venerdì 26 novembre 2010

UNITA' D'ITALIA e ITALIANI UNITI

Ebbene sì, lo ammetto. Ero scolaro delle elementari quando nel 1961 si celebravano i cento anni di Unità d'Italia. Ricordo una infinità di iniziative, disegni, anche francobolli, temi e discussioni quando già alle scuole elementari tutti sapevano chi fossero Garibaldi, Mazzini e Cavour (i meridionali dicevano Càavur ed i settentrionali Cavùr ma sempre del Conte si parlava): strada (cultura) facendo, sapemmo al liceo che il Risorgimento non era stato tutto rose e fiori, che non era stato un movimento popolare di massa, che era stato più una realtà intellettuale che sociale. Sapevamo anche- prima dei leghisti dell'ultima ora -  che il fenomeno del brigantaggio talora era stato un movimento di opposizione alla c.d. piemontesizzazione dell'Italia. Visto quante cose ci INSEGNAVANO? Sarebbe bastato poco per far fallire l'impresa dei Mille e farli diventare quei trecento "giovani e forti" che erano morti anni addietro a Sapri. Sapevamo che spesso la Carboneria era legata a ideali massonici di tensione libertaria ma non ci scandalizzavamo. L'Unità era ed è l'Unità di uno stivale che storicamente si ritrovava assieme dopo la framentazione di secoli che avevano visto quello stivale percorso e percosso da tanti popoli dominatori: nessuno - solo chi studiava - sapeva che quello stivale era stato per un millennio la centralità del mondo conosciuito, un vero ombelico del mondo (Roma caput mundi). Eppure oggi, invece di festeggiare in patria i 150 anni di Unità, si è presi da giochini antistorici che tentano di edificare ideologie del nulla; tentano di riesumare monarchie ignave e disinteressate (come quella borbonica che Benedetto Croce e, prima del filosofo,  Giacomo Leopardi hanno ben criticato) o vagheggiano nazioni mai esistite come quella padana. Oh, sì, sapevamo anche questo, ce lo dicevano che il Foscolo dopo il trattato di Campoformio vide con il napoleonismo cadere per sempre i principi ispiratori della Rivoluzione Francese ed il sogno della Repubblica Veneta. Sapevamo tutto questo ed altro perché la scuola insegnava, lasciatemelo dire. E non era nemmeno classista. Oggi domina la polemica ignoranza dei media e si legge ancora qualcosa in buon  italiano solo sui quotidiani stampati. Oggi domina arrogante la non-cultura, la InCultura (come il nostro giornale si titola). Le Università di cui tanto in questi giorni si discute solo per interessi politici di potere e non perchè a qualcuno gliene freghi qualcosa veramente della cultura, sono oramai ridotte a "diplomifici": se prima erano state zone di parcheggio per disoccupati, ora sono divenute luoghi di bassa cultura, e tanti docenti universitari non vedono l'ora di andare in pensione perchè non sanno più che domande fare in sede di esami a studenti massificati da sogni mediatici e dalle capacità espressive e linguistiche più che limitate. Non è solo la nostra esperienza: Michele Cortelazzo, preside della Facoltà di Lettere della Università di Padova ha portato dati sconfortanti sulle limitate capacità linguistiche degli studenti, "Repubblica" ha parlato di "Generazione 20 parole", aspiranti avvocati hanno sbagliato le "acca" dinanzi al verbo avere al concorso di Bari. L'ignoranza impera? Spero che qualcuno argini tanta deriva interessandosi della scuola. E i politici (che tanto spesso sono stati studenti non proprio modello)? Ci sono quelli che non conoscono la data della Unità d'Italia (ricordate l'inchiesta delle Iene?). Impensabile che uno statunitense o un argentino non sappiano la data di nascita delle loro patrie. Loro, i politici italiani, litigano, infangando l'Italia all'estero. E forse le uniche celebrazioni della Unità si svolgeranno veramente all'estero. Tra gli italiani residenti all'estero. Peccato. Perdonateci, o eroi del Risorgimento. (achille miglionico) 

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