domenica 25 febbraio 2018

Faber navalis di Maurizio Borriello: esiste ancora il maestro d’ascia



Costruire una imbarcazione è una sfida millenaria per l’uomo. 


Ricordo che anni fa, nel 2008 forse, cominciai un seminario di etnoantropologia per il SIEB mostrando un documentario presente tra gli extra di un film poco noto del 2006:  “10 canoe”. Affascinato dalla cultura degli aborigeni (Australia), Rolf de Heer (già regista del più famoso “The Tracker”) si  spinse oltre con il film  “10 canoe”, co-prodotto dalla italiana Fandango, mettendo in scena una storia arcaica, concepita in collaborazione col popolo di Ramingining e interpretata esclusivamente da nativi australiani. Tanto ma tanto tempo fa, in un territorio del Nord dell'Australia. la Terra di Arnhem.  
Feci visionare il lungo lavoro (a tratti noioso) occorrente per costruire una semplice canoa, tratta da un pezzo unico di legno. Tanto tempo e pazienza: serpeggiava la irrequietezza tra gli studenti, abituati ai tempi convulsi degli script cinematografici americani. Riuscii nell’intento di far comprendere come i ritmi di natura e delle popolazioni allo stato di natura (oggi ben poche) siano ben diversi dalla visione del mondo industrializzato che riteniamo l'unica possibile.




Dall’albero alla canoa. Dalla canoa alla barca.


Tutto mi è ritornato alla mente visionando il documentario Faber navalis (2016) di un italiano che si è trasformato da etnoantropologo in un maestro d’ascia assai peculiare, che ha studiato tecniche di costruzione in tutto il mondo. Parliamo del campano Maurizio Borriello. Il filmato di trenta minuti è presente su You Tube e consigliamo di visionarlo in silenzio, senza fretta superficiale  da “social”. 
Il titolo del mio film Faber Navalis  spiega l’A. - significa in latino Costruttore Navale: parole in una lingua antica per pronunciare una dichiarazione d'amore pubblica per un mestiere antico.
Ho realizzato questo film nella speranza di stimolare una discussione sull'importanza della preservazione dei saperi tecnologici delle tradizioni marinare e delle imbarcazioni in legno (classiche, da lavoro, storiche, ecc.). Sento come dovere morale mobilitarmi per il recupero e la salvaguardia del patrimonio marittimo mondiale e quello della nostra penisola. La Cultura, la Storia, la Geografia dell'Italia è il mare che la circonda!”

 
(foto di Sergio De Riccardis)


Maurizio Borriello nasce a Napoli nel 1974. È laureato in Lingue e Civiltà dell'Oceano Indiano. Parla indonesiano-malese, hindi ma anche swahili, il che gli ha fornito nei lunghi soggiorni in Asia e Africa Orientale "accesso ai saperi del mare" (come ha ben scritto Carla Pagani su Nautica di Febbraio 2018). Dopo aver condotto diverse ricerche di etnoantropologia in Indonesia, Africa Orientale e India si trasferisce in Indonesia dove insegna presso la National University of Jakarta. Dal 2005 al 2006 lavora come volontario alla ricostruzioni delle imbarcazioni di pescatori distrutte dallo tsunami. Negli ultimi sette anni vive in Scandinavia di cui gli ultimi quattro in Norvegia dove restaura barche di interesse storico presso il museo marittimo. Ha imparato dappertutto, ha nella borsa degli attrezzi strumenti di tecnologie e culture lontane che non si conoscono ma sono accomunate dal lavoro sul mare. 

"Per capire davvero bisogna iniziare a fare"


Da quest’anno nelle scuole italiane si dedica l’11 Aprile alla Giornata del Mare. Maurizio Borriello saprebbe coinvolgere le platee di studenti più con il fare che con il dire. E’  pragmatico oltre che uno studioso. Ricorda la concezione dell’architetto  della definizione vitruviana:  l’architetto doveva essere istruito nelle lettere, nel disegno, nella geometria, doveva conoscere la storia, avere studiato la filosofia, intendersi di musica e anche avere qualche nozione di medicina, di giurisprudenza e di astronomia (Vitr., De arch., I, I). Tale concezione dell'architettura come di una scientia implicante alti e complessi studi, che deriva in Vitruvio dall'alto livello culturale dei grandi a. ingegneri del mondo ellenistico, è probabilmente utopistica per il mondo romano, pur non essendo teoricamente nuova (così docet la Treccani). Un sapere articolato e complesso che si traduce nel mondo romano in un fare sapiente.  
Architectus, dal greco ἀρχιτέκτων, capocostruttore, è parola introdotta in Roma dalla Grecia e che leggiamo per la prima volta in Plauto. In epoca tarda il termine architetto sembra degradarsi quasi a significare anche capomastro. L’ Architectus navalis può essere sia l'architetto di opere portuarie (cfr. Cic., De orat., i, 14), sia il progettista e costruttore di navi (C.I.L., XII, 723; X, 5371), forse direttore di quei  fabri navales, il cui spirito aleggia nell'opera sincretica  di Borriello.
Faber Navalis  è stato proiettato in festival di tutto il mondo riscuotendo consensi e premi:
Napolifilmfestival, Festival Troia teatro, Focus festival NY, Tieff ecc Tra i premi ricordiamo:
       San Francisco International Ocean Film Festival (USA) – (WINNER: IOFF 2017 MARITIME AWARD)
       IntimateLens – Festival of Visual Ethnography (Italy) (Special Mention)
       Open Art Short Film Festival (Germany) (2nd prize for Best Director of Photography and 2nd prize for Best Fine Art Film).


Il fascino di questo documentario origina dalla concretezza della passione secolare;  deriva dal fatto che il film non mira a raccontare come tecnicamente sia costruita la barca (di tali documenti è piena la Rete), ma descrive uno stato mentale, un’esperienza creativa che trasuda sensorialità. Il maestro d’ascia amplia la propria coscienza, percepisce ed è percepito dal legno, ascolta e carezza, tocca ed è toccato in un tutto unico, un set sistemico che trasmette serenità e compiutezza del Sé. Forse dopo l'Arco Zen di Eugen Herrigel, la Motocicletta Zen di Robert Pirsig ci mancava una Barca Zen. Ora l'abbiamo. (achille miglionico)













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