domenica 26 novembre 2017
sabato 18 novembre 2017
LA TERZA CITTA' di SPAGNA: VALENCIA
Valencia è la terza città della Spagna e un porto importante del Mediterraneo.
E' con lo svolgimento della Coppa America (2007) che Valencia diviene diffusamente nota a stampa, pubblico e turisti: urbanizzata secondo dettati architettonici d'avanguardia, l’organizzazione della città è proiettata nel futuro pur mantenendo intatto un cuore storico di rilievo. Valencia fu scelta come città ospite della America's Cup (32ma), ed il Consorcio Valencia 2007 assunse il compito principale di rimodellamento del porto di Valencia per rendere lo scenario adatto all'evento velico. Il risultato di questa massiccia riorganizzazione è La Marina Real Juan Carlos I, un grande spazio multifunzionale che si si trova nel cuore di Valencia, a nord del porto commerciale e lungo la spiaggia della Malvarrosa, dove sul lungomare ci sono numerosi ritrovi. Come successe per le Olimpiadi a Barcellona, anche questo evento sportivo di vela mondiale è stato un trampolino di lancio per la economia e sviluppo locali e ha ridato nuova vita a Valencia, creando un mix di creatività ed energia, una vera e propria explosión valeriana.
Ammirando le grandi capacità tecnologiche e artistiche degli iberici non si può pensare tristemente alle tante occasioni perdute dagli italiani che, per corruzione, per eccessiva burocratizzazione, per invidia politica e quant'altro, rinunciano al pragmatismo, al fare perseverando nella ottusa inerzia.
Diversi i luoghi da non perdere e le cose da fare a Valencia: la articolata Cattedrale (con un presunto Santo Graal), la Città della Scienza e delle Arti (imperdibile), il Barrio del Carmen con la sua movida. Non rinunciate alla visita dei mercati coperti (quello Colon e quello centrale) ed assaporate un piatto di paella valenciana (è buona in più locali). Se vi capita prenotate le tapas di Sagardi (in San Vicente Martir 6: cocineros vascos).
Quando la scienza diventa arte: Santiago Calatrava
Comunque e dovunque andiate (non solo a Valencia) soffermatevi sull'opera straordinaria di Santiago Calatrava, architetto, ingegnere, scultore e pittore, nato a Benimamet nei pressi di Valencia, nel 1951: un superbo artista spagnolo ma di respiro universale cui si deve massima parte di quanto visitabile a la Città della Scienza e delle Arti. Lo stile di Calatrava - ovunque nel mondo abbia lasciato tracce antropiche che destano stupore estetico - combina la concezione visuale dell'architettura all'interazione con i principi dell'ingegneria sino allo spasimo (ci si chiede come si regga una volta, una struttura lanciata nello spazio quasi contro i principi della gravità): i suoi lavori spesso sono ispirati alle forme ed alle strutture che si trovano in natura, antropomorfizzandole. Buona visita. (a.m.)
Ciutat de les Arts i les Ciències (Città delle arti e delle scienze) |
Il mercato Colombo |
IL Mercato Colombo |
La Stazione del Nord con la bandiera valeriana, spagnola ed europea |
L'Arena nei pressi della Stazione del Nord |
Tifo calcistico sempre alle stelle |
Il Mercato Centrale |
Il teatro dell'Opera di Calatrava |
Il padiglione che accoglie l'Acquario di Valencia si deve allo scomparso architetto madrileno Félix Candela |
http://treccani.it/enciclopedia/santiago-calatrava/
mercoledì 15 novembre 2017
Elogio della Follia n.31: DI MAIUS CEPIT VASINGTONIAM, DI MAIO conquistò Washington.
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Il nuovo CICCIOLINO della politica italiana? |
I congiuntivi, le Capitali, tanto altro e ora il latino. La serie di "tonfi" (non "trionfi") del candidato premier Luigi Di Maio si allunga. Ma ne aumenta il successo?
"Io quando incontro le ambasciate degli altri Paesi, come incontro i miei alter ego di altri Paesi...", dice il candidato premier in tv. Non solo una frase sgrammaticata, ma anche un latinismo usato a sproposito.
Noi non facciamo politica ma la politica invade e pervade ogni area del sapere e del non sapere. Non si può più tacere. Altrimenti parla (anzi urla) solo l'ignoranza. Come nella campagna antiscientifica contro le vaccinazioni.
