il “Matrimonio di re Manfredi” nell'ambito della Settimana Medievale di Trani (3-7 Agosto 2016):
Manfredi di Svevia ed
Elena d’Epiro, questi sconosciuti
Da qualche anno a questa parte a Trani viene organizzato dall'associazione Trani Tradizioni il
“Matrimonio di re Manfredi”, un evento - rievocazione storica delle
nozze del re e della bella Elena. Tra sfilate, cortei, tamburi, luci,
musici e giullari si consuma l’evento in questione, come in altre città medioevali di Italia, in un mix "turistico" di ricostruzione storica, atmosfera fiabesca e spettacolo per famiglie.
Chi erano nella realtà storica i protagonisti della vicenda?
Tralasciando i fuochi multicolori ed i costumi sgargianti, proviamo
ad entrare nella realtà storica dei due personaggi celebrati. Il luogo fisico
del festeggiamento è il castello di Trani, fondato nel 1230 da Federico II
Hohenstaufen, terminato nel 1249 con le opere di fortificazione condotte da
Filippo Cinardo e da Stefano di Romualdo Caraberese (come riportano le due
iscrizioni presenti nel cortile occidentale del castello): esso fu la dimora
d’elezione di Manfredi che qui intese celebrare
le sue seconde nozze con la giovane Elena.
I due sposi
Il 2 giugno 1259 giunse a Trani una diciassettenne bella ed
attesa: Elena veniva dall’Epiro e portava in dote al diletto figlio illegittimo
di Federico II e di Bianca Lancia, Manfredi, Corfù e Durazzo. Il luogo scelto
per i festeggiamenti fu proprio il castello di Trani: tutta la città rese
omaggio alla nuova regina. Dal loro matrimonio nacquero quattro figli:
Beatrice, Enrico, Federico ed Enzo. Di solito, a quel tempo, il matrimonio era
una questione d’interessi e non certo di cuore: nel matrimonio feudale la sposa
era subordinata al suo feudo, mentre la Chiesa la subordinava al suo sposo; il
matrimonio feudale finiva per diventare un accordo tra genitori che legavano
tra loro i propri figli nell’interesse della terra. Anche nelle norme
federiciane, le Constitutiones Melfitanae,
il matrimonio era un rapporto di alleanza che la donna aveva il dovere di
mantenere tra i due gruppi familiari: la donna doveva garantire l’uso del corpo e dei beni che portava.
Così a volte accadeva , contrariamente agli obblighi ecclesiastici, che si
univano in matrimonio dei parenti, allo scopo di salvaguardare la fortuna
familiare. Nel caso di Manfredi ed Elena, però, il loro legame andò oltre le
mere questioni d’interesse economico: Elena fu molto amata da Manfredi. Manfredi
fu nominato da suo padre Federico reggente perpetuo del Regno di Sicilia, pur
non avendo alcun diritto al trono perché figlio illegittimo (Federico amava
molto Manfredi perché suo figlio gli somigliava molto ed ovviamente i figli
legittimi dell’imperatore non gradivano affatto questa situazione). Manfredi
tenne per sé la parte peninsulare del Regno, mentre suo fratellastro Enrico
ebbe la reggenza della Sicilia, sebbene ancora minorenne (rimase sotto la
tutela di Pietro Ruffo che però si rivelò
un pessimo amministratore, tanto che le città siciliane si rivoltarono
contro di lui).
Manfredi dovette lottare anche con suo fratello Corrado IV,
re di Germania e di Sicilia: Corrado
tolse a Manfredi la giurisdizione feudale e si mise in marcia con un esercito
per combatterlo apertamente. Così nel 1252 Corrado ottenne la resa di Napoli e
della Terra di Lavoro dopo strenue battaglie delle città del Regno che
appoggiavano Manfredi, ma morì
improvvisamente nel 1254 e Manfredi fu sospettato d’averlo ucciso; il suo erede
legittimo era suo figlio di due anni, Corradino.
