Il titolo già lasciava presagire che l'ultimo film di Woody Allen ci avrebbe trascinato in un'atmosfera romantica e deliziosa. Siamo ancora una volta in Europa, tra la Provenza ed una raffinatissima e folgorante Costa Azzurra degli anni Venti, rifinita da Allen in ogni dettaglio, ed il bianco dei costumi, le note jazz, i salotti nei quali ci si fermerebbe per ore tra un drink ed una riflessione sul senso della vita, i verdi giardini, le eleganti auto che viaggiano su sinuosi tornanti accarezzati da mare e cielo che si uniscono fino a confondersi, sono la cornice di una delicatissima storia d'amore. Il magico chiaro di luna si riflette sul volto di un'incantevole medium che un gentiluomo inglese, arrogante e scettico, è pronto a smascherare. Stanley (Colin Firth, british dal cuore alla pelle) è un noto prestigiatore che indossa i panni di Wei Ling Soo nei suoi spettacoli di magia e viene invitato da Howard (Simon McBurney), vecchio amico e collega, a sconfessare Sophie (Emma Stone), impegnata a raggirare una ricca signora americana in vacanza con la famiglia sulla costa francese, mettendola in contatto con il suo amato marito defunto. Una tale assonanza tra immagini, parole, gesti e suoni donano all'ultima pellicola di Woody Allen carattere di sublime poesia, e mentre la magia dell'amore scolpisce l'animo di Stanley attraverso la luce del volto di Sophie, levigando anche gli spigoli più acuti del suo cinismo, l'inganno dell'amico Howard, al di là di ogni effettiva intenzione, si rivela capace di accorciare le distanze tra testa e cuore. Ed anche il più irremovibile nichilismo associato ad una saccente forma di misantropia cede sotto un cielo bianco di luna e sotto i colpi dell'ironia tagliente e buona dell'anziana zia Vanessa (un'energica Elieen Atkins). Forse nulla di nuovo per Allen, ma il suo morbido salto indietro nel tempo lungo un secolo è il numero di magia che ci ha reso parte di un mondo affascinante, e si sa, il Cinema, come le più belle forme d'amore, è capace di spostare i limiti di ogni realtà.Antonietta D'Ambrosio
giovedì 18 dicembre 2014
Magic in the moonlight: grande Allen
martedì 16 dicembre 2014
Mommy - recensione
Inquietudine e senso di soffocamento dato dal restringimento   dello spazio entro cui Xavier Dolan ci racchiude, sono sensazioni immediate da   cui si avverte l'urgenza di sottrarsi, di scappare. Ma Dolan non ci lascia tempo   per proteggerci, ci inchioda alla poltrona  trascinandoci fino allo strazio   in uno spazio angusto dove si respira aria di amore malato con un'energia   esplosiva, incontenibile, rumorosa. In un formato 1:1 fa muovere Diane (Anne   Dorval), vedova da tre anni che fa già fatica a gestire la sua vita, eccessiva   nei gesti e nel look, che tra una sigaretta ed una parola volgare, si vede   costretta ad occuparsi di suo figlio Steve (Antonine-Olivier Pilon) dopo   l'espulsione da un istituto di recupero per ragazzi borderline, a causa di un   incendio provocato dal ragazzo. Noi siamo tra madre e figlio, in un amore   morboso urlato, sussurrato, violento e sofferto, incapace di stare in   equilibrio, finché non arriva Kyla (Suzanne Clément), la loro vicina. Gli occhi   di Kyla sono coperti da uno strato di tristezza, buio come la voragine di un   dolore troppo grande che la induce a distaccarsi dalla sua famiglia per   proiettare su Steve l'amore verso il figlio perduto. I ritmi si fanno più lenti   in un'atmosfera di gioia, complicità e cura paziente, ed il nostro respiro si   allunga nella stessa misura in cui Steve allarga lo schermo sulle note di   Wonderwall degli Oasis, lasciando spazio alla prospettiva di un futuro diverso.   E' anche la misura del sogno di Diane che viene dopo aver raccontato a suo   figlio di come la natura voglia che col passar del tempo lei lo ami sempre di   più, così come lui dovrà imparare ad amarla sempre meno. Ma lo spazio di un   sogno è un attimo che vola via con l'illusione che si possa forzare o cambiare   la natura umana e la più dura realtà rompe l'incanto. Grande lavoro di Xavier   Dolan, premiato a Cannes dalla giuria,  che a soli venticinque anni è già   al suo quinto film ed irrompe nelle sale come un tornado di fuoco e cenere e la   cui splendida interpretazione è materia della follia.
