lunedì 18 ottobre 2010

TEATRO - Jesus Christ Superstar

di Michele Miglionico

Dopo l'ondata di libretti tradotti in italiano, si torna alle basi con un nuovo tour di "Jesus Christ Superstar" in inglese, portato in scena dalla storica compagnia Planet Musical che ha contribuito allo sdoganamento delle "commedie musicali" anglosassoni in Italia.
Inutile entrare nel merito dell'opera, storica e famosa, di Lloyd Webber e Rice. Imprescindibile per gli amanti del genere e del rock.

Sul palco, nuove e vecchie conoscenze. Gesù è ancora, da un decennio ormai, Paride Acacia... in teoria nulla si potrebbe imputargli dopo tanta abitudine ed esercizio, eppure qualche sfumatura di stanchezza, qui e lì, si avverte.
Nuovi compagni di viaggio sono interpreti in prestito dal mondo della musica leggera.
Matteo Beccucci, vincitore di "X factor", è Giuda. Meglio non fare raffronti con l'interpretazione cinematografica. Il cantante cerca di adattare il ruolo alle proprie corde, contenendolo. Nonostante la voce non gli manchi, Beccucci sembra frenato.
Mario Venuti, che non ha bisogno di presentazioni, ha il suo momento nel paio di pezzi affidati al personaggio di Ponzio Pilato, che rischia di perdersi nella riconoscibilità della voce del suo attore.
In entrambi i casi, l'archetto si conferma un microfono impietoso rispetto alla maneggevolezza del cosiddetto gelato. Eppure sono i loro nomi a fare da richiamo, quindi si condivide la scelta di averli inseriti nel cast.
Molto più a suo agio Simona Bencini, già vocalist dei Dirotta su Cuba, che si allontana dalla traccia registrata di Maria Maddalena per darne una resa molto personale e altrettanto convincente.
Paradossalmente, sono personaggi secondari come Pietro e Simone Zelota a spiccare per le loro performances.

Il corpo di ballo, invece, non brilla , anche costretto da una scenografia che, ospitando in scena l'eccezionale orchestra, non gli lascia gran margine di manovra. Scenografia, ad ogni modo, ben studiata e molto funzionale, grazie al telo trasparente che permette la proiezione di immagini e parole. In mancanza dei "sopratitoli", che pur in altri allestimenti aiutavano la comprensione della vicenda, è ottima l'idea di proiettare i versetti dei Vangeli corrispondenti alle scene in atto, tanto per la fruibilità quanto per il senso epico.

La flagellazione del Cristo è da sempre lo spazio in cui il regista dello spettacolo ha il suo più evidente canale espressivo, perché tradizionalmente a ogni frustata viene associata un'immagine tragica sul futuro dell'umanità. Massimo Romeo Piparo esordisce con i classici campi di sterminio nazisti e con le bombe nucleari, passa per i soldati italiani morti sul campo, Aldo Moro e Sakineh, e conclude con i giudici Falcone e Borsellino, suscitando gli inevitabili applausi del pubblico.

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