mercoledì 5 giugno 2013

Giornate IAT 2013 Alberobello

Si sono svolte tra il 31 maggio e ed il 2 giugno 2013, le Giornate IAT 2013, arrivate alla 11° edizione, dal titolo “Dissonanze Armoniche e Collettività che Curano”, presso la tranquilla ed ecologica  Masseria Torricella ad Alberobello (Ba).

L’argomento delle giornate si è ispirato alla musica e alla danza del fenomeno del tarantismo, oggetto di diversi studi antropologici e etnopsichiatrici. Il tarantismo sviluppatosi fondamentalmente nel secolo XVIII e XIX, e con casi ancora documentati fino al 1970, ha rappresentato in terra di Puglia, e soprattutto nel Salento, un sistema culturalmente elaborato di liberazione dall’angoscia, una opportunità per le donne (ma non solo) di portare nel gruppo la propria sofferenza, di esperimentare ed esprimere i propri conflitti psichici, accolte da un contenitore gruppale emotivo-musicale, capace di far uscire il “veleno” del ragno.

Questo ragno-mostro (la taranta) viene internalizzato (= oggetto di identificazione intro-proiettiva)   e va ad interfacciarsi con la dimensione societaria,”rappresentando” il disagio psicosociale del singolo ritualizzato nel gruppo. Quasi sempre nella vita delle tarantate si riscontra(va) un qualche trauma psicologico, e attraverso un processo di “esplorazione musicale”, i musicisti ricercano la sintonizzazione con quella persona, con quel veleno-male, una musica personalizzata per collegarsi ad un processo di cura.

Così accade anche nel nostro lavoro come terapeuti: noi facilitatori del processo di cura stabiliamo un contatto unico con quel paziente, entriamo piano piano in sintonia con il suo pathos, accogliendo la  sua sofferenza, in un processo empatico che tesse una “rete” che aiuta la persona ad aumentare il suo livello di consapevolezza e accresce il ventaglio di possibilità d’azione e di libertà.
Le persone si ammalano nel gruppo e hanno la possibilità di curarsi e guarire attraverso il gruppo.
Oggi il gruppo e sempre più multietnico e multiculturale, e una preparazione antropologica è auspicabile, conoscere  lingua e le tradizioni dell’Altro, serve ad avvicinare l’ignoto, il diverso-da-me, che crea disagio (in me). Nelle giornate ci sono stati diversi contributi di esperienze terapeutiche di integrazione fra diversi popoli che convivono, anche al di fuori dei confini italiani. Una riflessione ha avvicinato la taranta al flamenco, nella realtà multiculturale e multirazziale di un altro meridione mediterraneo (quello spagnolo), e soprattutto del popolo gitano andaluso.La dimensione residenziale ha permesso a tutti i partecipanti di vivere momenti di intenso scambio, di condivisione, di riflessione e di amicizia. Non è mancato anche il divertimento, quando ci si è scatenati ballando nella serata di pizzica con musicisti dal vivo, o quando abbiamo visitato Alberobello (Patrimonio mondiale dell’Unesco) in una serata veramente speciale – malgrado la pioggia.
L’IAT, il promotore della 11^ Giornata di studi,  con il sapore di queste giornate pugliesi, organizza un nuovo appuntamento, l’anno prossimo,  a Firenze, ove ci ritroveremo in tanti. (foto e testo di Neus Lopez Calatayud)








 

 





 




 
 

martedì 4 giugno 2013

«Tayyp, dimettiti»: urla la Turchia. Erdogan: i manifestanti? solo un "branco di delinquenti"


Turchia in rivolta contro l'autoritarismo e la islamizzazione del primo ministro Recep Tayyip Erdogan (foto GYI / Uriel Sinai)



4 Giugno 2013. Istambul.  Tutto è partito da una delle città più belle del mondo ma il falò si è esteso inevitabilmente - come in altre "primavere" dal Nord Africa alla Siria -  alla intera Turchia. Ecco che un giovane di 22 anni è morto a sera del lunedi in Antakya, capoluogo della provincia di Hatay, nel sud della Turchia in fiamme da giorni per l'aperta protesta contro il regime islamizzante del primo ministro Erdogan. Il giornale Todays's Zaman riferisce che il giovane è stato colpito da un uomo armato durante una manifestazione: si tratta di Abdulà Comert. Oggi, martedì, è il quinto giorno di scontri con la polizia (e antimanifestanti?): si parla di oltre 1700 arresti. Nella notte è stato attaccato dai dimostranti il Palazzo del Sultano, sede del premier Erdogan.