Già il giorno dopo la intervista-monologo (a proposito, dove eri Fazio?) di Luigi Di Maio a Che tempo che fa (RAI1), anche un cittadino di cultura non indoeuropea avrebbe intuito che "alter ego" non è sinonimo di "omologo". Ma Di Maio & Co. non hanno la cattedra di Italiano, protesterebbe qualcuno. Vero: non ha proprio cattedre né di Storia né di altro ma di certo pontifica e parla "ex cathedra" con il suo serissimo e elegante completo da Men in Black (dove è finito lo zainetto che caratterizzava la sua gens?). Di Maio, è bene ricordarlo come ci tiene a sottolineare lui stesso, è anche vice presidente della Camera, carica prestigiosissima, carica cui avrebbe potuto ambire la onorevole Cicciolina-Ilona Staller nei suoi anni di "rottura" politica.
Il candidato premier dunque offre ai Crozza nuovo materiale su cui lavorare (e riflettere).
Ma nasce anche il sospetto che, dopo le prime uscite, Di Maio abbia fatto una strategia di questi "errori": cioè che sfrutti a proprio vantaggio proprio quegli errori-orrori. Così suggerisce Paolo Gallori di Repubblica. Ricordate le gaffe di Berlusconi? ricordate quanto ne abbiamo innalzato la popolarità?
I movimenti originano da veri disagi ma dalle maree populiste emerge chi vuole cavalcare le onde della protesta, erigendosi a uomo "nuovo" e "qualunque".
Un successo quello qualunquistico che è all'origine di tanti fenomeni storici che hanno contemplato totalitarismi ma che è stato importante anche per il successo imprevisto di social come FaceBook.
Il Di Maio ignora (non ha mai studiato) che cosa sia il qualunquismo del dopoguerra, neologismo che, dalla penna di Guglielmo Giannini e dalla carta stampata, sconfinò in poco tempo costruendo dallo scontento popolare le fondamenta di un vero e proprio movimento-partito. Che vi ricorda? Il termine qualunquismo, poi rimasto nel lessico politico con evidente accezione negativa, definisce tutti quegli atteggiamenti di sfiducia nelle istituzioni democratiche, di rabbiosa diffidenza e ostilità nei confronti della politica (spesso corrotta quanto lo sono gli uomini di ogni epoca) e del sistema dei partiti, di insensibilità agli interessi generali, che si traducono in opinioni semplicistiche, in adesioni a teorie complottiste e in un proporre il Nulla ritenuto più sicuro del Tutto preconfezionato dal sistema politico imperante. Pur promotore di cambiamenti, il qualunquismo non riforma ed è tendenzialmente animato da forze centripete e conservatrici. Così già nel 1946 Velio Spano scriveva acutamente su L'Unità :
"L'Uomo Qualunque è un movimento che costituisce al tempo stesso una sopravvivenza e una anticipazione del fascismo....i suoi dirigenti sono tristi speculatori delle sventure d'Italia, torbidi giocolieri che tentano di riesumare il fascismo vestendolo da pagliaccio..."
Come non pensare al comico-politico per eccellenza? Come non pensare ai non-programmi urlati e non pensati? Come non pensare ai legami sempre negati a posteriori con la estrema destra? come non pensare alla pseudodemocrazia dei "webeti" dove comanda un monarca assoluto e al meglio una oligarchia di potere?
Ora il Di Maio è negli USA a diffondere la lieta novella. Con chi sta parlando? Con il Dipartimento di Stato, dice. Ma a nome di chi? in che veste? non pubblica ma privata. Eppure sta scimmiottando altri politici che lo hanno preceduto. Dalle sue parole sembra che Washington sia stata da lui conquistata: Di Maius cepit Vasingtoniam.
Con chi parli e come parli non è dato sapere e lo vogliamo ignorare: così ci livelliamo al gradino più basso della filogenesi, alle forme di vita dei Cicciolinidi, forme di vita ancestrali prive di sistema nervoso centrale per le quali vale la locuzione latina "cerebrum non habet". (erasmo da rotterdam)
NOTE PER I "NON"
(non c'entrano le brave persone che abitano nella trentina valle di Non, chiariamo subito)
La locuzione latina Cerebrum non habet, tradotta letteralmente, significa non ha cervello (Fedro). È l'esclamazione della volpe che, avendo trovata una maschera teatrale, la trova molto bella ma priva di cervello.
lunedì 6 novembre 2017
LUDOPATIA (GAMBLING): UNA DIPENDENZA IN CRESCITA VERTIGINOSA
Che la dipendenza da gioco
d'azzardo, la cosiddetta ludopatia, sia un fenomeno crescente lo conferma la
recente elaborazione da parte della Commissione Affari Sociali della Camera di
un testo base sulle disposizioni per la prevenzione, la cura e la
riabilitazione. Lo confermano i dati clinici di ogni professionista che
lavori nel proprio studio.
