giovedì 27 novembre 2008

TEATRO - Iago

di Michele Miglionico


Di ritorno nella seconda stagione di "Scene dinamo", il trio di Fortebraccio Teatro continua a lasciare il segno. "Iago" appare come la sintesi delle ricerche della compagnia: un uso fondante della tecnologia, per una reinvenzione di testi classici. In trench nero, camicia bianca e cravatta, con un tocco di living theatre, Roberto Latini esordisce circumnavigando la platea. E' Iago a parlare: al centro del suo discorso, il senso del proprio ruolo. La felice intuizione degli autori è una visione scenica del personaggio. Nella tragedia originale, a conti fatti, Iago è un personaggio-regista, nel momento in cui spinge gli altri protagonisti nella direzione da lui desiderata, ed è un personaggio-attore - valga come esempio solo la falsa amicizia con il Moro di Venezia. Perciò non risulta strano assistere alle prove a cui sottopone l'inflessione della propria voce, prima di parlare con Otello dei suoi dubbi su Cassio; né le sue iniziali riflessioni. Dal testo originale sono estrapolati solo alcuni brani significativi: dalla scoperta da parte di Brabanzio del matrimonio di sua figlia con un nero fino all'omicidio di Desdemonia, il quale rivive in una triplica parossistica interpretazione. Non si assiste a una fedele riproposizione, perché il post-contemporaneo compie divertenti incursioni nelle righe di Shakespeare, approfittando dell'ebbrezza di Cassio e della stupidità di Rodrigo. Senza contare che tutti questi estratti sono adagiati sulle ben congegnate musiche del co-regista Gianluca Misiti; l'attore se ne lascia trasportare e le domina, ne segue il ritmo con le battute e con le movenze. Però, per quanto nelle intenzioni dei registi il taglio dello spettacolo sia orientato verso la musica, la forza eterna delle parole del Bardo non può che sovrastare ciò che diventa una loro colonna sonora. A suggellare l'alchimia tra testo, recitazione e musica, ci pensa la direzione della fotografia di Max Mugnai: l'intenso lavoro di preparazione da parte degli artisti si evince anche dalla gestione dinamica e drammatica delle luci. Una nota di merito per Roberto Latini, a cui non mancano né la fisicità né le doti vocali per farne un attore completo. Non è un caso che nel corso della rappresentazione smetta i panni di Iago per entrare in quelli degli altri caratteri; e poco importa se è aiutato da un doppio microfono per distorcere elettronicamente alcune voci (con effetti anche comici, quando serve), o per creare echi, perché il risultato sarebbe di poco inferiore senza l'ausilio della tecnologia. Senza nulla togliere alle esigenze artistiche di ciascuno, sarebbe stato molto piacevole assistere a una sua interpretazione canonica del personaggio del titolo. 

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