sabato 4 dicembre 2010

TEATRO - Tutta colpe de le mmeddoeiche


di Michele Miglionico

Anno dopo anno, a Trani le commedie in dialetto locale continuano a registrare il tutto esaurito in tutti gli appuntamenti previsti. Stavolta passa di nuovo a Teatro Trani il testimone di garante della tradizione, con l'onere di far divertire ancora una platea così numerosa e così abituata a una lunga serie di spettacoli.

Enzo Guacci, regista, commediografo e protagonista, decide di ripescare una padella stregata già al centro di La sartascena affetesceute, ormai classico del repertorio. (Di primo acchito, non vengono in mente molti esempi di sequel nella storia del teatro: in qualche modo, la Trilogia della villeggiatura di Goldoni o il ciclo di Ubu di Alfred Jarry). Una padella già nota per poter trasformare il pane (vedi la "mollica" del titolo) in un potente afrodisiaco e di cui Don Uellino (Enzo Guacci), parroco, scoprirà un altro potere, dopo averla ricevuta in eredità da un suo amico - defunto nel tempo tra i due spettacoli, ma efficacemente presente come invisibile fantasma (!).

Il testo punta, come in genere accade, a sorprendere con le espressioni più desuete e colorite del vernacolo tranese, in questo caso anche per il contrasto con il dialetto del personaggio di Miminghe u' vesegghiaise ("il biscegliese", appunto, dalla città più vicina); e punta su una comicità demenziale e a sfondo sessuale. I personaggi sono tutti controversi, a partire dal sacerdote protagonista, avaro e menzognero, passando per i ricatti di Bettina La Pompa (sic) ai suoi danni, per finire con la triste bramosia sessuale di tutti gli altri maschi.

Un punto d'onore va alla direzione degli attori, convincenti pur essendo, sulla carta, dilettanti - su tutti, Rosa Gimmi nei panni di Bettina La Pompa (sic) e la vegliarda Anna Lacalamita. Ancor più se consideriamo che, contro gli standard del teatro, sul palco sono presenti ben nove (!) bambini, in rappresentanza dell'ancora più numerosa prole del personaggio di Bettina. La loro gestione non dev'essere stata una passeggiata; eppure un esordiente di cinque anni è stato capace di catalizzare le attenzioni e le simpatie del pubblico con il suo ruolo dispettoso interpretato con nonchalance.

Un effetto da segnalare sono i brevi siparietti-omaggio al cinema muto, con gli attori che mimano il movimento a scatti tipico delle antiche riprese sui motivetti altrettanto tipici del genere.

Insomma, i sorrisi non mancano. Peccato che la trama poggi su assunti sempre più soprannaturali e incredibili, che mal si accostano con la veracità e la concretezza della lingua e dei costumi locali.

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