giovedì 5 febbraio 2015

Pride - recensione





Pride è solidarietà ed unione, amicizia ripulita da ogni pregiudizio, coesione di forze distanti solo se guardate attraverso la lente deformante degli automatismi che chiudono ed allontanano categorie, generazioni, posizioni politiche e religiose ed ogni tipo di gabbia sociale nella quale l'umanità si identifica privandosi della libertà di muoversi su diverse prospettive, di ascoltare ed osservare chi è alla distanza di un passo, di uno sguardo, del suono della voce, di un sorriso o di una stretta di mano. Mondi che si incontrano e si mescolano lasciando che l'amore rompa i muri di quelle gabbie unendo tutti attraverso il filo del diritto per ognuno di non essere lasciato ai margini senza voce e senza dignità. E la vita offre il suo fianco migliore nel momento in cui le diverse identità si esprimono nel rispetto di ognuna, lasciandosi cogliere dallo stupore mentre la ricchezza di ogni singolo mondo scivola nell'altro. Siamo ancora nell'Inghilterra che sacrifica la scomoda verità in nome di un ottuso perbenismo, e così come Tyldum ha posato il suo sguardo sul martirio di Alan Turing, Matthew Warchus mette in luce la storia di lesbiche e gay armati di secchi che nel 1984 sostennero con una raccolta fondi la causa dei minatori uniti in sciopero contro la  decisione della Thatcher di chiudere venti miniere di carbone nel Galles del sud. La scena si apre con il Gay Pride di Londra del 1984 dove il giovane Joe (George MacKay) si immerge timidamente lontano dallo sguardo miope ed ostile della famiglia e si unisce al piccolo gruppo di gay e lesbiche guidati dalla tenacia e dalla forza travolgente di Mark (Ben Schnetzer) che andando ben oltre lo sdegno della società e della comunità di minatori verso i quali si muove in soccorso, mette in moto una autentica battaglia contro la Thatcher, la polizia e gli organi di stampa. Al loro fianco ci sono la lesbica Steph, Mike (Joseph Gilgun), il libraio Gethin (Andrew Scott) ed il suo compagno Jonathan (Dominic West) ed insieme formano la Lgsm (Lebiche e Gay Supportano i Minatori) che dalla libreria Gay's the Word partono verso il Sud di un Galles, visto attraverso una fotografia dai toni tenui, non ancora pronto a ricevere il sostegno di un gruppo tanto diverso e la cui assonanza è data solo dagli stessi nemici. La comunità di minatori guidata da Dai (Paddy Considine) li accoglie sulle prime con estrema riluttanza, ma è la tenacia di Mark, la fragilità di Gethin, il fresco entusiasmo di Joe ed il ballo travolgente di Jonathan che spazzano via il pregiudizio lasciando spazio alla solidarietà sostenuta dall'intelligenza di Cliff (Bill Nighy), di Hefina (una vulcanica Imelada Staunton) e di Sian e dalla curiosità dell'anziana Gwen. Si toccano momenti di estrema dolcezza e mentre sul fondo aleggia la minaccia dell'Aids trionfa il sentimento dell'amicizia capace di abbattere pregiudizi e barriere sociali. Giusta la colonna sonora in accordo con i tempi che supporta interpreti eccellenti guidati da un grande Matthew Warchus che ha meritato la Queer Palm al Festival di Cannes 2014 e la nostra autentica emozione.
Antonietta D'Ambrosio

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