domenica 28 settembre 2014

XXVIII Congresso Nazionale della S.I.C. a Bari dal tema scottante: "Bad or Mad?"


Bari, 28 Settembre 2014. Si è svolto con esito positivo il XXVIII Congresso Nazionale della Società Italiana di Criminologia dal titolo quanto mai indovinato di “Bad or Mad? Il controverso rapporto fra Disturbo Mentale e Crimine violento”. L’incontro, tra specialisti criminologi, psichiatri forensi e medici legali nonché psicologi, avvocati e assistenti sociali, era valido ai fini di ECM (Educazione Continua in Medicina). Va subito detto che il Congresso è stato ben organizzato ed ha avuto luogo nella accogliente sede della Villa Romanazzi Carducci dal 25 al 27 Settembre u.s. L’unico disturbo è stato il maltempo “epocale” che ha visto alternarsi caldo, freddo e pioggia nel giro di poche ore. A queste microstagioni  e microclimi instabili sembra che ci stiamo tutti oramai abituando (ombrello onnipresente come in Francia, vestiti “a cipolla” ecc.) ma per fortuna i momenti di break tra i lavori hanno consentito saluti e scambi socioculturali nei gradevoli giardini che dividono le sale congressuali.

Ha aperto i lavori scientifici una lezione magistrale del prof. Seena Fazel, docente di Psichiatria forense all’Università di Oxford, che ha parlato del rapporto tra crimine e malattia mentale, associazioni, fattori di rischio e predittività. Il ricercatore ha sottolineato come sia aumentato il rischio di violenza nei disturbi neuropsichiatrici ma a complicare il quadro epidemiologico odierno vi è il crescente abuso, anche multiplo, di sostanze di droghe. Il disturbo mentale grave può essere un fattore di rischio variabile anche nella ripetizione dell’atto criminoso (e così anche l’abuso di sostanze psicoattive). Fin qui non abbiamo avuto che conferme a quanto l’intuizione clinica ha già percepito in anticipo rispetto ai dati epidemiologici che vengono sempre dopo le osservazioni.
La “Criminologia narrativa” è stata illustrata dal prof. Adolfo Francia (Univ. Insubria) che si è soffermato sul “narrato” operato dalle varie criminologie che si profilano oggi: una criminologia folk (quella dibattuta sui media che anticipa l’operato dei tribunali troppo lenti e talora li stimola) e la criminologia scientifica; tra loro sembra dibattersi la “criminologia dei tribunali”. Si è anche soffermato sulla “coazione a godere” dei nostri tempi (injunction: Enjoy, interessante da un punto di vista AT), che ricorda il concetto di “soluzione biografica” (diciamo noi) di Zygmunt Bauman (vivere la propria vita avulsa da passato e futuro, come se fossimo l’unica generazione ad avere ogni diritto e nessun dovere sociale verso i posteri).
Stefano Ferracuti, professore associato di Psicologia Clinica alla “Sapienza” di Roma) ci ha illustrato i risultati di una meta-analisi sulle “Alterazioni delle attivazioni cerebrali correlate a compiti che valutano le funzioni attentivo-mnestiche enella psicopatia e nel disturbo antisociale”. Il titolo è già un sommario. Si è parlato di metodiche con Stroop Test e Neuroimaging funzionale.
L’intervento di Cristiano Barbieri (docente di Psicopatologia forense, Univ. Pavia) è stato di impronta psicodinamica e antropofenomenologica e verteva su di un caso particolare: “L’alta cucina del delitto: il cuoco, la sua amante e gli amanti di lei. Un percorso comprensivo dalla oralità alla distruttività”.
La relazione su “Una vita da balente” della prof.  Lilianna Lorettu (past-President della Soc. Italiana di Psichiatria Forense, Univ. Di Sassari) ha descritto antropologicamente la condizione della Balentìa e la potenza del codice barbaricino (al di sopra della Lex, quasi una sharia)  tra faide e isolamento culturale della società barbaricina: sono stati ammessi tratti paranoidi della subcultura con diffidenza e sospettosità nell’ambito di una società matriarcale ove le donne usano indurre nel maschio il sentimento della vendetta interfamiliare. A dire il vero in sede di discussione alcuni specialisti si sono contrastati un po’ troppo vivacemente per un consesso scientifico, quantunque le asserzioni di ambo i fronti fossero più che condivisibili, mettendo a disagio le nuove leve universitarie (ma è noto che qualche personaggio della psichiatria forense usa talora “debordare” teatralmente  incrementando escalation relazionali piuttosto che mediare relazionalmente). Per altro la relazione della Lorettu ha il grande pregio di essere stata coraggiosa nel distinguo Bad-Mad a genesi culturale.
Il prof. Vittorio Volterra, professore emerito di Psichiatria alla Univ. Di Bologna, - ebbi l’onore da studente di essere esaminato da lui in psicofarmacologia, molti anni fa… - ha condiviso la sua esperienza pluriennale di scienziato, sul tema dell’ Infanticidio, con umiltà e classe. Quante volte ci siamo chiesti dinanzi ad eventi di cronaca se l’autore-autrice di siffatto crimine sia bad oppure mad?  Ha esposto e discusso casi esemplari di madri “inconsapevoli” di essere in stato di gravidanza che si sono “liberate” del neonato in circostanze assurde; madri vittime di violenze antiche, anche incestuose, che hanno esploso la loro violenza sui figli; madri ipercuranti affette da sindrome di Munchausen per procura, che per eccesso di farmaci arrivano ad ammazzare i figli; genitori che uccidono i figli pietatis causa; madri gravemente depresse e deliranti che uccidono figli per sottrarli al dolore del mondo; “Medee” che uccidono i figli per vendicarsi di abbandoni (qui potremmo aggiungere come l’alienazione parentale tanto discussa sia in continuum un omicidio psichico dei propri figli); madri affette da ritardo mentale o schizofrenia; donne socioculturalmente svantaggiate ecc.
 Il venerdì ci è piaciuta molto la dotta relazione su “Imputabilità ai tempi di Epimeteo” del prof. Marco Marchetti (Med. Leg. Univ. Molise) che spaziando dalla mitologia perviene ai Sistemi 1 e 2 di Kahneman . Ricordiamo che gli studi sul processo decisionale condotti ormai da molti anni dal premio Nobel Daniel Kahneman hanno mostrato quanto illusoria sia la razionalità e come, in realtà, siamo sempre esposti a condizionamenti - magari da parte del nostro stesso modo di pensare - che possono insidiare la capacità di giudicare e di agire lucidamente. Kahneman ci guida in un'esplorazione della mente umana e propone come la mente sia caratterizzata da due processi di pensiero ben distinti: uno veloce e intuitivo (sistema 1), e uno più lento ma anche più logico e riflessivo (sistema 2). Se il primo presiede all'attività cognitiva automatica e involontaria, il secondo entra in azione quando dobbiamo svolgere compiti che richiedono concentrazione e autocontrollo. Efficiente e produttiva, questa organizzazione del pensiero ci consente di sviluppare raffinate competenze e abilità e di eseguire con relativa facilità operazioni complesse. Ma può anche essere fonte di errori sistematici (bias), quando l'intuizione si lascia suggestionare dagli stereotipi e la riflessione è troppo pigra per correggerla. Marchetti poi cita il pensiero evoluzionistico di Telmo Pievani, epistemologo di Padova, dove ricopre la prima cattedra italiana di Filosofia delle Scienze Biologiche (ma presso lo stesso Dipartimento è anche titolare dell’insegnamento di Antropologia). Insomma noi “siamo sia buoni sia cattivi”, dice Marchetti: noi siamo metaforicamente come i personaggi e lavoranti di un circo ove convivono – entro certi limiti – nani e domatori, giocolieri e animali ecc. ; siamo tutti accomunati dal Circo. Insomma siamo aggressivi e solidali (due aspetti contraddittori moralmente ma non filogeneticamente) ma si apprende socialmente a non essere aggressivi. Ed Epimeteo meno conosciuto del fratello Prometeo attesta la duplicità umana tra pensiero veloce e pensiero lento: nonostante  i due Titani siano fratelli (e cugini di Zeus), sono molto diversi. Prometeo (il cui nome significa "colui che riflette prima") è molto furbo e astuto mentre Epimeteo (il cui nome significa "colui che riflette in ritardo") sembra un tardone. Noi necessitiamo secondo la visione di Marchetti di entrambi, con tutti i pro ed i contro allorché attiviamo un sistema per l’altro nel momento sbagliato.