Antonietta D'Ambrosio
sabato 13 dicembre 2014
ADDIO 'Schroeder'. Morto Davide Santorsola, pianista e compositore
"Suonare è una delle cose più belle che Dio ci ha dato"
(così ha detto Davide quando è stato ospite di RaiUno Mattina il 20/12/2012)
mercoledì 10 dicembre 2014
Congresso Nazionale SiCO Roma 2014
Roma 29   e 30 novembre  2014
Questo   undicesimo congresso nazionale SiCO era un appuntamento delicato poiché veniva dopo   le celebrazioni (auto-celebrazioni) dell'anno scorso e doveva reggere le   aspettative e, forse, superarle. Indubbiamente il suo tema "Counseling:   perchè e per chi?  Per   le persone, per le professioni  e   per le istituzioni"  era   di per sé molto stimolante. 

Il   programma definitivo l'ho trovato interessante e sono andato a Roma insieme ad   alcuni colleghi della nostra scuola, con un certo entusiasmo.
Prima   di tutto voglio ringraziare, nella persona della dott.ssa Gigliola Crocetti,   tutti coloro che hanno lavorato all'organizzazione dello stesso. 
Non   entrerò nel merito di tutti gli interventi, anche se tutti hanno avuto un certo   interesse. Un piccolo suggerimento: non sarebbe meglio avere meno interventi e   lasciare più spazio, quindi, a chi relaziona? 
Data   la grande puntualità del "popolo italico" abbiamo, inoltre, iniziato i lavori   sempre con ritardo, pertanto gli organizzatori e i relatori hanno dovuto fare i   salti mortali per mantenere la tabella di marcia.
Alcuni   interventi sono stati realmente molto interessanti e hanno dato non pochi spunti   ai presenti  sulle potenzialità del   ruolo del counselor in molte aree di interesse.
Penso   all'intervento  dei nostri colleghi   della regione Piemonte con la relazione "Città,   Scuola e Salute. Esperienze di Counseling in Piemonte , Il significato della Referenza: introduzione   delle esperienze" , seguito dal  bellissimo ed esportabile lavoro con i   diabetici , presentato con un  video   dal dott. Riccardo De Luca.
Argomento   bello e sicuramente da approfondire  quello presentato l   dalla collega, dott.ssa Chiara Povero, intitolato "Il counseling entra a   scuola: esperienze di ascolto in un contesto di apprendimento e   Insegnamento". In merito sento di dire qualcosa che ho fatto   notare anche durante il mio intervento. Abbiamo parlato di sportelli di ascolto,   di orientamento scolastico e non solo. Purtroppo, però, non possiamo far finta   che questi temi non siano di pertinenza anche di altre professioni, per questo   nel mio spazio ho sottolineato quanto sia importante darci delle regole rigide e   dure a livello nazionale.
Siamo   in un momento di grande importanza ma allo stesso tempo siamo sotto i riflettori   di molti professionisti, in primis degli ordini degli psicologi. I colleghi   dovrebbero sapere che alcune associazioni di pedagogisti, stanno facendo   battaglia per entrare nelle scuole. Questa non può e non deve essere una guerra   tra poveri. Credo molto nel lavoro in equipe e ritengo che il futuro della   nostra professione potrà essere realmente riconosciuto solamente grazie alla   nostra professionalità e alle nostre metodologie ( che ricordo dovrebbero avere   una base epistemologica riconosciuta a livello internazionale). 
Apprezzato   molto anche  l'intervento del   collega Alessandro   Vergendo che ci ha fatto sognare. Il suo ruolo di "guida" per molti atleti,  in sport di altissimo  livello, ha aperto un campo di   possibilità per chi ha l'età ma principalmente le capacità  di potersi inserire in questo campo.   
