamo “ mente”, un software che va molto al di là del cervello e della scatola cranica.
Dice un altro grande pensatore, lo spagnolo Fernando Savater, professore di Etica all’Università dei Paesi Baschi, in un suo libro che raccomandiamo, “Etica per un figlio”: “…se non ammettessimo che esiste qualcosa di fondamentalmente uguale tra di noi (la possibilità di essere per un altro quello che l’altro è per me) non potremmo scambiarci neppure una parola. Dove c’è scambio c’è anche il riconoscimento che in un certo modo apparteniamo a quello che ci sta di fronte e l’altro appartiene a noi… Questo anche se io sono giovane e l’altro vecchio, io uomo e l’altro donna, io bianco e l’altro nero, io fesso e l’altro scaltro, anche se io sono sano e l’altro è malato, o se io sono ricco e lui è povero”. Credo che questo sia un concetto assai caro ad Eric Berne ed a noi analisti transazionali e che noi chiamiamo con Harris OKness: "Io sono Ok, tu sei Ok". Io valgo, tu vali". La accezione husserliana della Okness è sottolineata dallo stesso Berne e la sua grandezza sociale consiste nel fatto che essa è valida anche quando l'Altro è etnicamente diverso, razzialmente differente, o persino un gracile di mente o un disabile. Aumentare il livello di Okness nella comunicazione significa aumentare il livello di benessere fra le persone, “vivere bene”, e rappresenta un livello di prevenzione per una efficace "ecologia della mente".
Concludiamo con l’importanza dell’obiettivo ultimo proposto da questo gruppo giovanile spagnolo anti-pettegolezzo, cioè, quello di “creare un proprio criterio” negli adolescenti, un obiettivo che rimanda alla crescita della funzione Adulta dell' Etica. La Morale, come la conosciamo, insieme di comportamenti e norme che in genere consideriamo come validi, è introiettata ed ereditata dai nostri genitori, e immagazzinata nel nostro stato dell’Io Genitore. L’Etica è la riflessione Adulta sul perché consideriamo validi questi principi; quindi la funzione etica in crescita, richiede una formazione etica e un processo continuo di discussione critica nel nostro Adulto e dal nostro stato dell’Io Adulto. L’Etica è libertà e responsabilità. Per dirla con Savater, la responsabilità è sapere che ciascuno dei miei atti mi costruisce, mi definisce, mi inventa. Scegliendo quello che voglio fare mi trasformo a poco a poco. Tutte le mie decisioni lasciano impronte in me stesso prima ancora di lasciarle nel mondo che mi circonda. Ovvio che una volta che ho impiegato la mia libertà per darmi un volto non posso lamentarmi o spaventarmi di quello che vedo nello specchio quando mi guardo… Se agisco bene mi diventerà sempre più difficile agire male (e, purtroppo, vale anche il contrario): per questo l’ideale sarebbe prendere il vizio… di vivere bene. Scusate il lungo scritto ma c'è ancora molta speranza nella professione d'aiuto e fuori.
(Neus Lopez Calatayud , Psicologa-psicoterapeuta)
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