lunedì 21 settembre 2015

INSIDE OUT, un film per tutti che fa riflettere


L’ultimo film d’animazione realizzato dai Pixar Animation Studios e distribuito dalla Walt Disney Pictures è uscito nelle sale italiane il 16 settembre 2015. Va subito detto che è piacevole ed interessante: soprattutto è un film che mira a rappresentare la empatia nella relazione genitori-figli. Dentro e fuori dalla mente…un viaggio dalla infanzia alla pre-adolescenza dove si comincia a prendere coscienza della caducità delle cose della vita, ci si rende conto che tutto è soggetto a continuo cambiamento.
La mente esplorata dal di dentro e dal di fuori è quella della piccola Riley, dapprima bambina molto piccola e poi pre-adolescente, che all’età di undici anni si trasferisce dal Minnesota ad altra città per cambiamenti lavorativi del padre. Nella prima parte del film la infanzia di Riley è narrata e agita attraverso le sue emozioni, rappresentate in versione antropomorfica, in una trasformazione dal mentale in fisico: la Gioia (femmina, snella e bella) è a capo della squadra, è lei a comandare le emozioni e a governarle;  la Tristezza (femmina esteticamente più goffa e impacciata); il Disgusto (femmina carina e un po’ acidula ); la Paura (maschio mingherlino ed spaventato); la Rabbia (maschio tozzo e forte capace di esalare fuoco dalla sua testa come un drago).
Questi personaggi sono graficamente molto attraenti e accattivanti perché al di là della loro forma estetica sono associati a colori vistosi (che gli spettatori-bambini nel cinema commentano con immediatezza, identificandoli con prontezza (soprattutto la Gioia): la Gioia è gialla e fosforescente, con capelli azzurri; la Tristezza è azzurra; il Disgusto è verde intenso; la Rabbia è rosso-fuoco; la Paura è viola.
Tanti sono i momenti che all’inizio del film sollevano ilarità e talora ironia sana. Poi con il trasferimento, con il risveglio nella nuova città e nella nuova scuola, dinanzi alla nuova insegnante e ai nuovi compagni di classe cominciano i problemi adattativi ed emerge un certo grado di “impreparazione” di tutto lo” staff emotivo “. La esperienza del cambiamento, fa perdere improvvisamente il precedente equilibrio psicoemotivo: la Gioia smette di dominare, e compaiono nuove e sconosciute sfumature emotive: ecco la nostalgia, la inquietudine, tristezza,  confusione, perfino un momento di black-out emotivo, quando Riley  è “persa”, alla stazione degli autobus. Tale impreparazione è la mancanza di esperienza ma anche “fare” nuove esperienze, soprattutto non ok. L’impreparazione al cambiamento altro non è che un’impreparazione di fronte all’aumento di complessità del mondo relazionale, complessità che siamo tutti costretti ad affrontare (più e più volte) nella nostra vita. La Pixar ha saputo rappresentare con grande maestria immaginativa il funzionamento del nostro sistema nervoso centrale, le basi della memoria a breve e lungo termine, le prime esperienze d’attaccamento, organizzando spazi reali-virtuali dove milioni di biglie colorate contengono i ricordi ( alcune biglie luminose contengono i “ricordi base” e sono immagazzinate in un archivio protetto). E che dire del treno dei pensieri che si mette in moto in qualunque momento, riposando solo nello spazio del sogno? La spaventosa caverna rappresenta l’inconscio (con i propri “mostri”). Ricordiamo il surreale parco dell’immaginazione, le isole della personalità (famiglia, amicizia, ecc.), la camera della astrazione.  V’è anche un accenno gentile al tema della perdita ed al concetto di morte, quando l’amico immaginario Bing Bong verrà cancellato in mezzo a tanti ricordi che non sono più necessari alla sopravvivenza.
L’assunto psicologico e filosofico che emerge nella prima parte del film è che la Gioia (felicità) sia l’emozione da provare “sempre”, da conservare e proteggere da qualunque insidia, soprattutto dall’emergere della tristezza. In realtà ogni emozione ha un valore intrinseco alla sopravvivenza della specie e dell’individuo.
La svolta che Rylei deve realizzare per comprendere cosa è successo alla sua vita con il trasferimeno (esperienza che comporta la perdita di affetti), è rappresentata dal personaggio Tristezza. E’ accogliendo (e non evitando) questo sentimento, che la strada si apre a una nuova consapevolezza e a nuove esperienze. Da un certo punto di vista non ci sono emozioni “negative” in sé, ma tutte le emozioni hanno una informazione vitale per la accettazione della realtà così come essa è in questo momento. Inside Out è una favola sulle emozioni che diverte i bambini, trascina anche i genitori (che li accompagnano più che volentieri), e induce più di una riflessione. Secondo me è necessario che adulti e genitori si sveglino dal torpore e che imparino nel quotidiano a  fornire ai propri figli una alfabetizzazione emotiva così importante e necessaria al fine di conoscere e ri-conoscere  le proprie emozioni: solo riconoscendo il flusso di emozioni che si fanno sentimenti, solo così saremo in grado di descrivere gioie e sofferenze, solo così sapremo narrarle a noi e agli altri: comunicarle, in modo da accettare ed elaborare la realtà che stiamo vivendo così com’è e non come vorremmo che fosse.
Invece spesso, come genitori iperprotettivi (ma non necessariamente vicini ai figli), facciamo di tutto per evitare loro contatti “sgradevoli”, facciamo tanta resistenza, vogliamo evitare che i nostri figli possano contattare eventi tristi. Nel film si racconta che la tristezza è parte della vita, e che se non la sperimentiamo non approderemo alla serenità, alla okness. L’adolescenza di un figlio è una fase di trasformazione per tutto il sistema famigliare , e in questa trasformazione alcune parti si perdono altre se ne acquistano. E l’isola della famiglia nel film è l’unica che non si distrugge in questo passaggio di vita, subisce degli scossoni, ma rimane  un luogo dove esperimentare, cambiare e crescere insieme…e poi ritrovarsi.. e costruire ancora. La famiglia come base di attaccamento sicuro per costruire altre famiglie.



(Neus Lopez Calatayud)

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