venerdì 14 maggio 2010

TEATRO - Come spiegare la storia del comunismo ai malati di mente


di Michele Miglionico


La stagione del Teatro Curci di Barletta chiude portando in scena uno spettacolo diretto da un suo, ormai celebre, concittadino. E' infatti di Giampiero Borgia la messinscena dell'opera di Matei Visniec Come spiegare la storia del comunismo ai malati di mente.

Il drammaturgo rumeno ambienta la storia a Mosca, nel 1953 - l'anno in cui muore Stalin - nell'Ospedale Centrale per Malattie. Il direttore dell’ospedale psichiatrico si fa artefice di un progetto educativo innovativo, ritenendo di poter riabilitare i pazienti del suo manicomio attraverso un racconto semplificato e diretto della storia del comunismo. Tale impresa è affidata al poeta Yuri Petrovski (nome impossibile da dimenticare per lo spettatore, poiché viene menzionato decine di volte in maniera ossessiva da tutti i personaggi) che, con tale compito, inizia un viaggio tra i malati di mente.
La scena è dinamica: tra un letto e una scrivania, si muovono i pazienti dietro grate in continuo movimento, tra medici adoranti e infermiere idolatranti Stalin. I "pazzi" – suddivisi in leggeri, medi e gravi - sembrano i meno esagitati nelle loro esternazioni, quasi più equilibrati: infatti Petrovski trova da subito una sintonia e un modo di comunicare congruo con loro. Tanto che nella seconda parte dello spettacolo la dirigenza ospedaliera comincerà a sospettare di eversione lo stesso poeta da loro incaricato del piano educativo.

L'opera in scena si configura infatti come una farsa grottesca, senza nessun intento didascalico o di revisionismo storico. Quello che di affascinante c'è da sempre nel totalitarismo è il modo in cui le masse si piegano con facilità a una idea, stravolgendo le proprie vite pur di far loro una ideologia inculcata con meccanismi esterni: e le stesse regole che si applicano alle grandi masse, valgono per un gruppo ristretto di pazienti psichiatrici. Ovviamente, come spesso accade in narrazioni di queste genere, il tutto si mescola e confonde con facilità, tra ritmi sostenuti e parole scandite con ossessività. I malati e i sani perdono quella netta distinzione tra loro, un poeta del regime può diventare un sovversivo, facendo sconfinare il gioco nell'assurdo e nell'irreale (un po' come nel recente Shutter Island di Martin Scorsese). Fino a confondere, forse troppo, lo spettatore.

Un plauso dovuto al costumista. La regia di Borgia si dimostra esperta e decisa. Il barlettano, egli stesso in scena, dirige con maestria la recitazione del protagonista Angelo Tosto e dei molti comprimari – del Teatro Stabile di Catania - che lo affiancano sul palco, con anche alcuni pezzi canori degni di attori completi.

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