Web e pubblicità mediatica vergognosamente invadente rinforzano un “vecchio vizio”, quello del gioco d’azzardo, con pericoli e rischi di grande portata per famiglie e coppie.
E’ attivo dal 2 ottobre u.s. il telefono verde per le problematiche legate
al gioco d'azzardo. Il numero verde 800558822 copre l'intero territorio
nazionale, sarà attivo in via sperimentale fino al 31 marzo 2018 e garantirà
sostegno dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 16, alle persone in difficoltà.
Lo rende noto l'Istituto superiore di sanità che sottolinea come l'iniziativa
rientra nel piano di ricerca, formazione e informazione, ideato e finanziato a
gennaio 2016 dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli e affidato nella sua
realizzazione al Centro nazionale dipendenze e doping dell'Istituto superiore
di sanità.
numero verde 800558822
Da tempo il fronte
scientifico si sta muovendo per comprendere e arginare il fenomeno dilagante. In
Toscana è in partenza uno studio innovativo finalizzato a verificare gli
effetti della modulazione del controllo inibitorio nei disturbi da gambling con
stimolazione magnetica. A coordinare lo studio in collaborazione con
l'università americana di Harvard, il neuropsichiatra fiorentino Stefano Pallanti,
professore associato all'università di Firenze, da anni impegnato nella ricerca
sul tema. La ricerca è finanziata per due anni con 400 mila euro dal National
Institutes of Health e questo come spiega Pallanti «evidenzia le
caratteristiche di innovatività del progetto. Del resto» continua «non ci sono
studi di modulazione inibitoria nel gioco d'azzardo mentre ci sono nella
dipendenza da sostanze (nicotina, alcol, cocaina). Il modello è lo stesso»
spiega l'esperto.
L'indagine verte sul meccanismo di controllo
inibitorio rispetto alle scelte economiche e sulla vulnerabilità di uno
specifico circuito cerebrale. «Ogni dipendenza» spiega Pallanti «agisce sulla
gratificazione immediata rendendo miopi rispetto alle conseguenze a lungo
termine. Un altro meccanismo comune ai due tipi di dipendenza è quello di
perdita del controllo: il giocatore, come un tossicomane, cerca di staccarsi
dall'eccessiva pressione psicologica e dallo stress». L'idea è di verificare in
che modo le tecniche di neuromodulazione come la stimolazione magnetica possano
agire sui circuiti coinvolti nel controllo inibitorio.
(tratto da Doctor33, 6 Nov 2017)
sabato 4 novembre 2017
Nave Amerigo Vespucci: "la più bella del mondo"
Ha incantato oltre 12mila visitatori a Taranto la nave scuola Amerigo Vespucci della Marina militare confermando tutto il suo fascino durante la sosta nel mar Grande. E' stata definita la "nave più bella del mondo".
Ad accogliere i visitatori è stato il capitano di vascello Roberto Recchia, pugliese di Putignano. La Nave Scuola Amerigo Vespucci, l'Unità più anziana in servizio nella Marina Militare, fu interamente costruita e allestita presso il Regio Cantiere Navale di Castellamare di Stabia nel 1930-31. Consegnata alla Regia Marina il 26 maggio 1931, entrò in servizio come Nave Scuola il successivo 6 giugno, aggiungendosi alla gemella Cristoforo Colombo (in realtà leggermente più piccola). Il motto della nave è "Non chi comincia ma quel che persevera", assegnato nel 1978. Dal punto di vista tecnico-costruttivo l'Amerigo Vespucci è una Nave a Vela con motore; dal punto di vista dell'attrezzatura velica è "armata a Nave", quindi con tre alberi verticali, trinchetto, maestra e mezzana, tutti dotati di pennoni e vele quadre, più il bompresso sporgente a prora, a tutti gli effetti un quarto albero. Come ricorda la Marina Militare, "l'unità è inoltre fornita di vele di taglio: i fiocchi, a prora, fra il bompresso e il trinchetto, gli stralli, fra trinchetto e maestra e fra maestra e mezzana, e la randa, dotata di boma e picco, sulla mezzana". Il porto di assegnazione è La Spezia.
