lunedì 18 dicembre 2023

NARRAZIONI DI #VIOLENZE DI IERI E OGGI e di #LIBERTA'. Le emozioni fanno male o rendono liberi.? CONTRIBUTI





C’è Ancora Domani
il film delle Donne e sulle Donne della Cortellesi invade le nostre menti e i nostri cuori. NON LO AVETE ANCORA VISTO?!? Forza, correte al cinema abbandonando piccoli e piccolissimi schermi che vi ipnotizzano.


PENSATECI. La pellicola sta conoscendo un successo incredibile, ad oggi è il film italiano più visto nelle nostre sale, al di là di ogni aspettativa. Così non potevamo prevedere che ad anni di distanza dalla abolizione del delitto di onore ci fossero ancora tante piccole e grandi violenze sulle donne. Pensateci, solo il 5 agosto 1981 l'Italia ha abolito il matrimonio riparatore. E con la stessa Legge 5 agosto 1981 n. 442 “Abrogazione della rilevanza penale della causa d'onore”, l'Italia si sbarazzò in un unico colpo di nozze riparatrici e di delitto d'onore. Pensateci, non stiamo parlando del dopoguerra. 1981.  Pensateci, avevamo introdotto il divorzio nel 1970 e anche quella Legge ebbe un iter difficile se è vero che nel 1974 al tentato referendum abrogativo quella legge rimase in vigore. Con difficoltà. 


Non dobbiamo guardare a chi difese la legge sul divorzio (59,1 %) ma a quel coriaceo 40,9 % di oppositori: costoro uscivano immutati persino dalla tempesta politica e morale del '68 che investì tutto il mondo c.d. "libero" (in URSS e satelliti non c'era e non c'è neanche ora ombra di dissenso). In quella percentuale di oppositori a quella Legge e a tante altre (vedi aborto, eutanasia ecc) sopravvive tuttora e si tramanda anche ai giovani quel seme di patriarcato di cui tanto si dibatte confondendone il senso attuale. 

Nella nostra società democratica e complessa, il patriarcato di oggi non va inteso nella accezione etnoantropologica bensì come mix di suprematismo di genere maschile, di maschilismo-machismo che pretende di oggettualizzare il femminile, riducendolo con la forza alla posizione one-down, rinnovando quotidianamente la posizione di inferiorità cognitivo-emozionale della donna. 


QUALCHE CASO (VERO) EMERSO IN STUDIO.
  • "Io sono ancora oggi discriminata sul lavoro in quanto donna e brillante", dice una project manager di 40 anni che lavora presso una grande azienda multinazionale di informatica. "Se arrivo a comprendere e risolvere problemi prima di altri maschietti alla fine  ho problemi io." Queste ed altre discriminazioni sono poca cosa in rapporto alle vessazioni e molestie sessuali. E' notizia battuta in questi giorni che riguarda vecchie e nuove molestie sessuali da parte di un notissimo attore francese: per anni ha molestato donne di ogni età per cui ha un cumulo di processi in corso (e un suicidio di donna molestata negli anni Ottanta sulla coscienza). Con il caso Weinstein sorse spontaneamente sui social il Movimento #MeToo. Già "anche io" si è levato da più parti dopo tanto silenzio (2017). 