Non   me ne vogliano le persone e colleghi che    non citerò ma ciò non vuol dire che non abbiamo imparato da ognuno di   loro qualcosa di interessante e che non abbiamo  arricchito il nostro bagaglio   professionale. 
Nella   prima giornata non posso però non nominare la dott.ssa Maria   Adele Azzi che ha relazionato su "La supervisione professionale di gruppo   sul territorio". Interventi come questi sono fondamentali. Tutti noi,   nessuno escluso, abbiamo bisogno di supervisione, di un confronto con i colleghi   e pensare di essere infallibili e onnipotenti è un errore non poco frequente in   coloro che lavorano nelle cosiddette professioni d'aiuto.
Nella   seconda giornata, molto interessante l'intervento del collega ed amico dott.   Rino Finamore sul bellissimo lavoro "Addiction   Counseling: dalle comunità terapeutiche alle istituzioni   scolastiche" che stanno svolgendo in Basilicata, con   ottimi risultati.
Dopo   di lui ho avuto l'onore di fare il mio intervento ma chiaramente non ne parlerò,   , e chi vorrà potrà ascoltare il video di seguito pubblicato. Indubbiamente,   però, non posso non prendermi la fantastica carezza avuta dai presenti e non   condividerla con chi legge e non era lì.    Il mio intervento ha avuto un bel riscontro e al termine sono stato   contattato da molti dei presenti che mi hanno espresso un feedback molto   positivo.
Dopo   di me la lezione magistrale del prof.    Franco Nanetti , mi ha realmente affascinato molto poichè bella e   interessante, ma di lui ne parlerà la mia collega, la dott.ssa Barbara   Palladino .
La   Lectio Magistralis del Professor Franco Nanetti, il cui titolo Counseling:   "nuove scienze" ed esperienza dialogica  non lascia dubbi circa l'apertura   pragmatica e propositiva ai moderni metodi professionali di approccio   comunicativo al mondo delle emozioni, si è rivelata un affascinante quanto   immaginifico momento di riflessione filosofica, psicologica e pedagogica sul   senso della autenticità e della relazione di tipo   alchemico-empatico su cui basare il contatto con l 'altro e il suo   mondo interiore.
Nel   ricordare l'antico racconto Chassidico "Il principe tacchino", scritto dal   filosofo religioso Rabbi Nahman di Breslav, Nanetti ha guidato il pubblico   curioso e divertito nella grottesca metafora della "non oggettività della   verità" che, accompagnata da una "inesauribile domanda di senso" e dal dubbio   del "cosa attende di essere imparato?" conduce colui che vive il conflitto alla   comunicazione con il proprio complesso mondo emozionale.
Attraverso,   quindi, la crisi identitaria, vista come momento di confronto con se stessi e i   propri limiti; con l'ausilio della figura del saggio (counselor), cioè di   colui che accompagna l'altro nel ritrovamento della "congruenza tra l 'interno e   l'esterno"  (fungendo da   ponte per la riattivazione dell' autenticità, con un approccio   dialogico e con un confronto empatico), nonché con uno sguardo al corpo e ai   suoi segnali e alle numerose neuroscienze; il principe (cliente)   riacquista uno stato di equilibrio emotivo che gli consente di affrontare gli   eventi con un atteggiamento ok, anche nel caso in cui una "vera soluzione   non c'è"...
Per   dirla, insomma, con parole dello stesso Nahman di Breslav: "ricorda che anche   se la soluzione fosse estremamente negativa, tutto potrebbe trasformarsi in una   situazione rosea...".
Ciò   che permane, nonostante siano trascorsi alcuni giorni dall' incontro è la   sensazione di umanità colta, affabile e ironica che il Professor Nanetti ha   lasciato in chi lo ha ascoltato. Del resto, seppur in una Lectio Magistralis,   egli ha saputo energizzare con grande leggerezza e semplicità, lo stato empatico   in tutti i presenti. Lampante riscontro si è palesato nella quantità   sorprendente di volti sorridenti e di mani tese a ringraziarlo per le emozioni   suscitate.