Al termine della Campagna d’istruzione che l’ha vista toccare i porti oltre Atlantico la nave è ripartita a fine settembre da Livorno per effettuare la navigazione attorno al nostro Paese che l’ha già vista accogliere a bordo circa 40.000 visitatori nel corso delle soste di Civitavecchia, Chioggia, Venezia, Trieste e Castellammare di Stabia, città campana luogo delle sue origini dove ben 86 anni fa, sotto la supervisione del Direttore e responsabile della progettazione, tenente di vascello del Genio Navale Francesco Rotundi, fu impostata, costruita e varata.(am)
giovedì 2 novembre 2017
ETRUSCHI E NECROPOLI DELLA BANDITACCIA-CERVETERI
VIAGGIO NEL TEMPO. GLI ETRUSCHI E
LA NECROPOLI DELLA BANDITACCIA A CERVETERI
Una visita al sito archeologico della Banditaccia di
Cerveteri è davvero un viaggio nel tempo: si ha l’occasione di scoprire un
ricco patrimonio archeologico, aiutati da proiezioni audiovisive, ricostruzioni
virtuali, effetti luminosi e sonori, video in 3D, fruibili anche all’interno
delle stesse sepolture principali. Un progetto realizzato da Piero Angela e
Paco Lanciano consente di immergersi in una realtà rimasta sepolta per secoli.
La visita comprende anche il Museo Nazionale di Cerveteri
che è fornito del sistema Touch on glass,
per cui, toccando alcune delle teche entro le quali sono custoditi i
reperti, vengono generate delle proiezioni audiovisive in 3D, luci ed effetti
sonori.
Ricostruiamo ora una panoramica di questa grande civiltà.
GLI ETRUSCHI
Gli Etruschi rappresentano ancora oggi una delle pagine più
affascinanti, misteriose e complesse del percorso evolutivo del bacino del
Mediterraneo. Popolo fiero e combattente giunse ad altissimi livelli nelle arti
e nella struttura sociale.
Secondo lo storico Erodoto (V sec. a.C.), gli Etruschi erano
originariamente un gruppo di Lidi provenienti dall’Asia minore che si
stabilirono sulle coste italiche.
Secondo lo storico Dionigi di Alicarnasso (I sec. a.C.),
essi erano una popolazione autoctona.
Oggi si pensa che siano una popolazione di grandi
navigatori, originaria dell’Italia, che ha mantenuto molti contatti col mondo
greco: da questo importarono beni e merci, usi e costumi, divinità e l’alfabeto
(un’iscrizione molto simile all’etrusco è stata ritrovata a Lemno, un’isola
dell’Egeo settentrionale).
L’origine di questa civiltà si colloca tra l’VIII e il VII
secolo a.C., nella zona tra l’Arno ed il Tevere, cioè tra Toscana, Umbria e Lazio.
La loro organizzazione consisteva in città tra loro
indipendenti, rette dai lucumoni,
sostituiti poi dagli zilat,
magistrati eletti annualmente.
Ad un certo punto le 12 città principali si unirono in una
lega con scopi religiosi. Queste furono: Veio, Caere, Tarquinia, Vulci,
Vetulonia, Roselle, Volterra, Cortona, Chiusi, Perugia, Arezzo e Fiesole. I
rappresentanti di questa confederazione si riunivano una volta l’anno o in caso
di pericolo sul Lago di Bolsena.
Grazie alla grande fertilità della zona da loro abitata,
nacquero vari centri agricoli e si svilupparono poi intense attività
commerciali e di scambio di merci e di matalli estratti dalle loro miniere di
ferro, piombo, rame ed argento (numerosi ed elaborati i loro gioielli).
Nel 504 a.C. ad Ariccia il re Porsenna di Chiusi fu
sconfitto da una coalizione di Latini e Cumani: si chiudeva così per gli
Etruschi ogni possibilità di inserirsi nel governo della Repubblica romana,
nata cinque anni prima.
Nel 396 a.C. Veio fu presa dai Romani e così cominciò la
conquista delle terre etrusche da parte dei Romani.
Solo però a metà del III sec. A.C. e fino al II sec. a.C. i
Romani riuscirono a conquistare l’Etruria.
Il patrimonio religioso etrusco aveva colpito i romani:
molte delle divinità etrusche hanno nomi assimilabili ai nomi delle divinità
greche mentre altri ne svelano l’origine autoctona. Come Zeus, a capo del
pantheon delle divinità greche è sottoposto al fato, così anche Tinia, la
divinità etrusca delle folgori, era sottoposta al caso. Anche tra le divinità
etrusche c’è una gerarchizzazione molto rigida ed una divisione dei ruoli.
