domenica 21 gennaio 2001

Il giorno di San Nicola (Thirst Day)








di Achille Miglionico


Solo poco prima dell’alba era il momento in cui l’aria rinfrescava consentendo di pacificarsi con il materasso tra le braccia di Morfeo. E veniva il momento di svegliarsi. Si alzò. Come tutte le mattine non era stato facile per il signor Giorgio svegliarsi perché era ancora stanco e da quando faceva caldo dannato era ovvia mossa difensiva ritardare ogni sera il momento di coricarsi. Già, verso sera inoltrata le cose andavano meglio che di giorno quando il sole spaccava le pietre e scioglieva l'asfalto per cui anche Giorgio si era attardato con gli amici sulla terrazza di casa. Tutta la strada era gremita nei balconi durante il buio ristoratore come non si era visto da tempo: le presenze umane sui balconi sembravano in competizione con i grossi ciuffi di gerani e piante grasse che popolavano balconi ed il vociare concitato o allegro serpeggiava tra i lampioni ove nugoli di insetti notturni roteavano furiosamente disegnando ombre cinesi sui palazzi. Si stiracchiò come un orso uscito dal letargo e si orientò stordito alla cucina per preparare la moka. Anche quella mattina vide un paio di uccelli morti sul balcone attraverso la finestra spalancata: un giorno o l’altro si sarebbe ritrovato i cadaveri in casa. Quei dannati corvi gracchiavano dalle antenne televisive di fronte e alcune gazze da ladre si erano trasformate in necrofile cimentandosi nella pulizia di cassonetti colmi di avanzi. Si udiva il rumore di poche auto quel giorno dal fondo stradale e dagli avvolgenti viadotti.
Giorgio non ci volle far caso ed, ossessionato dal caldo, pensò – per rassicurarsi o stimolarsi? – che anche se avesse protratto il dormire sino al pranzo, egualmente il caldo avrebbe fatto irruzione nella minuscola abitazione interrompendo l’estasi di quell’ora troppo corta di naturale refrigerio che precedeva l’alba di diversi anni.. Era sempre più insostenibile lavorare senza aria condizionata, giurò che si sarebbe rivolto al sindacato se ancora una volta il padrone del magazzino ove lavorava da trentatré anni si fosse ancora rifiutato di rendere tollerabile la vita all’interno dello stabilimento. Faticò a trovare il caffè nella dispensa malgrado lo riponesse sempre nello stesso posto. Riempì il serbatoio di caffè e mentre avvitava le parti della caffettiera si accorse con un sorriso di aver dimenticato di introdurre l’acqua. Che cretino, a rischio che esplodesse tutto. Da giorni e giorni il caldo non andava via: ne parlavano tutti e nessuno faceva niente per le campagne sempre più aride. La Puglia, da sempre, in Italia è assetata e molta acqua viene importata a mezzo di acquedotti o proviene da invasi viciniori: non basta mai da sempre e la gente lo sa con il sapere secolare per cui di rado spreca l’acqua. Certo una lavatrice richiede per ogni ciclo una barca di acqua ma se è per questo anche per lavarsi i denti c’è chi usa da un paio di bicchieri e chi spreca litri e litri di acqua. Un fatto di irresponsabilità. Giorgio cercava di limitarsi da sempre, in coerenza con il proprio passato ambientalista. La Puglia in molte zone è da considerarsi subdesertica anche se qualcuno lo ignora perché ci si vive bene, troppo bene e tutto arriva "sub" anche le calamità naturali sono "sub" rispetto ad altre zone italiane: terremoti, alluvioni ecc. sono quasi sempre di entità non devastante e riguardano "altri". Adesso però Giorgio temeva che, perdurando la siccità come non mai, si andasse verso una totale desertificazione e cercava di immaginarsi una specie di bush africano al posto del Tavoliere delle Puglie. Pessimista, si disse mentre la mano insonnolita raggiungeva il rubinetto del lavello in acciaio inox – ci teneva a tenerlo sempre lindo come nelle pubblicità.Un bush senza elefanti e pieno di auto è però una tristezza: non disseta e non fa neanche turismo.
La mano afferrò la leva e la mosse.
Niente acqua.
Scosse vivacemente la leva.
Niente.
Controllò faticosamente la chiave centrale di erogazione ma era aperta.
Niente.
Niente.