Citiamo tra le tante relazioni presentate quella su Legami pericolosi, relazioni perverse (Rolando Paterniti), relazione in cui mancava solo la descrizione della simbiosi schiffiana per completare l’excursus; Mafia e psicopatia (Vincenzo Caretti); La follia normale degli uomini che uccidono le donne (Cinzia Cinquegrana); CSI effect o Tech Effect? (Ivan Galliani e Fabrizio Rasi) ove si è dibattuto il tema delle tante serie tv su crimini ed investigazioni iperlaboratoristiche.  
Nel pomeriggio di venerdì abbiamo seguito tra i molti workshop paralleli quello moderato dai proff. Antonello Bellomo, Adolfo Ceretti, Ernesto Ugo Savona su un argomento scottante: Il trattamento degli offenders al tramonto degli OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari). Si è parlato di misure di sicurezza provvisorie (ex art. 206 c.p.), della mancanza di dialogo operativo tra Magistratura di Sorveglianza (Giuseppina d'Addetta) e Dipartimenti (Luigi Ferrannini, Francesco Scapati, Pietro Ciliberti)  nel momento storico in cui si aboliscono definitivamente gli OPG (ultima scadenza in marzo 2015) quando mancano risorse e strutture intermedie e controllate (non ci sono le REMS previste). Si è parlato di modelli di trattamento comunitario del malato di mente autore di reato pericoloso e reiterabile come il modello R-FACT proveniente dagli USA: si è riassunta la esperienza della Comunità Forense “Gonzaga” di Castiglione delle Stiviere nella presa in carico di pazienti “liberi vigilati” (Simona Traverso et al.).
Tanti gli interventi e tanti i relatori che meriterebbero una menzione specifica ma non è possibile: Felice Carabellesi, Jutta Birkohoff, Francesco Carrieri, Vincenzo Mastronardi e tante altre presenze autorevoli.
Chiudiamo con la tavola rotonda del Sabato 27 Settembre – prima della chiusura dei lavori -  con i proff. Roberto Catanesi , Presidente della SIC che ha ceduto la carica a  Isabella Merzagora (neoeletta) e Vito Mormando (Ordinario di Diritto penale a Bari): Psicopatologia e Diritto a confronto: Imputabilità e pericolosità sociale al tempo delle neuroscienze.

Abbiamo omesso tanto ed è una nostra precisa responsabilità aver scelto taluni argomenti ma è anche vero – e questo l’unico appunto ad un congresso così ben organizzato – che era impossibile seguire tutto senza avere il dono della ubiquità. (achille miglionico)

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