Per quel che riguarda l’aldilà, gli Etruschi erano convinti
che la vita continuasse all’interno della tomba; per questo motivo la
riempivano di oggetti rappresentativi dello status sociale del defunto e di
cibi. In un secondo momento ritennero che il defunto dovesse fare un viaggio a
piedi o su un carro o un cavallo verso un luogo che rappresentava l’oltretomba.
Gli Etruschi erano convinti di poter interpretare i segni
divini attraverso l’ispezione delle viscere degli animali, l’aruspicina, che i
Romani ereditarono dagli Etruschi.
Circa il ruolo delle donne nella società etrusca può essere
esemplificativa la storia di Spurinna, riportata dallo storico romano Valerio
Massimo. Spurinna era un giovane etrusco incredibilmente bello, tanto che tutte
le donne di ogni rango sociale ed età cercavano di conquistarne i favori.
Costui era assediato sia dalle donne e sia dai loro mariti gelosi. Così mise in
atto quella che gli sembrò l’unica soluzione possibile: sfregiò il suo bel
volto con la lama di una spada, dando un esempio formidabile di pudore e di
castità. In questa storia le donne appaiono come seduttrici mentre gli uomini
attenti alla loro reputazione ed alla loro castità: i Romani si meravigliarono
molto di questo racconto. Al di là della veridicità storica di questo aneddoto,
quello che è importante è la testimonianza che ci dà della condizione delle
donne in Etruria.
Altri esempi ce li fornisce l’uso del matronimico accanto al
patronimico nel sistema onomastico etrusco, nonostante non fosse sempre
necessario.
Inoltre lo storico greco
Teopompo ci racconta che "presso gli Etruschi le donne sono messe in
comune. Si presentano sovente nude […] poiché non è considerato vergognoso
mostrare il proprio corpo. Stanno a banchetto, e non vicino al marito ma
accanto al primo venuto e brindano alla salute di chi vogliono. Sono forti
bevitrici e belle d’aspetto". E’ una testimonianza, comunque, forse non
del tutto imparziale.
LA NECROPOLI DELLA BANDITACCIA A CERVETERI
La Necropoli della Banditaccia di Cerveteri, che si snoda
per più di due chilometri, è sicuramente la più imponente di tutta l’Etruria e
una delle più monumentali dell’intero mondo mediterraneo. Dichiarata nel 2004
Bene Patrimonio dell’Umanità UNESCO (Suzhou - Cina, 28 giugno-7 luglio 2004)
perché "rappresenta un capolavoro del genio creativo dell’uomo […], costituisce
una testimonianza unica ed eccezionale dell’antica civiltà etrusca […], rappresenta
le tipologie di costruzione che non esistono in nessuna altra forma".
Il nome "Banditaccia" deriva dal fatto che dalla
fine dell'Ottocento la zona viene "bandita", cioè affittata tramite
bando, dai proprietari terrieri di Cerveteri a favore della popolazione locale.
Gli Etruschi scavarono, come gli Egizi, questi ambienti
sotterranei: migliaia di tombe ricavate dal tufo. Migliaia di anni fa in questa
zona c’erano molti vulcani attivi che hanno eruttato a più riprese, riempiendo
di tufo l’area di Cerveteri; in certi punti lo strato aveva lo spessore di
oltre 30 metri. Gli Etruschi tagliavano il tufo a mano con l’ausilio di picconi
e cunei di legno. Scavarono un lungo canalone e ai suoi due lati scolpirono le
strutture circolari destinate ad ospitare le sepolture. Tutto ciò che vediamo è
stato scavato e scolpito nel tufo, come fossero sculture.
I “tumuli” sono
costituiti da un tamburo di base coronato da una cornice e ricoperto da una
calotta erbosa: erano destinati ai membri delle famiglie più importanti. In tal
modo possono spiegarsi gli accumuli di beni di lusso quali vasellame in metallo
prezioso, oreficerie, vasi figurati, bronzi, oggetti provenienti dalle zone del
vicino Oriente e dalla Grecia, oltre ad armi, cinturoni, rasoi, fibule,
gioielli. Suggestivi gli interni, che imitano le case dei vivi a più ambienti
con porte e finestre sagomate, colonne e pilastri, soffitti a travicelli e a
cassettoni, mobili, letti funebri, talora suppellettili. La cornice è contrassegnata da un bordo
scanalato che indica il livello originario del tufo. L’intreccio di strade e
stradine è stato realizzato picconata dopo picconata. In certi tumuli sono
ancora presenti alcuni scalini che forse portavano ad uno spazio nel quale
venivano realizzati sacrifici alle divinità.
