Dirò la mia, Utcunque de me vulgo mortales loquuntur - "Qualsiasi cosa siano soliti dire di me i mortali", traduco per quanti non conoscono il latino. Lo so, non sono un critico cinematografico e mi attirerò feroci e facili critiche ma io, Erasmo da Rotterdam, nel vostro tempo a cinema ci vado come spettatore ed in questa vostra democrazia voglio dire la mia. In una promettente rassegna organizzata a Trani dal Circolo del Cinema Dino Risi di Trani ho avuto modo di visionare il film Terraferma di Emanuele Crialese. La trama è semplice. E' la storia di un'isola siciliana, di pescatori, poco toccata dal turismo e troppo "arretrata" culturalmente anche per una metafora (vi si svolge un consiglio degli anziani come se si trattasse di una popolazione tribale del Kenya). L'isola viene investita dagli arrivi dei clandestini, e dalla regola nuova del respingimento: qui emerge il problema morale. Che fare? rinunciare al turismo emergente? salvare? accogliere? nascondere? Una famiglia di pescatori con al centro un vecchio di grande autorità, una giovane donna che non vuole rinunciare a vivere una vita migliore e un ragazzo che, nella confusione, cerca la sua strada morale. Tutti messi di fronte a una decisione da prendere.
Sembrano in conflitto tra loro le leggi di terra e leggi antiche del mare, che obbligano al soccorso. A noi risulta che l'Italia accolga da anni immigrati con una accoglienza umana e professionale che pochi possono vantare: in Spagna le motovedette hanno anche sparato. Nel Mediterraneo le forze navali di mare italiane si prodigano da sempre a soccorrere naufraghi e derelitti. Eppure la figura dell'ufficiale di finanza (nordico) così come tipizzata nel film appare la caricatura di un "leghista" (che la caricatura se la fanno da soli).
La scelta di una isola siciliana e vulcanica non può che richiamare subito alla mente pellicole di grande storia come La terra trema (1948) di Luchino Visconti, film ispirato a I Malavoglia di Giovanni Verga ma il richiamo è ancora più forte per Stromboli terra di Dio di Roberto Rossellini (1950), un classico del neorealismo italiano. Il ruolo della protagonista era allora destinato in origine ad Anna Magnani con cui Rossellini aveva una relazione. Vedendosi portar via la parte (anche nella vita) da Ingrid Bergman, la Magnani stessa si interstardì a girare a Lipari il film Vulcano, diretto da William Dieterle. Ma stiamo divagando.
L'Italia è meglio rappresentata qui (modello di Michele Miglionico, non imparentato con alcuni omonimi della ns. Redazione)) |
Il film Terraferma sembra il film delle occasioni perse: ha un incipit di grande respiro come una bella donna che ti fa saltare il cuore nel petto ma poi apre bocca e ti scade un poco. Il film mi ha deluso, non volevo ammetterlo all’uscita del cinema ma dopo un giorno di inconsapevole elaborazione, l'ho dovuto ammettere. Il film non evoca le emozioni che intende suscitare e secondo me perché la scelta inizialmente poetico-metaforica dell’isola-che-non-c'è atterra brutalmente nel reale, sull’Isola-che-c’è: dal fabulistico, da tanti sottolineato, si scende al piatto ordinario delle fiction televisive, con poche figure ben stagliate e delineate. Il nonno è ottimamente recitato ma la sua “altezza” ci sembra sia stata penalizzata dalla globale scelta neorealistica del dialetto: il film forse decollerebbe oltre le "nuvole" del finale se fosse stato recitato in italiano (che i siciliani di ogni livello culturale e in ogni dove sanno cortesemente parlare con affascinante inflessione). L’atto comunicativo è parso mutilo, non di grande impatto in quanto supportato solo dall’extraverbale. Il dialetto strettissimo ha fatto sentire stranieri anche molti spettatori del Sud (figuriamoci quelli del Nord che avevano da ridire anche sul grande Troisi!): invece nel bellissimo film di Crialese Nuovomondo (2006) l’uso del dialetto era poesia storicizzata e ci rimbalzava nei secoli scorsi. La figura di Fiorello ricorda un Checco Zalone e mortifica le buone qualità dell'attore; il ragazzo, figlio di Donatella Finocchiaro nella trama, avrebbe potuto riecheggiare un Forrest Gump all’italiana ma delude anch’egli e non riesce ad essere nè un Forrest Gump nè un Ulisse, di cui condivide solo le traversie. Nulla dei dibattimenti interiori ed ansia conoscitiva esce dallo schermo che ha rinunciato a dipingere una bella metafora. La figura dell’ufficiale di Finanza, così banalmente del Nord e, parzialmente di tutte le divise, è una metafora politica? È un richiamo alla “piemontesizzazione” del Regno d’Italia unificato? Non si capisce. Oddio, ora mi chiameranno "folle" per quello che ho scritto. Infatti, era stato in qualche modo preannunciato, ma ora si ha la conferma: Terraferma, già Premio speciale della giuria alla Mostra di Venezia, ci risulta, sarà il film italiano in corsa agli Oscar 2012. Il regista Emanuele Crialese si è detto felicissimo per questa opportunità, dopo che la sua pellicola ha sbaragliato la concorrenza di altri film assai più quotati come il discutibile ma affascinante Habemus Papam di Nanni Moretti (alla seconda delusione dopo Cannes, poverino!). L'ho detto. Sigh. (Erasmo da Rotterdam)
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