giovedì 19 aprile 2012

Farmaci o non farmaci?

I farmaci che sono messi in commercio  e che sono  chiamati con il solo nome del principio attivo (p.e. atenololo, un betabloccante) vengono denominati farmaci generici; non essendo più soggetti a brevetto, hanno un prezzo notevolmente inferiore alle specialità medicinali corrispondenti. I farmaci a cui viene dato un nome inventato e spesso di “fantasia” vengono chiamati specialità medicinali e, per un periodo di dieci anni, possono essere prodotti e commercializzati unicamente dalle case farmaceutiche che ne detengono il brevetto e che generalmente hanno condotto dispendiose ricerche biochimiche per sintetizzare le molecole (p.e. “Tenormin” per l’atenololo). Allo scadere del decimo anno si possono produrre come farmaci generici le specialità medicinali fino ad allora protette dalle case farmaceutiche produttrici. Tirando le somme, è importante sottolineare che un farmaco generico è – e dovrebbe essere - del tutto identico per effetto terapeutico, principio attivo e utilità, alla specialità medicinale corrispondente.  Essendo  in uso da lungo tempo, inoltre, un generico, in quanto collaudato, dovrebbe riservare minori sorprese rispetto ai nuovi farmaci (gli eventuali inconvenienti sono generalmente ben conosciuti e studiati) ed in più ha il vantaggio di costare molto di meno perché non più vincolato al brevetto. Apparentemente il risparmio conseguito garantisce ai cittadini la possibilità di disporre dei farmaci innovativi, cioè quelli che la ricerca e le nuove tecnologie rendono disponibili e che servono a curare sempre meglio le malattie. Fin qui i vantaggi dei “generici”. Uno dei problemi che invece sta emergendo in maniera preoccupante è che spesso la “sostanza attiva” del farmaco generico è prodotta in un “altrove” (altra nazione, magari extracomunitaria) ove non è possibile verificare condizioni di sicurezza né per lavoratori né lungo la linea di produzione della sostanza stessa: in Italia, Spagna, Francia, Germania, Portogallo, Svizzera, Austria, Germania, Benelux, USA, Canada ecc. le linee di produzione e la tecnologia farmaceutica sono ineccepibili e tutto segue normative rigorose in termini di purezza, titolazione, aggiunta di eccipienti “inerti”, asepsi ecc. Invece, nella globalizzazione economica, talune ditte farmaceutiche europee non hanno linea di produzione propria (e tanto meno di ricerca) ed usano inscatolare prodotti già fatti altrove (in India, Cina p.e.) i quali non hanno grado di affidabilità come quelli prodotti in Europa e Americhe. La stessa tolleranza (della legge) di uno scarto di più o meno il venti per cento di sostanza attiva nel confezionato è per la medicina europea possibilità intollerabile ed imprevedibile. Per non parlare della presunta e non accertabile innocuità degli eccipienti adoperati “altrove” (sono veramente innocui?) e che richiedono controlli nelle importazioni che sono impossibili da attuare a tappeto. Sempre più medici e specialisti lamentano in diverse condizioni cliniche una paradossale inefficacia di farmaci generici che di per sé dovrebbero contenere principi attivi più che collaudati. Cosa succede? Forse l’atenololo (un beta-bloccante) o la olanzapina (uno psicofarmaco) contenuta in quella confezione è sottodosata o addirittura assente? Il generico, quando non proviene da ditte serie che vantano linee di produzione proprie, sono forse “taroccati”? Sembrerebbe di sì se è vero – come asseriscono taluni specialisti – che, in alcuni casi clinici, essere passati p.e. alla “olanzapina Lilly” – farmaco generico prodotto dalla stessa ditta che lo aveva immesso sul mercato con il nome di Zyprexa  - ha risolto la resistenza di un paziente che assumeva invece una olanzapina “anonima”. Il dubbio viene e permane, anzi si diffonde tra la classe medica che finisce per privilegiare prodotti sicuri. Il Ministero dovrebbe con i suoi ispettori e laboratori effettuare controlli rigorosi su molto dell’importato (non solo farmaci!); dovrebbe ispezionare di fatto le ditte anche europee che non offrono garanzie adeguate, distinguendo quelle che non hanno linee di produzione (sono uffici privi di “fabbriche”, con PC e soli magazzini, come un editore odierno?); dovrebbe dissuadere dall’acquisto on line di farmaci (spesso autoprescritti). 