A un certo punto vennero realizzate anche delle tombe più
semplici, dette “a dado”, simbolo dell’ascesa di nuovi
ceti sociali che potevano permettersi la costruzione di nuove tombe per i loro
cari.
Col tempo, in mancanza di spazio, cominciarono a realizzare
tombe in profondità, scendendo sotto il livello stradale, i cosiddetti “ipogei”.
Dall’alto l’area si estende su molti ettari; si calcola che
le tombe in totale siano decine di migliaia, molte ancora da scoprire.
Le tombe principali sono:
-
La tomba
dei capitelli (VI sec. a.C.): dopo un breve dromos e due piccole stanzette
laterali, si apre una vasta sala longitudinale con banchine e due colonne che
sostengono due capitelli di tipo eolico. Il tetto è piano e riproduce
fedelmente quello delle case dei vivi con struttura a travi di legno ed
incannucciata. Sul fondo si trovano tre stanze destinate alle sepolture con
finestrelle tra le porte e due banchine per ciascuna camera.
-
La tomba
dei vasi greci (metà VI sec. a. C.): appartiene ad un tipo a cella
tripartita, tra i più frequenti nella necropoli, che si stacca decisamente
dagli schemi legati ai retaggi delle forme e degli elementi della capanna. La
pianta assume regolare: breve corridoio coperto a blocchi con celle laterali,
che immette su un grande ambiente trasversale sulla cui parete di fondi si
aprono tre camere sepolcrali cui si accede mediante porte con architravi e
stipiti distinti da una cornice a rilievo. I letti hanno dimensioni quasi
monumentali. La tomba prende il nome dal fatto che all’interno sono stati
trovati centinaia di vasi, importati per lo più dalla Grecia, anche se non
mancano oggetti importati dal Vicino oriente e dall’Egitto.
La tomba
della capanna (VII sec. a. C.): ricorda le abitazioni più semplici che
caratterizzavano le città etrusche del tempo; col passare degli anni,
l’architettura delle tombe si fa sempre più elaborata, sullo stile delle case.
-
La tomba
dei rilievi (seconda metà VI sec. a.C.): la lunga scalinata dà accesso ad
una grande tomba ipogea, una delle più importanti e famose d’Etruria,
appartenente alla famiglia dei Matuna, come attesta il cippo attualmente posto
all’interno della tomba. La camera, con soffitto a doppio spiovente sostenuto
da due pilastri centrali e nicchie lungo i lati, presenta una decorazione in
stucco a rilievo dipinto sulle pareti e sulle facce interne dei pilastri. Al di
sopra dei loculi scorre un fregio d’armi, sulla parete di fondo e sui pilastri
sono raffigurati una serie di oggetti di uso domestico che costituiscono una
preziosa fonte per la conoscenza della vita quotidiana del tempo. Al centro,
sotto il loculo principale, sono raffigurati personaggi del mondo infernale:
Scilla e il cane a tre teste, Cerbero.
La tomba
della cornice (VI sec. a.C.): appartiene al tipo a cella tripartita con
finestrelle tra le porte della parete di fondo. Nella grande sala trasversale,
introdotta da un breve corridoio con celle laterali, due interessanti particolarità:
una cornice aggettante che corre tutto intorno alle pareti a circa due terzi dall’altezza e, ai due lati
dell’ingresso, due sedie scolpite con poggiapiedi e spalliera decorata con due
elementi circolari.
Al Museo di Cerveteri
e a quello di Villa Giulia a Roma
sono custoditi tutti i reperti trovati all’interno della necropoli. Vasi
finemente dipinti, coppe, calici, brocche per farina, vino, cibi per il viaggio
che avrebbero compiuto i defunti sono protetti in vetrine blindate, tutti
oggetti rimasti sepolti per secoli.
BIBLIOGRAFIA:
Mario Torelli, Storia
degli Etruschi, Laterza, 2005
AA.VV., Cerveteri. Scavi della
Banditaccia, Notizie degli Scavi, 1955, 46-113
A.M. Moretti Sgubini, Veio,
Cerveteri, Vulci. Città d'Etruria a confronto, Catalogo della Mostra, Roma
2001
Rosa Maria Ciritella
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