venerdì 15 novembre 2013

Giovani ribelli: una recensione "graffiante" per un film "graffiante"


Allen, Jack e William sono loro i “giovani ribelli” di Kill your Darlings (titolo italiano: Giovani ribelli, appunto), opera prima del regista di belle speranze John Krokidas, che tenta di raccontare l'epoca antecedente alla maturazione del loro genio, insomma prima che diventassero a tutti gli effetti Allen Ginsberg, Jack Kerouac e William Burroughs.
Il film si concentra sui conflitti relazionali e sui primi più o meno "scandalosi" (per l'epoca) amori dei tre talentuosi ragazzi. Nei panni di Ginsberg, Daniel Radcliffe, il celebre interprete cinematografico della fortunata saga di Harry Potter (nel cui ruolo sembra ancora imprigionato).
Giovani ribelli è uno spaccato aspro e duro sui turbolenti anni formativi dei principali esponenti della cosiddetta Beat Generation. I tre studenti sono a tratti presentati come dei goliardici devianti, quasi dei "buoni a nulla" in perenne fuga dalla normalità e dalle convenzioni borghesi dell’America del tempo. Arrivati a metà della visione della pellicola, ad esempio, assistiamo ad una rapina alla biblioteca della Columbia University dove l'obiettivo è far uscire dall'ombra una serie di libri allora considerati “proibiti”: in realtà trattasi di una rivolta contro il conformismo letterario ed artistico del tempo.
Alle imprese ed agli atti quotidiani dei tre "ribelli" giovanotti fa da sfondo la frizzante atmosfera "artistica" newyorchese degli anni quaranta, con l'abuso di alcole e droghe anfetaminiche quali espansori di coscienza, il jazz emergente (be bop), i fermenti letterari postbellici,  in special modo quelli che attraversavano lo stesso ambiente accademico da essi frequentato.
Che dire di più. L’intento di Krokidas sembra quello di voler costruire un certo contesto inserendo nel calderone un po’ di tutto, dalle droghe, ai disagi familiari e individuali, ma il suo sguardo non sembra andare oltre un superficiale ritratto ben lungi dallo scandalizzare un pubblico odierno ormai abituato a tutto. Del resto nella visione è facile perdersi tra le convulse vicende trasposte  in quanto mancano di fondo dei caratteri ben strutturati, e il tutto sembra un mix incapace di far riflettere e conferire alla trama un obiettivo unitario. :( (Giovanni Balducci)

Carl Solomon, Patti Smith, Allen Ginsberg e William S. Burroughs



2 commenti:

  1. Anche se mi piace quello che ha scritto il critico spettatore mi permetto di dire che a me il film è sembrato non fallire nel descrivere la difficile esperienza postbellica del mondo nordamericano quando ha segnato in maniera indelebile il sopravvissuto e l'artista. Dove altri film hanno fallito. per esempio "The Master" che rimane ciondolante nella trama e nella storicità malgrado la superba interpretazione dei due co-protagonisti. Allen Ginsberg-Daniel Radcliffe poi ci è sembrato calzante: prova ne sia che sul set l'attore è spesso arrivato sbronzo mettendo a dura prova la organizzazione. La beat generation emerge più da questo film che p.e. da "On the Road". Ma è solo una nostra opinione che vuole stimolarne altre (a.m.)

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  2. “La Beat Generation è un gruppo di bambini all’angolo della strada che parlano della fine del mondo” (Jack Kerouac) Il film è duro ma parla di questi bambini, della creatività originale ad ogni costo, della miseria di vite dedicate alla tossicodipendenza. Lo fa bene ed è un invito a rileggere la letteratura Beat.

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