Destino o volontà? L’eterno dilemma esistenziale nel 50^ film di Woody Allen, “Un colpo di fortuna”
“Coup de Chance - Un colpo di fortuna” è il titolo del cinquantesimo film di Woody Allen uscito in tutte le sale cinematografiche nel dicembre 2023. Usiamo la dicitura "sale cinematografiche" dando per scontato che si considerino ancora i cinema luogo di cultura e socializzazione, ma il favore dei giovani ahimè va verso piattaforme digitali (con i deretani inchiodati ai sofà e gli occhi fissi sul proprio loculo sociale di massa denominato smartphone).
Una ragazza, impiegata in una casa d’aste a Parigi, città in cui vive, è la protagonista.
Parigi è una città molto amata da Woody Allen (ricordiamo tra altri lo splendido Midnight in Paris). Nella foto di Achille Miglionico Parigi attende le Olimpiadi 2024. |
È la fidanzata “trofeo” e futura sposa di un galantuomo e milionario uomo d’affari dell’alta borghesia parigina che ha scalato la vetta sociale in maniera piuttosto oscura e ambigua tanto che neppure lei stessa è a conoscenza di cosa si occupi esattamente il suo compagno.
Un giorno, mentre si reca a lavoro, incontra per puro caso durante il tragitto un suo ex compagno di liceo il quale ha sempre avuto una cotta per lei, ora esordiente scrittore a Parigi in cerca di ispirazione.
Lei si innamora follemente, tradisce il suo futuro sposo e lui la scopre.
Il fantomatico galantuomo, che già non aveva avuto scrupoli a far “sparire” il suo ex socio in affari traendone profitto, ingaggia i due stessi malviventi per “eliminare” anche questo ostacolo nella sua vita e, alla sua volontà, facendo assassinare e sparire quindi il povero scrittore, creandosi ancora una volta la sua “fortuna” (concetto ricorrente nel film).
A scoprire i fatti è la mamma della ragazza, ospite per qualche giorno nella dimora della coppia. La suocera, dopo aver scoperto la verità, si trova ad essere oggetto dell’ennesima “eliminazione” da parte del milionario, il quale però per una fatalità,...
Il fil rouge di tutta l’opera, l’eterno contrasto, l’eterna lotta tra destino e autodeterminazione, è costituito proprio da questa dicotomia che permea le nostre vite. Dicotomia ben rappresentata dalle due figure maschili della storia. Da una parte lo scrittore un po’ bohémien, inguaribile romantico che invita costantemente a tentare la fortuna, ad agguantare la vita - il fatto stesso di essere nati secondo lui, ha le stesse probabilità di vincere un milione di euro alla lotteria.
Una lotteria appunto... questa è la vita secondo il ragazzo.
Dall’altra parte abbiamo invece il prototipo del self-made man, l’uomo che si è fatto da solo, spietato e disposto a tutto pur di ottenere ciò che vuole, pur di soddisfare il proprio ego, e che spazza via chiunque interferisca con il raggiungimento dei suoi obiettivi e il soddisfacimento dei suoi piani.
A ben vedere però, ad entrambe le figure spetta una funesta sorte. Il primo vittima della volontà di qualcun altro, il secondo vittima della pura casualità (ironia della sorte cade nella stessa trappola che egli stesso aveva ordito). In un modo o nell’altro, possiamo notare, entrambi i personaggi sono vittime della dicotomia caso - libero arbitrio, operano entrambe le forze, entrambi i fattori, non sono escludenti. Non out-out, bensì et-et.
Questa è in realtà la summa più profonda e più pura di tutta l’opera drammatica, esattamente la complessità e la imprevedibilità con cui operano entrambi i fattori: caso e autodeterminazione. Si badi bene, sistema complesso nel senso etimologico proprio del termine, qualcosa di “tessuto insieme”, due agenti che operano misteriosamente insieme, che si influenzano, che si contaminano, che si confondono.
Quante volte ci capita di riflettere e di ragionare con noi stessi: “E se avessi fatto questo invece che quello? E se avessi preso una scelta diversa cosa mi sarebbe capitato? Come sarebbe stata la mia vita adesso? E se invece avessi reagito diversamente? Come sarebbero andate le cose? È colpa mia? Doveva andare così? Fortuna? Sfiga? Bho... oh Cristo!”.
In realtà non esiste una risposta a tutto ciò, e se non esiste una risposta perché porsi allora la relativa domanda? La realtà è questa, l’uomo porta con sé forse ancora pochi misteri irrisolti nell’età della tecnica che tutto può. E questo mistero resta ancora inossidabile.
Impossibile è di sicuro decifrare il DNA di questo complesso equilibrio, ma di sicuro possiamo accettare e comprendere il fatto che siamo perfetti esseri “finiti”. E con essere “finito”, citando un mio vecchio libro di filosofia, non intendo solo un essere che sa di essere mortale e che quindi morirà. Noi siamo “esseri finiti” nel senso che siamo limitati e delimitati. Finiamo dove finisce il nostro corpo, i nostri pensieri, ma oltre a noi c’è dell’altro, e soprattutto ci sono gli altri che a loro volta sono altri esseri finiti. L’uomo ha il dovere di essere consapevole “dell’alterità” che lo circonda. Solo con questa consapevolezza l’uomo può cogliere e vivere più a proprio agio possibile, al massimo delle proprie potenzialità il suo misterioso transito terrestre.
[ Emanuele Fabiano / gennaio 2024 ]
Il grande regista in azione a Parigi |
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