A questo punto Manfredi concluse alcune trattative segrete
avviate precedentemente con il papa: diventò, così, vassallo del re di Sicilia,
Edmondo Lancaster, di nomina papale, quindi anche vassallo del papa. Il papa,
forte di questi accordi, scese a Napoli con l’intento di indebolire il governo
di impianto normanno-svevo, ma fu tradito da Manfredi, il quale non solo non
firmò il patto, ma organizzò il suo esercito musulmano di Lucera ed inflisse
una prima grande sconfitta alle truppe papali.
I baroni siciliani riconobbero a Manfredi il titolo di re
(rifiutando sia il Lancaster sia Corradino): Manfredi accettò così la corona e
ripristinò le modalità assolutistiche di suo padre nel Regno ed inoltre,
imitando le mire espansionistiche di Federico II, volle fare sue le città
ghibelline del Nord ed alcune zone del bacino del Mediterraneo. Per ottenere
questo scopo si servì delle collaudate strategie matrimoniali: diede in sposa
al principe Pietro d’Aragona sua figlia Costanza e cercò l’alleanza con il re
d’Epiro, Michele II, sposandone in seconde nozze la figlia Elena (erede
dell’impero d’Epiro).
Per un decennio fu un protagonista indiscusso, ma, quando
divenne papa Urbano IV, francese, il suo destino pareva già compiuto: il nuovo
papa offrì il Regno di Sicilia a Carlo d’Angiò. Anche il successore di papa
Urbano, Clemente IV, appoggiò la politica del suo predecessore e nel 1266, a
gennaio, incoronò in San Pietro Carlo re di Sicilia.
Il triste epilogo e la battaglia di Benevento (1266)
Purtroppo, però, la sorte della dinastia sveva terminò il 26
febbraio 1266 con la sconfitta e l’uccisione di Manfredi, nella battaglia di
Benevento: il papa Clemente ordinò di riesumare il corpo di Manfredi e di
seppellirlo in terra sconsacrata, in riva ad un fiume, sotto la sabbia, così
che le ossa potessero essere disperse dalle acque . L’evento fu descritto da
Dante nel Canto III del Purgatorio:
<< Io mi volsi ver' lui e guardail fiso: biondo era e bello e di gentile aspetto,
ma l'un de' cigli un colpo avea diviso […] Io son Manfredi, nepote di Costanza
imperadrice…>>; qui Dante immagina che Manfredi lo preghi di far
conoscere la sua vera condizione alla figlia Costanza, una volta tornato sulla
Terra; egli racconta la storia della sua morte nella battaglia di Benevento e
la preghiera finale di pentimento a Dio.
Inoltre Manfredi rivela l’ingiusta
persecuzione che l’arcivescovo di Cosenza fece contro le sue spoglie,
dissotterrate e disperse per ordine di Clemente IV. Sua moglie Elena apprese la
notizia della sua morte mentre si trovava nel castello di Lucera; le venne reso
noto anche della profanazione e depredazione del cadavere. Subì l’abbandono ed
il tradimento di tutti i suoi fedeli, eccetto una coppia di tranesi, Munaldo e
Amudilla, che l’aiutò a rifugiarsi nel castello di Trani, nell’attesa di
tornare in Epiro e salvarsi. Nel frattempo, però, l’imperatore di Bisanzio
aveva spodestato suo padre in Epiro e la bella Elena fu scoperta nel castello
tranese e fu imprigionata, paradossalmente, in “casa” sua, in quello stesso
castello che l’aveva celebrata come giovane sposa di Manfredi; le furono anche
tolti i figli: Beatrice fu imprigionata a Castel dell’Ovo, a Napoli, ed Enrico,
Federico ed Enzo a Castel del Monte.
Castel del Monte si ritrovò ad essere anche prigione dei 3 figli maschi di Manfredi |
Beatrice riuscì a liberarsi solo diciotto
anni dopo in seguito alla rivolta del Vespro e partì per la Sicilia, dove
viveva la sua sorellastra Costanza; Elena morì nel castello di Lagopesole, dove
era stata portata da prigioniera, nel 1271, a ventinove anni.
Questa, in breve, la storia dei due sposi, una storia che è
il prodotto del suo tempo e che è ben lungi dall’ambientazione fiabesca ed
incantata che avvolge le giornate tranesi di celebrazione di queste nozze
medievali. (Rosa Maria Ciritella)
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