domenica 14 novembre 2021

Verdone l'ha fatto strano: recensione della serie tv "Vita da Carlo"

Verdone l'ha fatto strano: recensione della serie tv "Vita da Carlo"

“Vita da Carlo”, la serie TV con protagonista Carlo Verdone, sbarca su Amazon Prime Video il 5 novembre, dopo mesi di attesa.




Dopo il film "Si vive una volta sola" (2021), trasmesso sulla piattaforma streaming per via dei continui rinvii dell'esordio cinematografico a causa della pandemia, questa volta l'attore romano esordisce con la sua prima serie TV. "Si vive una volta sola" non ha goduto del favore del pubblico e della critica: finale scontato, battute fuori tempo massimo e una certa staticità non hanno reso giustizia a uno dei re della comicità italiana.

Di tutt'altra pasta, però, è "Vita da Carlo", serie TV in dieci puntate, in cui si dipanano le vicende di Carlo in un frangente di quella che dovrebbe essere la sua vita privata.

Naturalmente tutto è frutto di copione e ricorda un esperimento televisivo di Fabio Volo, Untraditional (2016), anche qui una sorta di ripresa dal vivo della vita del protagonista che interpreta se stesso, un “mockumentary”




Carlo vive nella sua casa di Roma, insieme a una bisbetica domestica, sua figlia e il suo fidanzato accampatosi in casa. Tutto comincia così: l’attore romano, spesso in giro col suo amico Max Tortora, al termine da una delle sue frequenti visite in farmacia (allusione alla nota conoscenza medico-farmacologica dell’attore che gli è valsa una laurea honoris causa in Medicina), commenta pubblicamente, con un discorso accorato, la caduta di un motociclista in una delle ormai famose buche di Roma. Parla, auspica una Roma amministrata da qualcuno che sia romano e che ami Roma per davvero: tutto è ripreso dai cellulari e subito diventa virale, attirando le attenzioni del presidente della regione che gli propone la candidatura a sindaco di Roma. La serie quindi affronta le vicende di questa difficile decisione: diventare o no sindaco della sua Roma, mentre, sullo sfondo si presentano delle sottotrame: bisogna affrontare progetti cinematografici (da un lato un ambito film d’autore che lo celebri come regista drammatico e raffinato, dall’altro un remake caciarone dei suoi cult propostogli dal suo produttore) e poi le strane conoscenze propostegli da Max Tortora e sua moglie per trovargli una compagna, l’accasamento abusivo di Chicco, il fidanzato di sua figlia, le perfidie della domestica e la dolce conoscenza della farmacista (Anita Caprioli).




Verdone appare qui lucidissimo, ben consapevole della sua immagine, nel bene e male. La vicenda ha sia connotazione "autoriflessiva" che "politica". Appare ben consapevole che, a sessant'anni, la gente lo ama ancora per i personaggi, che lo resero famoso con i primi sketch di “Non stop” (1977) e coi primi due film “Un sacco bello” (1980) e “Bianco, rosso e Verdone” (1981), tanto che, nella serie, il suo produttore, un romano avido, grasso e ignorante, gli propone con insistenza un remake di tutte le sue scene leggendarie, un "Viaggi di nozze" trent'anni dopo in cui l'iconica frase "O famo strano" è trasformata in "O famo anziano". L’attore romano è senza dubbio uno dei continuatori della grande commedia all’italiana che, dietro al riso, castigava i costumi: Verdone l’ha sempre fatto (senza che i più se ne accorgessero) e qui, seppur in modo blando, continua a farlo, raccontando l’avidità, i sotterfugi politici e la superficialità. Da questo quadro, però, sembrano salvarsi i giovani. Sua figlia è una ricercatrice universitaria (che decide di andare all’estero), suo figlio un giovane avvocato (due Millenials tra lavoro e precariato), ma a colpire sono gli universitari (la generazione Z), da lui incontrati in “campagna elettorale”: informati, scettici e con giudizi personali. Tra l’altro uno di questi sostiene di non vedere i suoi film perché guarda altro, un’allusione forse, all’aver relegato Verdone sempre a una commedia di grasse risate, senza contare esperimenti di commedie corali e con un certo dramma di fondo come “Compagni di scuola” o le raffinate commedie “Maledetto il giorno che t'ho incontrato” (1992)  e “Sono pazzo di Iris Blond” (1996).




In conclusione, “Vita da Carlo” merita di essere vista: è una serie godibile, con un buon ritmo in cui si sorride spesso. È, in fin dei conti, la via espressiva che meglio sembra aderire a Verdone in questo momento, che gli ha permesso di disincagliarsi da alcuni colpi a vuoto dei film precedenti, permettendogli ora e finalmente una narrazione più intima, metafilmica, intelligente e divertente, tra l’europeo e il romano, con il modo più intelligente per citare la grande struttura citazionistica che ha creato nei suoi anni di carriera e con una linfa vitale che potrebbe dar vita anche a nuove stagioni.


Claudio Leone


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