giovedì 8 febbraio 2018

A proposito di biotestamento: riflessioni di una Amica






-Ma tu ci hai mai pensato alla morte? 



-Ma tu ci hai mai pensato alla morte?- mi ha chiesto quella mattina, al bar dell’oncologico, il mio amico in terapia -bah, qualche volta si- rispondo con lo sguardo basso, oscillando con la testa per concentrarmi ed entrare in empatia con lui. E si, perché il mio amico Andrea ci sta pensando da parecchio alla morte. E’ al quarto ciclo di chemio e le cose non vanno affatto bene. Quando viene in ospedale, sale a trovarmi in ufficio e ci beviamo un caffè, io e lui, come se fossimo in centro, tra la folla degli acquisti e del passeggio e non tra i malati pallidi e i camici in pausa.
Lo guardo materna e, con fare interrogativo, gli poggio una mano sulla spalla -hai paura Andrè?- gli chiedo   -ho una fottuta paura di stare male; non della morte in sé, eh- mi risponde guardandomi dritto negli occhi -ho proprio paura di soffrire. Questi dolori mi distruggono il corpo e l’anima, a volte non sono più io, sono rabbioso, stanco, morto- risponde amaro.
Lo accompagno lungo il corridoio, tenendolo a braccetto e scorgiamo la piccola cappella prima dell’uscita dalla clinica. Mi sento stringere il braccio e Andrea dice a bassa voce -speriamo che si muovano a fare qualcosa per noi malati- volge lo sguardo in alto e io quasi non riesco a distinguere se stia alludendo ai Santi dipinti sulla parete o ai politici di Montecitorio. -Tu curati intanto- gli dico accennando un sorriso -che prima o poi tutto si aggiusta- Non sono affatto convinta delle mie parole e lui lo sa. Ci abbracciamo forte.
E’ passato qualche giorno e una sera, al termine delle mie ore di ufficio, torno a casa e accendo la tv per vedere il telegiornale. Squilla il telefono, tolgo l’audio al televisore. -pronto, Andrea?- dall’altra parte la sua voce soddisfatta -hai visto amica mia che ogni tanto qualcuno ci pensa dall’alto?- Non lo seguo, sono stanca e affamata e distrattamente vedo scorrere sullo schermo l’immagine di Emma Bonino che si asciuga le lacrime nell’aula del Senato. -E’ fatta, non abbiamo l’eutanasia o il suicidio assistito ma almeno il biotestamento è Legge; te lo avevo detto che qualcuno prima o poi a noi ci avrebbe pensato- continua con tono eccitato all’altro capo del telefono.
E’ un attimo. Scorgo i titoli, realizzo.

Essere liberi di lasciare liberi è il segno del divino che c’è in ognuno di noi


E’ il 14 dicembre 2017, a 10 anni di distanza dalla morte di Piergiorgio Welby, a 8 anni dalla scomparsa di Eluana Englaro e a pochi mesi da quella di Dj Fabo, il Senato ha approvato in via definitiva la legge sul biotestamento che entrerà in vigore il 31 gennaio 2018. Pochi punti per tutelare la libertà di ogni persona di scegliere se acconsentire a ricevere o rifiutare i trattamenti sanitari in caso di condizioni gravi di salute. Il giorno dopo la notizia è su tutti i giornali.
Leggo gli 8 articoli del Testo di Legge. Parole come Divieto di ostinazione irragionevole nelle cure; Dignità nella fase finale della vita; Tutela alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona; possibilità di coinvolgimento da parte del paziente dei familiari o della parte dell’unione civile o del convivente; Rispetto; Alleviare le sofferenze; Sedazione palliativa; possibilità di esprimere Disposizioni anticipate di trattamento e  Pianificazione condivisa delle cure; leggo che  l’Autonomia decisionale, il Rispetto delle volontà e la Libertà di scelta non sono solo parole ma un dovere morale e istituzionale…una Legge!
Penso agli uomini e alle donne con patologie gravi, a me, ai miei genitori, ai miei nipoti, ai miei amici. Penso a tutti noi esseri umani, per cui la finitezza è l’unica certezza. Quanto possiamo essere infiniti quando riusciamo ad allargare i confini della nostra mente e sfondare le barriere della irragionevolezza dando spazio ai grandi valori, alle emozioni, al buonsenso. Perché, se è vero che “La mia libertà finisce dove comincia la vostra” (M. L. King), allora gestire la morte senza ostinazione alla vita può essere una scelta; essere accompagnati da chi ci ama nei luoghi di cura può essere un diritto; lenire il dolore addormentandosi dolcemente è una possibilità reale per tutti noi.

Penso per un attimo che, anche solo una volta nella vita, quando votiamo, quando scegliamo, quando “sentiamo” che il diritto dell’altro è anche il nostro diritto, è in quel momento che voliamo alto rispetto alla nostra mortalità e ci avviciniamo a Dio (chiunque Egli sia) che ci ha dato la libertà di decidere e di essere; perché a prescindere dall’essere credenti o meno, come ha detto R. Steiner, (quaderno di appunti, 1892) « Anziché la fede in Dio, io credo nell'uomo libero” ed essere liberi di lasciare liberi è il segno del divino che c’è in ognuno di noi. (barbara palladino)

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