  • ”Questa è mia!” La signora D.R.1947 mi racconta solo nel 2023 della violenza da lei subita da giovanissima. Abitante in un capoluogo di provincia della Puglia venne stalkerizzata ante litteram negli anni Sessanta per anni! Il ragazzino bullo e violento l'aveva incontrata per strada e da allora in poi, avendo operato una scelta unilaterale, la pedinò: la voleva a tutti i costi, pur avendo lei tentato di negarsi. Racconta "7 anni di inferno" sino a che non compare nella sua vita un fidanzato, il salvatore che si frappone al persecutore. La tortura di quello stalker che nessuno fermava e tutti temevano fece sì che nessuno potesse accompagnarla senza rischi. Anche se usciva in compagnia di parenti,  ecco che lui spuntava dal nulla. In pratica era impedita in tutto e i suoi genitori per proteggerla la sequestrarono con ulteriore danno. Progetti di vita? nessuno. Lei avrebbe voluto studiare, partecipare a feste. “Ho vissuto senza adolescenza….A nulla valeva denunciare i fatti alla Polizia…”. In breve fu costretta a lasciare gli studi al primo anno di scuola media inferiore, lei che amava gli studi. Fece un corso di sartoria per corrispondenza (non potendo uscire) e il padre le regalò una Singer, macchina da cucire per cui finì per fare sarta in casa. "Almeno parlavo con le clienti e si chiacchierava un poco." Il viso tradisce ancora oggi la paura. Il giovane bullo le faceva terra bruciata attorno, impedendo a tutti di avvicinarla. ”Questa è mia!” minacciava il predatore, indicando la preda. 
  • Il femminicidio mancato. Questa è una storia più recente emersa per caso in psicoterapia. Lei, con tratti ossessivi, ha 27 anni e frequenta l'università con profitto dopo aver lasciato un lavoro frustrante di commessa: infatti ha interrotto gli studi dopo il liceo per il divieto di un ex geloso. "Se vai alla università conoscerai altre persone e ti perderò", le dice piangendo. Solo sotto la pressione mediatica di tanti femminicidi mi dice casualmente: "sai? anche io potevo finire ammazzata come Giulia Cecchettin..." e rivela che il fidanzato precedente (l'ex di cui prima) dopo una di lei partecipazione a sfilata di moda in cui lui si era adombrato fortemente, l'aveva invitata insistentemente a salire in auto per parlarle. In realtà il suo intento era di minacciarla e farle del male."Se ti comporti così io ti abbandono qui in aperta campagna e ti lascio mangiare dai cinghiali e lupi" Quindi minaccia apertamente di farsi fuori e di farla fuori con un coltello estratto dal portaoggetti dell'auto. Di questo legame disfunzionale precedentemente non aveva mai fornito particolari così vividi e drammatici dicendo che aveva chiuso perché lui "era geloso e possessivo". Finalmente esterna la drammaticità di una tragedia mancata. Essendo lui controllante e gelosissimo le impediva di muoversi in autonomia, e lei aveva deciso di chiudere la relazione.  La ragazza comprende che nessuno può aiutarla in quella situazione e cerca di calmarlo inducendolo a rientrare nell'abitato. Appena il cellulare riprende "campo" lei chiama la madre e racconta l'accaduto. Lui si turba e si ferma. Lei è salva e scende dall'auto per non rivederlo mai più. Quello che colpisce è anche il commento della madre a distanza di giorni: "Peccato è un geloso come tanti ma è un bravo ragazzo..." Un altro bravo ragazzo? Se l'evento fosse accaduto oggi e non dieci anni fa, come sarebbe finito il tutto tra emulazione e analfabetismo emozionale? Basta cogliere le affinità con altri casi odierni per rispondersi.
In studio abbiamo 
visto sentito di tutto: anche di una donna che in preda a crisi di gelosia picchia selvaggiamente il partner ma rispondo al maschietto irritato che per una donna aggressiva (con rade lesioni) ci sono novantanove uomini i quali non si fermano mai e negli agiti aggressivi arrivano a sopprimere la lei di turno con congiunti. Abbiamo ascoltato con stupore giovani mariti asserire con autorità che "tocca alla donna aprire la porta di casa", abbiamo sentito adolescenti rifiutarsi categoricamente di mettersi con qualcuno: "come? con una ragazza che ha avuto un altro prima di me?" Si vuole la donna presa dalla serra? illibata e vergine? Esporremo al balcone il lenzuolo arrossato come nell'Ottocento? Da anni ribadiamo che il progresso procede come il cavallo negli scacchi - così scriveva Claude Levy-Strauss -  può muoversi in avanti, di lato ma anche all'indietro. La  nostra evoluzione culturale, che ha sempre superato la evoluzione biologica procedendo troppo in avanti, ora sta subendo un regresso a livello linguistico e psicolinguistico, da quando predomina il mondo digitale nella nostra vita mentale e sociale. L'inesorabile decadimento culturale da iperconsumismo, l'impoverimento del pensiero pensato-parlato-scritto, il crescente narcisismo che si specchia nei social media, l'analfabetismo emotivo che lascia affiorare solo la rabbia, la tossicodipendenza da smartphone aprono la porta ad un regresso storico. Si arriverà ad avere oasi di eccellenza e cultura in un oceano di ignoranza, come al tempo dei monasteri medioevali dove la cultura si tramandava per via cartacea al riparo dalle scorrerie e del degrado ambientale, mentre la maggior parte degli uomini sono analfabeti? Giulio Cesare parlava latino e greco, Carlo Magno, che pur ha avviato una ripresa scolastica, era ignorante. I graffiti di Pompei ed Ercolano sono meno sgrammaticati dei messaggi inviati per sms o Wup. 