Un altro problema è che ogni tanto un farmaco usato da milioni di persone viene ritirato dal mercato perché provoca gravi danni all'organismo. Altre volte invece, un farmaco viene ritirato perché parrebbe provocare la morte stessa dei consumatori (il caso del Vioxx è esemplare). Delle migliaia di prodotti chimici di sintesi che le industrie del farmaco producono e vendono, ci chiediamo quanti sono realmente sicuri e quanti invece pericolosi per la salute. Nessuno lo può sapere se non quando si manifestano pubblicamente i danni. Qualcuno pensa che le ditte che producono i farmaci per farli entrare quanto prima nel mercato, potrebbero alterare gli studi di sicurezza e grazie alla sudditanza per non dire collusione di politici facilitare l’iter di immissione sul mercato. Gli organismi che dovrebbero salvaguardare la salute pubblica (FDA, AIFA, EMEA, ecc.) fanno veramente tutto il possibile prima di consentire la immissione dei farmaci sul mercato, nelle farmacie e, da qualche settimana, anche nei banconi dei supermercati? L'Aulin per esempio, è stato ritirato dal mercato irlandese dall'Agenzia  del Farmaco di quel paese, perché ha provocato insufficienze epatiche così  gravi da dover trapiantare il fegato in diversi pazienti. E in Italia e non solo? La cosa preoccupante è che ci sono in commercio migliaia di  farmaci potenzialmente pericolosi per la salute pubblica, spesso in vendita on line.
Sta a noi dire di no a questo Sistema in-sanitario, e per fare ciò, è necessario una consapevolezza che parta dalla conoscenza (vera informazione) per poi diventare coscienza. Questo non vuol dire “spaventarsi” con la lettura dei bugiardini, spesso terrifici, che corredano ogni specialità medicinale. Informarsi (non tramite internet) e usare moderazione e buon senso, questa è la via per tante faccende umane. Ci sono persone ipocondriache attaccate ai farmaci ed altre esageratamente nemiche dei farmaci. Il secondo passaggio è poi quello di prendere in mano la nostra vita, in tutto e per tutto, senza delegare la nostra salute a chicchessia: fare prevenzione scartando ogni eccesso è meglio che dover curarsi quando è già tardi. Una informazione corretta e consapevole, soprattutto se confrontata con onesti professionisti d’aiuto, può migliorare la qualità di vita, mentre un'informazione deviata o incompleta può metterla a rischio la vita stessa. Ma come ci sono in giro farmaci “taroccati” o inutili così ci sono medici incompetenti e/o disonesti (non tanti per fortuna), medici onesti ma che non si aggiornano a dovere, medici che considerano l'essere umano come una macchina (visione meccanicistica cartesiana) e non nella sua interezza e globalità (visione olistica). Spetta a noi sceglierci le persone migliori, competenti a livello tecnico e interpersonale e notoriamente oneste intellettualmente. Ci sono operatori scientifici (medici, biologi, farmacisti, psicologi ecc.) che non conoscono neppure la lingua inglese e invece la maggior parte delle riviste scientifiche è oggi in lingua inglese. Ci sono medici corrotti che disconoscono il Giuramento di Ippocrate e dipendono dalle lobbies del farmaco. Affidiamoci a professionisti di aiuto che invece hanno il coraggio di uscire dal coro, adottando, per il bene dei pazienti, strade diagnostiche e terapeutiche epistemologicamente valide, sempre nella correttezza del “secondo scienza e coscienza”. (Sabina Pistillo,  psicologa del lavoro e delle organizzazioni)

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