Proprio in un convegno medico sulla riabilitazione , tenutosi oggia Bisceglie, un colto " tecnico" della regione Puglia ci narrava con amarezza che, in una riunione romana con altri "tecnici", qualcuno aveva scherzato con un aggettivo non proprio frequente all'indirizzo di un collega chiamandolo "canuto": tutti si sono fermati (tutti laureati) a chiedere cosa significasse "canuto". Ahi, piccola e grande Italia cantata e difesa da Benigni. Abbiamo tutti bisogno di te, Benigni. e delle tue commoventi e travolgenti narrazioni. Vere e proprie lezioni. Torna in tv. Per alfabetizzarci. (achille miglionico)
venerdì 18 febbraio 2011
GRAZIE BENIGNI. Della lezione magistrale di cultura
Proprio in un convegno medico sulla riabilitazione , tenutosi oggia Bisceglie, un colto " tecnico" della regione Puglia ci narrava con amarezza che, in una riunione romana con altri "tecnici", qualcuno aveva scherzato con un aggettivo non proprio frequente all'indirizzo di un collega chiamandolo "canuto": tutti si sono fermati (tutti laureati) a chiedere cosa significasse "canuto". Ahi, piccola e grande Italia cantata e difesa da Benigni. Abbiamo tutti bisogno di te, Benigni. e delle tue commoventi e travolgenti narrazioni. Vere e proprie lezioni. Torna in tv. Per alfabetizzarci. (achille miglionico)
mercoledì 16 febbraio 2011
ATTUALITA' - Stragi di cani - dal Canada alle nostre città
Noi aspettiamo un responso della magistratura canadese e, se possibile, una reazione dei legislatori del Paese.
sabato 12 febbraio 2011
TEATRO - Brachetti, ciak si gira!
di Michele Miglionico
"Non crederete ai vostri occhi" è uno slogan che ha perso significato, tanto è stato abusato. Eppure è il caso di rispolverarlo, perché è quello che realmente succede quando si assiste a uno spettacolo come questo. Ci sarà pure un motivo se Arturo Brachetti è uno dei nostri artisti più noti nel mondo e se è entrato nel Guinness dei Primati per le sue capacità di trasformista.
Il titolo, Ciak! Si gira, anticipa il tema della performance, vale a dire un grande omaggio del teatro al cinema, ed è difficile concepire un altro modo migliore per farlo su un palcoscenico. Brachetti racconta il suo amore per i film sin dai tempi dell'infanzia e lo fa con nostalgia e umorismo, interagendo con il pubblico delle prime file e con i bambini in sala. Questi rappresentano solo brevi intermezzi tra i vari siparietti in cui il genio interpreta decine di personaggi, senza temere che siano maschi o femmine, umani o animali o mostri. Se restano più impressi i suoi fulminei cambi di costume - già dalle prime scene, con classici per ragazzi come Zorro, l'Uomo Ragno e Crudelia De Mon - non si devono sottovalutare l'uso che fa delle ombre cinesi, né soprattutto degli oltre venti caratteri che riesce a evocare con il solo uso di un particolare "cappello" che, nelle sue mani, si modella con una facilità e un'efficacia difficile da rendere per iscritto.
Per l'occasione viene recuperato anche il suo precedente tributo a Federico Fellini, ma è superfluo anticipare tutti i momenti previsti dalla scaletta.
La girandola di costumi è rinforzata da una scenografia altrettanto mutevole e viva, degna di un teatro stabile, da effetti speciali di raro riscontro e da un uso ineccepibile di luci e suoni. Tutto questo non sarebbe possibile senza l'apporto degli anonimi e invisibili assistenti del maestro.
Un'avvertenza per i genitori più premurosi: Arturo Brachetti si lascia "prendere la mano", per sua stessa ammissione, e potreste ritrovarvi in imbarazzo per alcune battute a sfondo sessuale o durante l'inquietante ed efferato siparietto dedicato al cinema horror.
Eppure, è quel genere di spettacolo a cui tutti dovrebbero assistere almeno una volta nella vita, alla stregua di un pellegrinaggio prescritto dalla legge.
sabato 5 febbraio 2011
TEATRO - Le allegre comari di Windsor
di Michele Miglionico
Una maestosa scultura della regina Elisabetta I in trono occupa buona parte della scena. Con grande irriverenza, è tra le gambe della cosiddetta Vergine di Ferro che avviene l'andirivieni dei personaggi tra un ambiente all'altro.
Questa commedia fu commissionata al Bardo proprio dalla sovrana omaggiata e dileggiata dallo scenografo Luigi Perego. E si sente, in questo testo, una mancanza di personale ispirazione da parte del più grande drammaturgo della storia, impegnato a metter giù una farsa da manuale - nel senso dispregiativo del termine. Questa superficiale analisi serve ad avvertirvi che il testo, di per sé, non ha la forza del classico Shakespeare.
Eppure l'adattamento del regista Fabio Grossi e di Simonetta Traversetti ci mette nel suo, infarcendolo di un linguaggio scurrile lontano dall'idea e dal ricordo che abbiamo del dialogo poetico del commediografo inglese. Una scelta dettata dalla necessità di adeguarsi ai tempi? Qualche risata in più la si guadagna, ma a che costo?
Per fortuna a catalizzare le nostre attenzioni c'è il magnifico Leo Gullotta, irriconoscibile e trasfigurato nel corpo, nella voce e nell'atteggiamento richiesti dal ruolo dell'obeso Sir John Falstaff - convincente e irresistibile, per farla breve. A seguire, le protagoniste che danno il titolo all'opera, la signora Page (Rita Abela) e la signora Forge (Valentina Gristina), comari volutamente sopra le righe, con i loro falsi melodrammi e le loro risate stridule, burattinaie di tutta la serie di scherzosi complotti ai danni di Falstaff, colpevole di aver cercato di sedurre entrambe per attingere ai loro patrimoni.
La commedia è corredata da comprimari machiettistici, come il Dottor Caius, medico francese, e Sir Evans (Paolo Lorimer), il curato gallese, costretti ad accentuare i loro tratti caratteristici - nel primo caso una parlata a metà tra il francese e l'italiano/inglese, nel secondo caso un latino ecclesiastico da manzoniano "latinorum"; così come Monna Quickly (Mirella Mazzeranghi), i cui dialoghi sono infarciti di giochi di parole dettati dalla sua ignoranza, o il gaio Slender (Fabrizio Amicucci). Tutte scelte che, all'atto pratico, minano la fluidità e la comprensibilità delle battute. Un problema riscontrabile anche negli stacchi musicali previsti e che è bene aspettarsi.
Tirando le somme, i grandi sforzi del pur buon cast, aiutato da un ottimo lavoro di scenografi e costumisti, per colpa di limiti intrinseci della piéce e della regia, portano a risultati non all'altezza delle aspettative e delle energie profuse. Il che è un vero peccato.
Visto il 04/02/2011 a Barletta (BT) Teatro: Curci