La medievalizzazione in corso e la violenza imbarbarita dei nostri tempi digitali va combattuta nella Scuola investendo  al fine di incrementare la intelligenza cognitiva ed emotiva di chi studia.  Nozioni ed emozioni viaggiano assieme e determinano una maggiore resistenza alla frustrazione. In una parola sale il livello di resilienza individuale.


L'altro giorno nel corso di un buon dibattito su Intelligenza Artificiale nessuno degli esperti presenti ha nominato parole come studio e studiare. Si parlava solo di competenze. Vi è quasi un tragico pudore nel parlare dello studio in sé, quasi fosse una cosa fuorimoda, come se fosse possibile apprendere senza studiare. Non si può solo far sperimentare per non annoiare, non si può sempre competere per catturare la attenzione dei discenti staccandoli dai display e tic-tok: sia se sei e vuoi diventare artigiano sia se sei e vuoi diventare medico non puoi aspettarti che la Pentecoste scenda sul tuo capo dandoti sapienza, come successe agli apostoli. Occorre studiare. E per studiare ci vuole anche sacrificio. No, no in tv nessuno nominava lo studio ma si parlava solo di competenze. Ma come si raggiungono competenze? come si arriva a pilotare un aereo senza affrontare un corpus teorico-pratico che riguardi il volo? Se vuoi solo il volo vai alle giostre o giochi ai videogiochi.
    

Se una persona sa leggere e scrivere sa anche pensare e se ha un problema di natura affettivo-relazionale  o una sofferenza esistenziale le saprà descrivere, saprà narrarsi. Dalla narrazione emerge la possibile risoluzione. Le emozioni/sentimenti vanno coltivati sfruttando le interazioni gruppali, alle emozioni (riconoscimento e gestione) ci si può e si deve addestrare. (achille miglionico)




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Un giovane psicologo, il dr. Mario Gagliardi, ci ha scritto in una email le sue riflessioni sulle EMOZIONI
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Le emozioni fanno male!? (Se non educate in tempo).







''Capire tu non puoi, tu chiamale se vuoi… emozioni…''.

L'immenso Lucio Battisti le descriveva così, quasi eteree, se non del tutto.

Ma cosa succede se non comprendiamo e gestiamo le emozioni?

La cronaca ne è ormai piena, storie di violenza fisica e psicologica, gesti di estrema crudeltà, polarizzazione di un pubblico che risponde a questi eventi con rabbia, paura e alcune volte freddezza.

E se volessimo esplorare questo iceberg al di sotto dell'acqua?

Troveremmo sicuramente storie complesse, scritte da eventi di vita, alcuni della quotidianità, altri un po' meno.

Ma cosa lega tutto quel ghiaccio gelido, così tanto da penetrare fino alle nostra ossa?

La risposta, seppur non del tutto completa, consiste nella mancata educazione alle emozioni e ai sentimenti.

Chi di noi non è stato adolescente?

I primi amori, le prime sigarette di nascosto, le idee ribelli, inebrianti, alcune volte così tanto da farci perdere di vista la realtà.

E proprio come noi, che non siamo stati i primi e non saremo gli ultimi, nuove generazioni di adolescenti stanno vivendo e affrontando questo importante periodo di transizione.

Affiora dunque la necessità di poter educare, supportare (non sopportare!), e accompagnare i nostri futuri punti di riferimento.

Ma siamo sicuri che le realtà educative possano sopperire a questa importante mole di responsabilità?

I numeri critici di vittime di violenza non vanno a favore di una risposta positiva.

E proprio parlando di responsabilità, stiamo assistendo ad un importante aumento di atti di de-responsabilizzazione da parte dei genitori.

Il ruolo genitoriale, fulcro della costruzione della personalità del bambino, futuro adolescente e futuro adulto, sta diventando sempre più un peso e sempre meno una ''adulta e amorevole responsabilità''.

E la scuola non sembra aiutare.

Sempre più sono i docenti a patire il burnout lavorativo, a non essere dediti al ruolo di educatore, a non avere i mezzi per sopperire a queste importanti pressioni.

Nel calderone della realtà, così grande da farci sentire fili d'erba in un prato, diventa una nostra responsabilità educare i nostri figli, i nostri nipoti, i nostri amici.

E se proprio i nostri mezzi non riescono a sopperire, chiedere aiuto, il quale rimane il più grande atto di amore verso se stessi.

Perchè se tutti curiamo la nostra fetta di realtà, potremo finalmente gustarci un futuro migliore.

(Mario Gagliardi)






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