giovedì 22 novembre 2018

Il VUOTO-PIENO LASCIATO DA STAN LEE










Il 12 novembre - inCULTURA ha partecipato la notizia - è improvvisamente venuto a mancare Stan Lee e il cordoglio si è diffuso rapidamente nel mondo dell'intrattenimento con un'intensità impensabile fino a 10-20 anni fa. Come mai? In parole povere, Lee è stato l'ideatore e il co-creatore di personaggi come Spider-Man (ai più vetusti ancora noto come "Uomo Ragno") e gli Avengers (ivi compresi Iron Man ed il mitico Thor), e con loro è sorto un universo narrativo che ha preso sempre più spazio nella nicchia artistica dei fumetti fino ad entrare nell'immaginario collettivo pian piano grazie a una serie cinematografica di grande successo: i film dei supereroi dominano la classifica delle pellicole più remunerative di tutti i tempi. Questo "vecchietto" dai baffi iconici e dal sorriso sempre sfoderato si è fatto conoscere e voler bene dal grande pubblico anche grazie ai preziosi camei presenti nella quasi totalità dei film ispirati ai fumetti della Marvel Comics (in foto di apertura un esempio di travestimenti). 
La storica casa editrice americana deve tutto, o quasi, all'estro di questo ragazzo ebreo, classe 1922, che negli anni Sessanta creò le condizioni per la sua rinascita e per una seria concorrenza contro l'egemonia della DC Comics, la patria di Superman e Batman. Dalla creazione dei Fantastici Quattro alla (letterale) riesumazione di Capitan America della Seconda Guerra Mondiale, passando per i personaggi citati in apertura, Stan Lee ha rivoluzionato i paradigmi del fumetto americano contribuendo al concetto di "supereroe con superproblemi": l'orfano Peter Parker con problemi familiari, economici, sentimentali; un dio del tuono con un alter ego claudicante; Tony Stark cardiopatico e, più avanti, alcolista; il non-vedente Daredevil, e così via. Il nuovo approccio al genere segnò un punto di svolta che, a giudicare dal botteghino, funziona ancora oggi.
Certo, non bisogna mitizzare né in vita né in morte, non andrebbero risparmiate le polemiche e le controversie che ammantano questa figura. Chissà ancora per quanto gli storici del fumetto (gli storici dell'arte) dibatteranno sul contributo relativo di Lee e dei suoi collaboratori - i disegnatori Jack Kirby e Steve Ditko - nella creazione dei personaggi e delle loro storie mensili. Quanta parte delle idee e dei soggetti era di Stan Lee e quanta parte era farina del sacco dei suoi colleghi? Ciò che è praticamente certo è che Stan Lee fosse il dialoghista dei comics. Sulle sue battute sono cresciuti generazioni di lettori che grazie all'arte sequenziale, che tramite l'ibridazione di testi e disegni facilita (o ha facilitato, come ebbe a dichiarare Stan stesso in una intervista del secolo scorso) l'approccio dei più giovani alla lettura (così com'è stato in Italia grazie a "Topolino"). Quegli stessi lettori hanno imparato da Stan Lee che "da grandi poteri derivano grandi responsabilità": tutti ricordano grazie alla morte di Ben Parker che ogni piccolo gesto, ogni negligenza può avere conseguenze inaspettate e nefaste nella vita personale o per la comunità; grazie a Stan Lee hanno imparato che si può essere soverchiati dai problemi ma si combatte fino all'ultimo per superarli, cadendo e rialzandosi ogni volta; hanno imparato a convivere con la disabilita', puntando sui propri altri talenti. Per questo e altro il mondo dell'intrattenimento avrà un grosso debito nei confronti dell'uomo-immagine della Marvel e il suo lavoro verrà sviscerato dagli studiosi negli anni a venire come quello di tutti coloro che hanno lasciato il segno nell'immaginario collettivo. (michele miglionico)


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