Secondo Bauman, la felicità non consiste in una vita senza problemi. La vita felice viene dal superamento dei problemi.
Il sociologo polacco di origini ebraiche, il teorico della società liquida, scomparso l'anno scorso, è stato pensatore influente a cavallo di due secoli. Era fuggito dalla Germania nazista e poi dalla Polonia sovietica, sempre in cerca di un pensiero libertario che gli sfuggiva ovunque. Dagli anni Settanta insegnava e viveva a Leeds, dove morì a 91 anni. Ha lasciato più di cinquanta volumi: difficile descrivere il più importante o celebre: “Modernità liquida”? Tutti i volumi con l’aggettivo “liquido” ci hanno insegnato che tendiamo a vivere secondo un orologio sociale, fuori del quale ci sentiamo esclusi e provi di identità. La metafora della liquidità, da quando Zygmunt Bauman l'ha coniata, ha marcato i nostri anni ed è entrata nel linguaggio comune per descrivere la modernità nella quale viviamo.
Tutta una vita di "migrazioni" alla ricerca della libertà
Zygmunt Bauman (Poznań, 19 novembre 1925 – Leeds, 9 gennaio 2017) "migrò" anche in URSS (la Russia comunista), ma da qui fu costretto ancora a “migrare” in UK per ragioni libertarie. Chi più di lui poteva comprendere il fenomeno migratorio? Veniva da una famiglia ebreo-polacca che aveva sofferto la miseria e le persecuzioni dell'antisemitismo: tale precarietà “liquida” sviluppò nel giovane Bauman una posizione politica incline alla giustizia sociale che attraversò il pensiero comunista per poi allontanarsene, quando si avvide che ogni totalitarismo ha le sue inclinazioni persecutorie. Anni fa in un’intervista parlò di quando, da piccolo, fu preso a calci al parco da bambini non ebrei; parlò di come il padre “uomo dall’onestà impeccabile” dovette subire “umiliazioni su umiliazioni dai suoi capi per sfamare la sua famiglia”. Nel 1939, a nemmeno 14 anni quando la Germania invase la Polonia, fuggì – per vicinanza ideologica o geografica? – in una Unione Sovietica tutta stalinista che aveva a sua volta invaso la Polonia. Bauman ancora adolescente si unì subito ad una unità dell’esercito polacco sotto il comando sovietico, guadagnandosi la croce di guerra al Valor Militare per il suo coraggio. Dopo la guerra divenne perfino maggiore dell’esercito polacco ma nel 1953 fu licenziato dal suo lavoro nell’esercito probabilmente per la origine ebraica (ancora?!?). All’Università di Varsavia studiò sociologia e psicologia e lì ha iniziò ad insegnare fino al 1968 quando l’ennesima purga del regime sovietico antisemita lo colpì in modo diretto. Bauman assieme alla sua famiglia fu espulso dal paese, e nonostante le sue posizioni non fossero di piena adesione allo stato di Israele visse e insegnò negli atenei di Tel Aviv e Haifa tra il 1969 e il 1971, prima di stabilirsi con la famiglia in Gran Bretagna, a Leeds, dove dai primi anni Novanta ha pubblicato quasi un libro all’anno e lì è rimasto fino alla sua morte.
Una vita con la valigia. Senza radici.
Dopo essersi dedicato principalmente al pensiero gramsciano e di Georg Simmel, nel 1989 con Memoria e Olocausto ribaltò l’assunto di molti studiosi che videro nella barbarie dell’Olocausto una rottura della modernità, sostenendo invece che lo sterminio di massa degli ebrei era invece proprio l’esito di questa modernità fatta di industrializzazione e razionalizzazione burocratica. “E’ stato il mondo razionale della civiltà moderna che ha reso l’Olocausto pensabile”, scrisse nel suo saggio.
Ed è proprio nell’accostarsi ai concetti di globalizzazione e consumismo che Bauman legge l’evoluzione della società, dopo la caduta delle ideologie dominanti della Guerra Fredda. Bauman ha indubbiamente il merito di stimolare un antidoto al pensiero globale.
Nel 1990 Bauman ha coniato il termine “modernità liquida” per descrivere un modus vivendi : gli individui vengono privati delle loro radici e delle sicurezze materiali, spinti ad adattarsi freneticamente al flusso indistinto del gruppo e del consumismo.
Ed è proprio nell’accostarsi ai concetti di globalizzazione e consumismo che Bauman legge l’evoluzione della società, dopo la caduta delle ideologie dominanti della Guerra Fredda. Bauman ha indubbiamente il merito di stimolare un antidoto al pensiero globale.
Di folgorante bellezza e semplicità realistica è il suo pensiero: sorvolando in “meta-osservazione” le vicende storiche e sociali contemporanee, ha mostrato come il sociologo possa essere il vero antropologo della propria società, senza contaminazioni. Ci soffermiamo ancora una volta su di un libro di grandissima attualità come SESTO POTERE, scritto in uno con l’esperto francese David Lyon.
La sorveglianza è una dimensione chiave del nostro mondo: siamo costantemente controllati, messi alla prova, valutati, giudicati nei più piccoli dettagli della vita quotidiana. E il paradosso è che siamo proprio noi - i sorvegliati - a fornire il più grande volume di informazioni personali, caricando contenuti sui social network, usando la nostra carta di credito, facendo acquisti e ricerche on line. Questo perché il bisogno di salvaguardare la nostra solitudine ha ceduto il posto alla speranza di non essere mai più soli e la gioia di essere notati ha avuto la meglio sulla paura di essere scoperti e incasellati.
Non vi illudete. Sanno tutto di noi, ammoniva.
La sorveglianza è una dimensione chiave del nostro mondo: siamo costantemente controllati, messi alla prova, valutati, giudicati nei più piccoli dettagli della vita quotidiana. E il paradosso è che siamo proprio noi - i sorvegliati - a fornire il più grande volume di informazioni personali, caricando contenuti sui social network, usando la nostra carta di credito, facendo acquisti e ricerche on line. Questo perché il bisogno di salvaguardare la nostra solitudine ha ceduto il posto alla speranza di non essere mai più soli e la gioia di essere notati ha avuto la meglio sulla paura di essere scoperti e incasellati.
(achille miglionico).
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