Le   conclusioni non possono che essere positive, ma dobbiamo lavorare per favorire   una partecipazione più elevata dei giovani in – formazione (forse anche   un'iscrizione più bassa per loro andrebbe considerata dalla dirigenza).   Personalmente credo che un incontro tra la direzione della S.i.Co., i vari   delegati regionali e qualche rappresentante delle scuole di formazione, potrebbe   portare una sinergia non indifferente per affrontare il presente e il   futuro-prossimo della nostra associazione nazionale. 
dott.    Paolo Miglionico
dott.ssa   Barbara Palladino
lunedì 1 dicembre 2014
I tre tocchi - recensione
Un   film dove la settima arte si sprigiona in tutta la sua essenza, è lo sguardo di   Marco Risi che penetra il Cinema attraverso il Cinema, sfondando le barriere di   schemi e logiche che rispondono solo ad un mero e discutibile gioco di un miope   mercato. Come Pirandello porta in scena Sei personaggi in cerca di autore,   facendo teatro nel teatro, Risi porta la faccia di sei uomini nei nostri occhi   per vedere l'effetto che fa, e se un provino è capace di cancellare il buio che   c'è. Sono sei ragazzi, ognuno interprete della propria vita, che si incontrano   regolarmente in un campo di calcio per giocare nella squadra degli attori   diretta da Giacomino Losi fondata da Pier Paolo Pasolini, tutti alla vigilia di   un provino. C'è Max (Massimiliano Benvenuto) che ha girato una fiction ed ora   lavora in un ristorante, Gilles (Gilles Rocca) è interprete di fotoromanzi e   schiavo della cocaina, Emilano (Ragno) è un doppiatore e fa il garzone   nell'hotel Majestic di Roma, e disteso sui grandi letti delle stanze dove si   rinchiude, sogna di essere il protagonista di noti film al fianco della sua   icona Valentina Lodovini, Antonio (Folletto) è un giovane attore di teatro che   consuma la sua esistenza accanto ad Ida Di Benedetto, una vecchia attrice ormai   abbandonata a se stessa da cui si fa mantenere, Leandro (Amato) che torna a   Napoli come attore di teatro pur di cancellare un'identità scomoda per vecchi   conti in sospeso con la camorra, ed infine c'è Vincenzo  (De Michele) che   si occupa del padre gravemente malato e vive cantando in un ristorante, la cui   immagine riflessa nel vetro di un portone è l'ombra dai contorni sempre più   indefiniti di un'identità torbida e violenta. Concentrazione, visione e   velocità, nel calcio sono i tre tocchi che consentono di procedere nonostante   gli ostacoli verso l'obiettivo, ma l'identità di sei uomini messi intimamente a   nudo attraverso la lente della macchina da presa, per mano di un autentico tocco   d'autore, rivela che tra un manifesto ed uno specchio c'è una realtà fatta   frustrazioni, debolezze e fragilità. È autenticità che si mescola alla finzione   rimanendone vittima, è la realtà di Emiliano che si confonde col sogno a cui   nell'ultima scena, travestiti da donna, prestano il volto Marco Giallini,   Claudio Santamaria e Luca Argentero che lo bacia rivelando che il sogno ha lo   stesso sapore amaro della realtà, e linea che li separa  perde tratto e   colore, è la forma che schiaccia la passione del pusher che danza sulle   prepotenti note de Il lago dei cigni, lontano dagli occhi del mondo e da quella   grazia che non gli è mai stata riconosciuta, è Max che torna nelle acque dove   affondano le sue radici e si concede agli unici occhi dove riconosce l'amore, è   Paolo Sorrentino che chiede "chi sei?". E' una preghiera recitata per un provino   che si ripete sulla bocca di tutti ma su quella di Vincenzo ogni parola è   rivolta a Dio affinché lo salvi da se stesso, è Marco Risi che pur non seguendo   un filo canonico di narrazione, ci presta il suo sguardo che attraversa   l'universo di sei uomini come una lama lasciandolo a brandelli. 
Antonietta   D'Ambrosio
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