 Il tutto, come è noto, è iniziato con una pacifica protesta di venerdì u.s. contro la decisione di distruggere il parco di piazza Taksim in favore di un centro commerciale. Cova nella Turchia di oggi lo spirito laicizzante del fondatore Ataturk il quale auspicava uno stato moderno e non teocratico, tollerante verso tutte le religioni, riformista e liberale al contempo. Nessuna religione deve fagocitarne altre. Nella nostra piccola esperienza- durante un nostro soggiorno in Turchia - ricordiamo, per esempio, le difficoltà di sopravvivenza di una chiesa cattolica di un grande centro dell'Asia Minore (che non nominiamo in quanto sarebbe facile individuare luoghi e persone). Una suora, che ci aveva aperto timorosa i battenti,  nel mentre era contenta di illustrarci la chiesa deserta, ammise l'azione continua di "mobbing" da parte del "vicinato": si  era arrivati anche ad interrompere "a singhiozzi"  la erogazione di energia elettrica per creare disagi alla sparuta comunità cristiana. Allora era ancora il 2005 e stava ancora salendo al potere il movimento islamico di sapore fondamentalista che molti cittadini temevano.
Oggigiorno la stretta evidentemente si fa sentire su ogni cittadino e si aggiungono, pur nella crisi globale e locale, le istanze delle nuove generazioni tese ad una più attenta gestione delle risorse ambientali, dopo anni di speculazione edilizia selvaggia che ha deturpato per esempio il litorale mediterraneo dell'Asia minore per arricchire le solite oligarchie economico-finanziarie. Forza Turchia, il Paese è di tutti. (m.m.)

Serge Latouche: il profeta della decrescita contro il paradigma dell’ “Usa e getta”





Sono anni che Serge Latouche, professore emerito di Scienze economiche all’Università di Paris-sud, nonchè  antropologo, porta avanti la sua critica all’ideologia utilitarista, rivendicando la liberazione della società umana dalla dimensione universale economicista, predicando il nuovo Verbo globale della decrescita.
Sia chiaro, niente a che fare con Monti ed il suo proverbiale rigore: il ‘Rigor Montis’, appunto. Latouche propone un’austerità intelligente, mettendo in evidenza come il modello economico dominante sinora, quello della crescita infinita, vada assolutamente abbandonato, non foss’altro per la finitezza delle risorse naturali.
Al paradigma della crescita infinita, il pensatore francese contrappone un nuovo paradigma di benessere, più intelligente, più socialmente equo e più rispettoso dell’ambiente, sostenendo, altresì, che vivere con meno è facile. E persino divertente: «La prima cosa da far decrescere -  afferma - sono gli orari di lavoro. Non solo siamo diventati tossicodipendenti del consumo, ma anche del lavoro. Diminuendo gli orari di lavoro si risolverebbe anche il problema della disoccupazione. E poi è necessario ritrovare la gioia di vivere, il tempo dell’ozio per camminare, per sognare, meditare, anche per giocare, per coltivare le relazioni sociali. Serve più tempo per l’amicizia, più tempo per la famiglia. Questo non lo dicono solo i partigiani della decrescita, ma anche illustri economisti e in particolare i sostenitori della così detta economia della felicità».
Nel suo ultimo pamphlet “Usa e getta. Le follie dell’obsolescenza programmata, uscito in Italia lo scorso 7 marzo per i tipi di Bollati Boringhieri, si scaglia contro la produzione di massa che - come sostiene - ha abbreviato drasticamente la durata delle merci e minaccia di coinvolgere gli stessi uomini nel medesimo vortice di repentina quanto insensata liquidazione.
Fantascienza? Purtroppo no, se pensiamo a quanto sostenuto da Umberto Veronesi in un suo recente scritto, ossia che: “dopo aver generato i ‘doverosi’ figli e averli allevati, il suo (dell’essere umano, nda) compito è finito: occupa spazio destinato ad altri, per cui bisognerebbe che le persone a cinquanta o a sessant’anni sparissero” (Veronesi, “La libertà della vita”, Edizioni Cortina Raffaello, pag.39).

Insomma, Latouche pare non esser proprio una Cassandra: il “ciclo breve” sembra effettivamente non dare scampo né alle cose, né alle persone, avvolgendoci tutti sempre più in una spirale di iperproduzione e turboconsumo, frutto della logica perversa del consumismo e della razionalità strumentale.
Afferma Latouche che: «Nella nostra vita ha fatto irruzione l’Usa e Getta, l’obsolescenza programmata dei beni. Una follia. Il trenta per cento della carne dei supermercati va direttamente nella spazzatura…Un’auto è vecchia dopo tre anni, un computer peggio ancora…E se non li cambi sei “out”… Viviamo di acque minerali che vengono da lontanissimo, in mezzo a sprechi energetici demenziali, con l’Andalusia che mangia pomodori olandesi e l’Olanda che mangia pomodori andalusi».
Nel corso delle 114 pagine che compongono il pamphlet, Latouche, dopo aver passato in rassegna gli antecedenti storici dell’«usa e getta», smascherandone l’ideologia sottesa, indica una via d’uscita: una prosperità frugale ma non pauperista che ci renda finalmente liberi dall’imperialismo delle merci, ed abbia come cardini la durevolezza, la riparabilità e il riciclaggio. ( Giovanni Balducci )

INFORMATICA-MENTE: DAL SÈ INTRAPSICHICO AL SÈ RELAZIONALE Tra cibernetica e metapsicologia

  Antonio Damasio, neuroscienziato portoghese *Pubblichiamo, su richiesta di Colleghi e per facilitare la ricerca, questo articolo scientifi...