mercoledì 15 settembre 2010

ATTUALITA' - Ancora lotte fratricide nella classe dirigente

di Michele Miglionico

Mentre l'Italia subisce ancora gli strascichi della crisi economica e affronta crisi internazionali come l'incidente in mare con la Libia o il caso del rimpatrio dei rom in Francia, le forze politiche sono sempre troppo indaffarate a regolare conti al proprio interno.

Un esempio? In questi giorni il Partito Democratico è movimentato da un ennesimo, forte dibattito. Il segretario, Pierluigi Bersani, lo liquida come una sana e inevitabile dialettica democratica. Secondo la sua linea, sostenuta dalla maggioranza dei membri, il PD deve aprirsi ad alleanze con tutte le forze disponibili a sconfiggere il centrodestra. Non è ancora ben chiaro in quale verso: se verso destra, con l'Unione di Centro di Pierferdinando Casini, o verso sinistra, con l'Italia dei Valori di Antonio di Pietro e Sinistra e Libertà di Nichi Vendola . Una scelta importante, perché questi soggetti, per loro stessa ammissione, non possono convivere.
Una minoranza non è d'accordo. A darle voce è Walter Veltroni, candidato premier alle elezioni di due anni fa. Nonostante quel fallimento, l'ex segretario non smette di credere in quella mentalità, cioé che il PD debba e possa andare avanti da solo, senza fare affidamento su alleati con cui litigare alla prima occasione. Nel 2008 solo l'Italia dei Valori ed esponenti dei Radicali hanno potuto sostenere la sua candidatura e, se è vero che poco dopo ognuno ha preso la sua strada, è anche vero che neanche la somma di tutti i loro voti garantì la vittoria. Quindi difficile dire quale strada intraprendere. Nel dubbio, Veltroni sta creando un movimento parallelo al partito, con un documento firmato da un buon numero di parlamentari. A sinistra, insomma, non si smette mai di tirarsi per la giacchetta, neanche quando potrebbe cavalcare l'onda di un momento difficile che gli avversari stanno attraversando.

Infatti anche il centrodestra è alla prova del nove. Da quando Gianfranco Fini, tra i fondatori del Popolo delle Libertà, ha decretato sul palco di Mirabello la “morte” del suo partito e, quindi, la nascita di un nuovo soggetto politico, il futuro del quarto Governo Berlusconi è in bilico.
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha chiesto più volte di risolvere la crisi e proseguire la legislatura, perché il Paese ha bisogno di stabilità – ed è un pensiero che, probabilmente, condivide la stragrande maggioranza dei cittadini.
In realtà “Futuro e Libertà per l'Italia”, il gruppo dei seguaci del Presidente della Camera, ha garantito, con un minimo margine di discussione, la fiducia all'esecutivo. A parole, non hanno intenzione di far cadere Berlusconi e portare a nuove elezioni. Nonostante questo, “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”, così il Presidente del Consiglio si è attivato. Ha affidato all'onorevole Francesco Nucara, segretario dello storico Partito Repubblicano Italiano, di tastare il terreno a Palazzo Montecitorio, soprattutto tra i suoi colleghi del Gruppo Misto, cioè il gruppo che raccoglie i parlamentari dei diversi soggetti politici che non raggiungono il numero minimo di 20 deputati alla Camera (o di 10 senatori al Senato). L'obiettivo: garantire continuità al Governo Berlusconi grazie al sostegno di altre piccole realtà del centro-destra. La ricerca di nuovi alleati non è andata bene come previsto, ma non è detta l'ultima parola. Secondo Nucara, ''il problema di costituire un nuovo gruppo non esiste perché Futuro e Libertà ha sempre detto che voteranno con la maggioranza. Alla fine i venti deputati necessari ci saranno. Il gruppo potrebbe essere costituito, come ho consigliato a Berlusconi, dopo il voto di fiducia”. Intanto, un esponente dell'UdC rischia l'espulsione dal suo partito dopo le sue dichiarazioni sull'apertura a questo genere di trattative con il “nemico”.

Quando il 16 settembre l'aereo diretto a Bruxelles su cui viaggiava il premier è dovuto rientrare a Milano Linate per un guasto a un finestrino del cockpit (al parabrezza, in pratica), qualcuno ha ventilato l'ipotesi di un sabotaggio – con una battuta, un cronista ha puntato il dito contro i “finiani”. Silvio Berlusconi si è limitato a sorridere.

Intanto, restiamo in attesa del 28 Settembre, quando il Presidente del Consiglio parlerà alla Camera dei Deputati e chiederà il voto di fiducia al proprio Governo. Se non otterrà la maggioranza di 316 voti, le sue dimissioni sarebbero inevitabili, secondo Roberto Maroni, Ministro dell'Interno. Tutto, però, suggerisce che non ce ne sarà bisogno e che da ottobre si potrà partire con spirito nuovo, lasciandosi alle spalle discussioni e polemiche.

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