Sappiamo che il signor Giorgio telefonò anche al vicino, eppoi all’Acquedotto ma non sappiamo se vi riuscì in quanto le linee telefoniche risultarono intasate per giorni e giorni ed il problema non era aggirabile con la telefonìa mobile. Probabilmente il signor Giorgio – alla pari del signor Vito, signor Vincenzo, signora Adelaide, degli anziani Maria e Giuseppe e dei piccoli Paolo, Cristian, Lucia, Marta e della signora Titti (prima dell’intervento Nicola) – cercarono di rivolgersi alla polizia urbana e a quella di Stato: invano.
Nessuno sapeva che cosa fosse successo: né il sindaco né il ministro che fino al giorno precedente aveva dichiarato in tv di aver adottato "tutte le misure di emergenza previste e straordinarie".
Semplicente non c’era acqua.
Esaurita in Puglia.
Come altrove.

Classicamente il Panico cominciò nel giorno di San Nicola del 2029 d.C. e storicamente si fa partire da tale data, nota anche come Thirst Day, il periodo detto della "Grande Sete". Due abitanti su tre del pianeta si ritrovarono quasi improvvisamente senza acqua e con scorte prosciugate. In altri dieci anni tre su tre.
Avere sete e non poter bere alcun liquido per tutto il giorno fu la scoperta di chi non ebbe neanche più la forza di ricordare che anni indietro usava l’acqua persino per lavarsi – come si evince da raffigurazioni di ogni tipo.
Scoppiarono durante la Grande Sete tumulti metropolitani che si convertirono in assalti furiosi alla campagna ed ai dissalatori costieri. Ci furono orde emigratorie armate che si diressero verso le alture /Alpi, Appennini, Pirenei ecc.) che si ritenevano più ricche di acqua. Le industrie furono presto disertate e le produzioni di materie prime si bloccarono per la mancanza di acqua ed energia elettrica. Le catene informatiche andarono in tilt e con loro tutti i sistemi che, ove possibile, tornarono ad un funzionamento "manuale". Fu la Rivoluzione della Mano. Le popolazioni montane furono scalzate o distrutte, si raggiunsero le sorgenti dei fiumi, ci furono pletore di morti per disidratazione e combattimenti. Scoppiarono guerre piccole e grandi, che, in assenza delle risorse energetiche di un tempo, si globalizzarono ma non distrussero la biosfera. Tra le prime: il Sudan, sempre invidioso della ricchezza idrica a Nord, decise di chiudere il Nilo a monte della diga di Assuan assetando l’intero Egitto che rispose militarmente. Israeliani, Palestinesi e Giordani, che si era sempre massacrati per l’acqua – anche quando fingevano di combattersi per altro –, si estinsero tra i primi poli. Più lunga fu l’agonia tra Indiani induisti e musulmani (una volta si chiamavano indiani e pakistani). Groenlandia, Islanda, Nord Europa e la Siberia furono invase e colonizzate dalla Federazione degli Stati Europei. Il Nordamerica si arroccò in isolamento dopo anni di ingerenze politiche nel mondo. L’Australia si rese inabitabile. Il Sudamerica rivolse le proprie mire all’Antartide. La Guerra tra popolazioni cinesi e nipponiche non è ancora terminata. La gente in Europa allora non poteva sapere che avrebbe imparato a vagare e scavare la terra secca con le mani per un poco di umido come un Boscimane. Non lo avrebbe immaginato né l’italiano né l’egiziano.
Naturalmente noi abbiamo il vantaggio di sapere come è andata a finire. I nostri figli lo possono apprendere dai graffiti delle nostre caverne. Lì dove ricominciò la Storia.
Vostro Neander Thalman

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